vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
Il disegno non è inoltre visibile mentre lo si compie, ma si delinea tornando in
modo riflessivo su quanto compiuto e compiendo saltuarie pratiche di pulizia del
proprio profilo.
6. L’oikos di Facebook o il gusto vano del segreto
Facebook è lo “spazio sociale di Rete” più frequentato grazie alla speciale
“infrastruttura” che lo rende
un “web autoconclusivo” e autosufficiente, che racchiude le dimensioni
- privilegiate presenti nel cyberspazio,
un “edificio di comunità” in cui siamo idealmente proiettati a incedere sulla
- scena socio-politica,
un luogo in cui si attivano spazi e pratiche del fandom (ossia un “consumo
- produttivo”),
un “Personal blog” edificato da ciascuno nel proprio profilo,
- una chiamata all’autorappresentazione di sé con molte soluzioni artistico-
- estetiche a fronte dei pochi obblighi burocratici,
nonché come possibilità di chat, motore di ricerca, commercio, ecc.
-
Si è verificata progressivamente una mutazione del web da “spazio notturno”
libero, militante e pericoloso a “spazio diurno” conformista, medio e controllato.
Oggi i “pilastri” a sostegno di Facebook sono 5:
“oikos” (“casa”), ovvero luogo di frequentazione comune e quotidiana e
- costruzione personale;
“anagrafè” (“iscrivere”), ossia luogo in cui l’identità nel web diventa ufficiale,
- “amicus-friendship”, in quanto l’essere amico rappresenta la chiave di accesso,
- “pasquino” (“statua parlante” che un tempo esprimeva in pubblico un’opinione
- tagliente da una posizione non istituzionale), dato lo stile immediato degli
interventi e l’aspirazione comune a occupare lo spazio pubblico,
e “controllo”, in quanto fondato sulla cura virtuosa di tanti amici che spesso
- tuttavia causa lo scivolamento verso un’identità media. Lo schema grafico
funzionale offerto da Facebook e la capacità dei partecipanti di istituirsi come
vincenti e rappresentare modelli a cui conformarsi aumenta il desiderio di
curare il proprio ambiente, ricorrendo non a un’identità irreale in vista di un “sé
ideale”, ma a una narrazione parallela mantenuta entro i confini della propria
reale storia civica. Facebook diventa una “locandina vivente”, una pubblicità
coincidente con la propria persona, basata su un mimetismo di compromesso e
sull’autoironia.
Se i “dating store” offrono relazione, infatti, Facebook al contrario ci inserisce nel
giro di conoscenze già attivate nella vita esterna con cui intrattenersi in un
continuo discorso pubblico, non da conquistare attraverso una strategia ad
personam. La virtualizzazione delle relazioni reali si accompagna alle relazioni
parasociali immaginarie con persone non conosciute ma note nei media, di cui
Facebook è garante. L’amicizia comincia alla luce del sole e non nell’ombra del
cyberspazio, in una sensazione di compresenza collettiva.
7. Visual Networking. Appunti sulla dimensione visuale dei media sociali
Il carattere visuale dei media ha contribuito al loro successo evolutivo. Si ipotizza
quindi che essi derivino il loro carattere iconico dai vecchi mezzi di
comunicazione, integrandolo con il carattere interattivo e tattile della
comunicazione digitale, che rende qualitativamente diversa l’esperienza di tali
immagini.
La prima accezione di immaginario rimanda alla comunicazione per immagini e al
patrimonio simbolico con cui una collettività comunica (che si ridefinisce quindi
nel tempo in relazione all’ambiente per strutturare il rapporto dell’uomo con il
mondo. La resistenza alla lotta contro le immagini ha infatti contribuito a
legittimare le forme del sapere basate sulla mediazione tra l’uomo e le cose, che
lasciava spazio all’immaginazione dell’individuo.
Nel XX secolo, con l’emergere della videosfera, si verificò la riabilitazione
dell’immagine nell’ambiente culturale, tanto che Freud e Young la rese uno dei
campi di indagine per le scienze dell’uomo, mentre le avanguardie artistiche
abbandonavano la ricerca di spiegazioni storiche esterne alle opere d’arte e si
concentravano su una prospettiva interna che includesse l’osservatore. Dato che
la coscienza collettiva emerge dal modo in cui la società si auto-osserva,
l’immaginario viene legittimato come dispositivo teorico adatto al pensiero
complesso e utile per l'analisi della società.
Le tecnologie della visione hanno reso la vista il canale dominante della
conoscenza empirica e l’immagine scientifica quella in grado di denotare il reale.
Il disaccoppiamento fra vissuto e rappresentato (decretato dalla scrittura) viene
superato grazie alle forme di riappropriazione simbolica della rappresentazione.
L’immagine acquisisce una funzione legata al coinvolgimento sensoriale, poiché
l’immagine mediale deve diventare un vissuto intersoggettivo, ovvero passare
dall’essere rappresentazionista a performativa, cioè generatrice di una
condivisione di sentimenti anche attraverso micronarrazioni personali e
quotidiane.
