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CAPITOLO 4. LA DIMENSIONE POLITICA
La globalizzazione politica fa riferimento all’intensificazione e all’espansione delle interrelazioni
politiche in tutto il mondo. Questi processi sollevano delle problematiche che attengono al principio
di sovranità dello stato, al maggiore impatto delle organizzazioni intergovernative e alle prospettive
future della governance globale e regionale, nonché delle politiche ambientali che incidono sul futuro
del nostro pianeta.
Il sistema moderno dello stato nazionale poggiava su fondamenta psicologiche e assunti culturali che
trasmettevano un senso di sicurezza esistenziale e continuità storica, esigendo che i cittadini
sottoponessero la propria lealtà nazionale al più estremo dei test.
Manifestazioni contemporanee della globalizzazione hanno portato alla permeazione parziale dei
vecchi confini territoriali, ammorbidendo rigidi recinti concettuali e sfumando linee culturali marcate.
Gli “iperglobalizzatori” hanno sentenziato che il periodo trascorso a partire dalla fine degli anni 70
del sec. scorso è stato contraddistinto da una “deterritorializzazione” radicale della politica, del diritto
e della governance. premature nel migliore dei casi ed erronee nel peggiore, gli “scettici
Considerando queste conclusioni
della globalizzazione”, oltre ad affermare la rilevanza dello stato nazionale come contenitore politico
della vita sociale moderna, hanno indicato nell’ascesa dei blocchi regionali la prova di nuove forme
di territorializzazione.
Alcuni critici sono arrivati a sostenere che la globalizzazione aumenti di fatto il senso di nazionalità
delle persone. Poiché ogni gruppo di cultori degli studi globali presenta opinioni diverse sul destino
dello stato nazionale moderno, c’è altrettanto dissenso sull’importanza dei fattori economici e politici.
Dalle divergenze sono emersi 3 quesiti sull’entità della globalizzazione politica.
1. Il potere dello stato nazionale è stato davvero ridimensionato dagli spostamenti massicci di
capitale, manodopera e tecnologia da un paese all’altro?
di questi flussi migratori vanno ricercate nella politica o nell’economia?
2. Le cause principali
Stiamo assistendo all’ascesa di nuove strutture di governance?
3.
Prima di risp a queste domande, passiamo in rassegna le caratteristiche principali dello stato nazionale
moderno.
Il sistema dello stato nazionale moderno
Le origini del sistema moderno si possono far risalire alle vicende politiche dell’Europa nel XVII sec.
Nel 1648, la Pace di Vestfalia mise fine ad una serie di guerre che avevano come motivazione di
fondo la religione, scatenatesi tra le principali potenze europee dopo la Riforma protestante.
Il modello conseguente di stati autonomi e impersonali, basato sui nuovi principi di sovranità e
territorialità, mise in discussione il mosaico medievale di piccoli feudi in cui il potere politico tendeva
ad essere locale e personale, restando però subordinato ad un’autorità superiore di livello imperiale.
Il modello emerso dalla Pace di Vestfalia rafforzò una nuova concezione della legge internazionale,
fondata sul principio che tutti gli stati avevano lo stesso diritto all’autodeterminazione.
Aree territoriali, governate da monarchi assolutisti in Francia e in Prussia, o in modo democratico da
monarchi costituzionali o leader repubblicani in Inghilterra e in Olanda, formarono la base per il
sistema secolare e nazionale di potere politico che si associa alla modernità.
Secondo Held, il modello vestfalico era organizzato intorno a queste regole essenziali:
❖ Il mondo è composto da, e suddiviso in, stati territoriali sovrani che non riconoscono alcuna
autorità superiore;
❖ Il processo di formazione delle leggi, la composizione delle vertenze e l’applicazione delle
norme sono sostanzialmente di competenza dei singoli stati;
❖ Il diritto internazionale è orientato alla fissazione di regole minime di coesistenza; lo sviluppo
di relazioni durature è un fine, ma solo nella misura in cui permette allo stato di raggiungere
i suoi obiettivi;
❖ La responsabilità di atti illeciti in violazione dei confini è una “questione privata” che riguarda
gli stati coinvolti;
❖ Tutti gli stati si considerano uguali di fronte alla legge, ma le norme giuridiche non tengono
conto delle asimmetrie di potere;
❖ Le divergenze tra stati vengono appianate spesso con la forza; vige il principio del potere
effettivo; non esistono praticamente vincoli legali che limitano l’uso della forza; gli standard
giuridici internazionali consentono solo una protezione minima;
❖ La priorità collettiva di tutti gli stati dovrebbe essere quella di minimizzare gli ostacoli che si
frappongono alla libertà di ciascuno.
