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Il vivere sociale si basa quindi sull’appartenenza espressa in 140 caratteri, che
offrono la garanzia di brevità sufficiente a gestire il flusso polisemico della
televisione e quello delle conversazioni in rete. Tale uso non era tuttavia previsto
dalla tecnologia originaria, che oggi, tramite gli hashtag, dà spazio a un pubblico
circoscritto da una particolare codifica (la #parola), attorno a cui le micro-
comunità interpretative decidono consapevolmente di pubblicare contenuti
destinati non solo ai propri followers, ma a un pubblico potenziale più ampio.
Per misurare l’audience si può quindi fare riferimento all’attività registrata dal
relativo hastag, che ne quantifica il grado di coinvolgimento e la propensione
dell’audience a commentare la trasmissione attraverso il rapporto tra l’audience
media misurata dall’Auditel e i tweet al minuto. Il coinvolgimento può tuttavia
riguardare il contenuto della comunicazione o la relazione instaurata con
l’interlocutore, ossia la trasposizione di ciò che accade e ciò che l’autore pensa,
che esprime il grado di impegno. Pertanto, spesso le trasmissioni decidono di
mostrare in sovrimpressione i tweet o leggere i risultati dei sondaggi su
Facebook.
La densità della rete degli utenti fedeli è quindi diversa da quella che include tutti
gli utenti.
I Tweet possono quindi avere come oggetto qualcosa che succede all’autore
(inbound) o il contesto del programma (outbound), mentre l’oggettività o
soggettività di tale contenuto può essere espressa in forma di opinione o dato di
fatto. Le modalità principali di uso di Twitter applicato alle dinamiche di social tv
si differenziano quindi in:
ricerca di attenzione (attention-seeking), che si ha quando il contenuto
- autoreferenziale si esprime in forma oggettiva con domande volte a innescare
un dibattito o battute provocatorie.
L’emozione si ha invece quando il contenuto autoreferenziale è espresso in
- forma soggettiva,
mentre l’opinione esprime in forma soggettiva un contenuto non
- autoreferenziale, come un giudizio o una presa di posizione.
Infine, l’informazione esprime un contenuto non personale in forma oggettiva,
- diffondendo citazioni o annunci.
L’uso dell’ironia per rivelare l’orientamento rispetto a ciò che si sta guardando
generar un continuum di forme espressive e interpretazioni.
Non sempre tuttavia ciò è alla base di relazioni interpersonali, come testimonia il
basso tasso di interazioni tra gli utenti rispetto al totale del volume di traffico.
L’uso prevalente è infatti volto all’espressione di opinioni personali in forma
oggettiva, come se quanto detto fosse un dato di fatto.
Ciò è entrato ormai nella grammatica dell’uso di Twitter, tanto che i momenti di
massimo flusso di tweet corrispondono al dibattito tra ospiti, rivelando la stretta
sinergia tra tempi e modalità espressive di entrambi i media. Il pubblico, infatti,
rielabora i contenuti televisivi per darne notizia, suggerendo una consapevolezza
delle dinamiche di rappresentazione televisiva e una vocazione all’informazione.
Le proprie idee vengono infatti rielaborate per diffondere le notizie nel momento
in cui si avverte l’importanza dei fatti esposti in tv.
Siamo la gente, il potere ci temono. Nuove forme di satira online tra identità e
partecipazione
Nel luglio 2012 nasce su Facebook un gruppo satirico “Siamo la gente, il potere ci
temono”, che ha come bersaglio il M5S. La scorrettezza grammaticale e
ortografica e l’uso di toni accesi ha dato vita a una satira non mainstream, che
non appartiene a nessun apparato mediatico istituzionale e viene pertanto
considerata più “autorevole”. Amministratori e membri attivi hanno quindi
prodotto dei media frames, nonché una forma originale di partecipazione politica.
La parodia dei movimenti popolari di denuncia contro i “poteri forti” ha spesso
sfruttato le ipotesi complottistiche riguardanti tecnologie ambientali da parte di
poteri occulti per identificare gli “eroi della gente” e indicare i “loro” (ovvero
banchieri, stranieri e politici di sinistra) contrapposti all’altrettanto vago “noi”.
Dileggiando la preparazione scolastica e l’intellettualismo visto come fonte di
differenziazione sociale sono diventate il simbolo di un’ingenuità che porta a
diffondere informazioni senza che esse vengano verificate.
Ciò ha generato alla diffusione dell’autotrolling, ovvero di un processo in cui le
persone prendono per vero un contenuto falso creato dal gruppo stesso, dando
vita a flames contro gli autori scelti.
3 sono le modalità di partecipazione, distinguibili a seconda della motivazione
politica, predominante, assente o inizialmente non prevista ma poi emersa
durante la frequentazione del gruppo.
Il risultato elettorale dei grillini è stato infatti vissuto con difficoltà e apprensione
dai gruppi di satira (prima di costume e poi diventata politica). Far emergere
l’ignoranza culturale e comunicativa ha infatti assunto un significato diverso, non
più legato a contenuti apparentemente leggeri e distanti dalla politica vera.