Per quanto concerne la ricerca, il ricercatore utilizza immagini per realizzare
interviste o approntare le tecniche di rilevamento delle informazioni, osservando
la produzione soggettiva di immagini dei soggetti dell’indagine o mettendo a
punto dinamiche di intervista a partire da esse. Attraverso l’infografica, infine, i
risultati possono essere presentati in maniera più efficace.
8. Sguardi digitali su catastrofi naturali: un’analisi visuale delle immagini
di una tragedia
Ogni cultura possiede un bagaglio di rappresentazioni sociali, ovvero un
complesso di idee, immagini, informazioni, atteggiamenti e valori tenuto insieme
da un sistema cognitivo con una sua logica e un suo linguaggio. Tale base
conoscitiva orienta la nostra lettura del mondo e organizza la memoria collettiva
attraverso un lento processo di costruzione, circolazione e sedimentazione di
narrazioni e immagini.
L’immagine tecnologica è digitale in quanto prodotta in linguaggio binario, con
informazioni tradurre in bit, manipolabili e soggette a nuove attualizzazioni. Gli
spazi digitali diventano quindi nuovi contesti d’uso e di fruizione, in cui si verifica
una commistione di immagini e frammenti narrativi.
Il caso preso in esame è il terremoto in Abruzzo, evento in seguito al quale
Internet è diventato un contesto di elaborazione del trauma collettivo attraverso
la pubblicazione di due categorie di contenuti: il reale e il simbolico. 5 sono stati
invece i protagonisti: terremoto, soccorritori, vittime, colpevoli e territorio. Il tono
poteva essere positivo, negativo o neutro a seconda del contenuto emotivo
veicolato. Il livello di attivazione rifletteva invece la relazione tra azione e
soggetto della fotografia: il protagonista poteva subire l’azione (livello passivo),
compierla (livello attivo) o essere assente (neutro).
Le immagini sono state raggruppate attraverso 3 chiavi interpretative: il fare,
l’essere e il dare. Le immagini potevano quindi rappresentare la catastrofe (in cui
rientravano soccorsi, denunce e le prime raccolte sul campo), la reazione
(enfatizzando la solidarietà), la speranza (il supporto emotivo), il ricordo (con il
senso di comunità enfatizzato dalla denuncia della scorrettezza).
La rappresentazione sociale emerge da immagini trans-mediali di scarsa qualità
che circolano su più canali, non sono protette da copyright e sono culturalmente
riconoscibili. Grazie a device capaci di catturare immagini, gli utenti hanno oggi
una tendenza a documentare i disastri e a decodificare tale tipo di contenuto
come associato al macrotema catastrofe.
9. Chiacchierare con le immagini, l’uso delle fotografie nei servizi di
microblogging
Il successo globale dei social network si è accompagnato a quello dei siti di
microblogging, che permettono di scambiare brevi messaggi in una rete di utenti
(follower) che segue gli aggiornamenti. Esiste un uso strategico dell’immagine
per innescare o sostenere pratiche conversazionali picture-generated. Friendfeed,
ad esempio, permetteva di allegare immagini ai propri messaggi testuali, che
possono essere commentate subito sotto (senza cliccare su un link esterno).
Dai risultati della ricerca raccontata da Luca Rossi emerge la presenza di un
commento ogni 2 messaggi con immagini, sebbene tutto dipenda dalla
commentability del messaggio. Un’immagine può essere inserita in un messaggio
in 2 modi:
importata (imported), se segue un messaggio generato originariamente
- all’esterno del sito,
o allegata (attached), se caricata esplicitamente all’interno del servizio, che
- risultano tra i messaggi più commentati.
A seconda del soggetto dell’immagine, è stato possibile definire più categorie:
autoritratti, scattate per rappresentare l’utente o raccontare qualcosa (quindi
- con un forte legame con la contingenza, ossia il qui e l’ora dell’utente), ma in
cui soggetto raffigurato e soggetto che posta l’immagine non sempre
coincidono;
persone o oggetti, in quanto rispondere alla domanda “What are you doing?”
- con oggetti o persone o animali che occupano anche un piccolo spazio della
propria vita può comunque innescare pratiche conversazioni più complesse,
specie se presentano aspetti dell’utente che gli consentono di parlare di sé
stesso;
user generated content, con contenuti creati per essere condivisi, elaborazioni
- digitali in cui si esprime la creatività e la capacità tecnica degli utenti;
evidenze e screenshot, usati per mostrare qualcosa che è accaduto offline
- (evidenze) o online (screenshots).
Tutto ciò si traduce tuttavia in un chiacchiericcio diffuso più che in dibattiti
articolati con dignità di rappresentazione.
10. Immagini personali sui Social Network: Facebook come caso di
studio
L’identità si forma sulla base delle interazioni personali, in cui solitamente si
cerca di mostrare la parte migliore di sé. Putnam afferma che sebbene tutti i
network siano composti da legami forti e deboli, ogni relazione può influenzare la
reputazione personale.
Pertanto, ogni membro del network sociale costituisce il capitale sociale di ogni
individuo, che può scegliere se renderlo pubblico e progettare attorno ad esso la
comunicazione della propria identità. La condivisione di un contenuto, inoltre,
rappresenta una risorsa per il costituirsi di interazioni contestualizzate.
Facebook incoraggia l’esibizione della propria rete dei contatti: la pratica del
tagging, ad