La capacità di dare una lettura originale e stimolante della realtà politica
contemporanea ha infatti spesso portato giornalisti e analisti a fare riferimento ai
post prodotti dal gruppo per commentare avvenimenti di politica nazionale
pubblicati sulla stampa “ufficiale” e sempre più comprensibili dal pubblico
generale, attraverso la lente deformante della satira.
La percezione di una politica inerme di fronte a un mondo ingestibile crea infatti
le condizioni per l’affermarsi di un immaginario consolatorio e regressivo. Il livello
socio-culturale alto rende inspiegabile la scarsa presenza femminile in questi
gruppi, in cui l’operazione viene portata avanti da new junkies maschi che usano i
testi politici come materiale grezzo per la propria creatività, espressa nelle
modalità del gioco e dell’ironia.
Così come la tv esalta spettacolarizazione e personalizzazione, consentendo
l’emergere di figure pubbliche in grado di competere con i professionisti della
politica, le piattaforme del web 2.0 creano canali di comunicazione diretta tra
leader e pubblico in una nuova democrazia.
Quando il forum sostituisce la fabbrica. Tentativi di costruzione identitaria nell’era
della fine del lavoro
La crisi della rappresentanza si riflette sui canali di socializzione, rafforzando le
spinte individualistiche.
Oggi emerge la necessità di narrazione della nuova realtà del lavoro che motivi il
soggetto all’azione collettiva, grazie all’etero-riconoscimento (legato alla
dimensione identitaria) e alla delega rappresentativa (legata a quella
motivazionale). Le discussioni non avvengono più, infatti, sul luogo di lavoro, ma
in spazi pubblici virtuali condivisi che potrebbero bilanciare la marginalità dei
giovani.
Tuttavia, i sindacati intendono i media ancora come uno stile comunicativo
unidirezionale, anziché come un mezzo per rifondare l’identità condivisa
intercettando categorie che sfuggono al sindacato stesso. L’intermediazione che
ha caratterizzato la struttura sindacale fino ad ora ha saputo imporre una linea
d’azione e una visione del mondo alla base dell’identità, suscitando la sensazione
di avere un ruolo nella costruzione di qualcosa.
Tuttavia, oggi la rappresentanza non può più fare appello a valori immateriali, ma
deve fondarsi su solidi incentivi. Di conseguenza, la condivisione di strumenti più
partecipativi potrebbe esaltare la sensazione di contribuire a qualcosa di più
grande. Lella Mazzoli ha tuttavia sottolineato l’importanza di comunicazione un
vero messaggio di coinvolgimento e partecipazione, e non di riproduzione di
gerarchie di potere repressive.
La CGIL ha cercato di ancorare alla comunità offline una “in rete”. Se in passato
l’esistenza di strutture corporative garantiva il collettivo e la sua identità, oggi
l’interazione mediata potrebbe infatti fondare una nuova identità collettiva,
diversa dalla semplice “collezione di individui” con temporanee e superficiali
mobilitazioni scollegate da relazioni sociali reali. I giovani iscritti a un sindacato
ricevono infatti un’”identità in entrata”; il forum, al contrario, costituisce
un’operazione preliminare con cui la membership attuale discute gli strumenti
con cui attrarre quella futura, abbattendo le barriere di ingresso.
Dato che l’identità si forma attraverso interazioni effettive e continuative in
pratiche condivise in vista di un obiettivo comune, il sindacato non può più fare
affidamento su una condivisione di una condizione materiale, un’appartenenza di
classe in sé e gli obiettivi da porsi per superare tale condizione, ma reinterpretare
le proprie risorse alla luce dei mutamenti dell’ambiente di riferimento. In tal
modo si allargherebbe la platea di chi può identificarsi in tale quadro. Tale
allargamento spesso interclassista e apartitico sarà quindi tuttavia superficiale e
rischia però di non soddisfare le condizioni sufficienti a determinare la propria
identità, che è per sua natura un processo di categorizzazione conflittuale con
scelte cognitive che la distinguono dalle altre a cui attribuire la colpa (nel
processo di blaming).
La mancanza di una definizione condivisa rende difficile tracciare legittimi confini
sulla base di obiettivi chiari verso cui indirizzare l’utilizzo degli strumenti. Internet
rappresenta un medium allo stato puro poiché, indipendentemente dall’obiettivo,
il vero messaggio trasmesso è la rete partecipativa, ossia lo strumento stesso. Il
“noi” può quindi essere determinato dalla condizione della fede nello strumento
elevato a obiettivo, ossia la partecipazione online.
L’auto-rappresentanza del precariato e i media digitali: un contributo
metodologico dal caso della rete dei redattori precari
Molti autori hanno sottolineato l’importanza dell’analisi degli strumenti per
comprendere i movimenti sociali, attraverso 3 livelli di osservazione della
costruzione identitaria e partecipativa: il livello di narrazione pubblica, di
interazione e co-costruzione dei significati e le modalità individuali di
partecipazione.
La difficoltà delle tradizionali forme di rappresentanza di dar voce alle istanze dei
precari e la nascita di forme di auto-rappresentanza sono rese evidenti dal caso
della Rete dei Redattori Precari. I media digitali hanno infatti svolto un ruolo
determina