I secoli successivi alla Pace di Vestfalia videro una maggiore centralizzazione del potere politico,
l’espansione dell’amministrazione statale, lo sviluppo della diplomazia professionale e la
monopolizzazione dei mezzi di coercizione da parte dello stato. Inoltre, gli Stati fornivano i mezzi
militari necessari per l’espansione del commercio, il che, a sua volta, contribuì alla diffusione su scala
mondiale della forma di governo europea.
Il sist moderno dello stato nazionale trovò la sua espressione più matura alla fine della Prima G.
Mondiale nei 14 punti di Wilson, che si basavano sul principio dell’autodeterminazione nazionale: il
suo assunto, secondo cui a tutte le forme di identità nazionale si dovrebbe riconoscere la propria
sovrano, si rivelò difficile da tradurre in pratica. L’idea
espressione territoriale in uno stato-nazione
internazionale un’espressione istituzionale si realizzò nel 1945
wilsoniana di dare alla cooperazione
con la creazione dell’ONU: agli esordi, l’ONU e altre organizzazioni intergovernative fungevano
anche da catalizzatori per la progressiva estensione delle attività politiche al di fuori dei confini
nazionali.
Nel 1990, all’inizio della Guerra del Golfo, il presidente americano Bush dichiarò morto il modello
vestfalico annunciando la nascita di un “nuovo ordine mondiale”, i cui leader non accettavano più
l’idea che i comportamenti criminosi a livello internazionale riguardassero unicamente gli stati
coinvolti.
Era davvero la fine del sistema moderno dello stato-nazione?
Lo stato-nazione è definitivamente superato?
Per gli iperglobalizzatori sì! Nello stesso tempo, quasi tutti considerano la globalizzazione un
fenomeno secondario, indotto da forze economiche e tecnologiche più potenti.
Dicono che la politica è stata resa impotente da una macchina tecnico-economica inarrestabile che
schiaccerà tutti i tentativi dei governi di reintrodurre politiche restrittive e regolamentazioni.
Questi commentatori auspicavano una nuova fase della storia del mondo in cui il ruolo principale dei
governi sarà quello di agevolare il capitalismo globale.
Gli iperglobalizzatori, preannunciando l’avvento di un “Mondo senza confini”, cercando di
convincere l’opinione pubblica che la globalizzazione comporta il declino del territorio politicamente
delimitato come concetto utile per meglio comprendere il cambiamento politico e sociale.
Ritengono che il potere politico risieda in formazioni sociali globali e venga espresso mediante reti
globali anziché mediante stati a base territoriale. Inoltre, affermano che gli stati-nazione hanno già
perso il loro ruolo dominante, poiché le divisioni territoriali stanno diventando sempre più irrilevanti,
gli stati sono ancora meno in grado di determinare la direzione della vita sociale all’interno dei propri
Infine affermano che l’ordine politico minimalista del futuro sarà determinato da economie
confini.
regionali legate assieme in un reticolo globale pressochè uniforme di produzione e di scambio.
Gli scettici della globalizzazione dissentono e mettono in luce il ruolo centrale della politica per
l’attivazione delle forze globalizzatrici, specie mediante la mobilitazione del potere politico. Secondo
loro, la rapida espansione dell’att. economica globale deriverebbe dalle decisioni politiche, adottate
dai governi neoliberisti degli anni 80 e 90 del sec. scorso, di eliminare le restrizioni alla circolazione
internazionale dei capitali.
Gli scettici della globalizzazione insistono sulla rilevanza delle unità politiche convenzionali, sotto
forma di stati-nazione moderni o di metropoli globali.
Le argomentazioni degli iperglobalizzatori e degli scettici rimangono ancorate ad una versione
stucchevole del dilemma dell’uovo e della gallina: sì, le forme economiche di interdipendenza
vengono messe in moto da decisioni politiche, ma queste decisioni vengono pur sempre prese in
determinati contesti economici.
I mercati globali limitano la capacità dei governi di fissare obiettivi indipendenti di politica nazionale
e di imporre i propri standard domestici; pertanto, dovremmo riconoscere il declino dello stato-
nazione come entità. La globalizzazione che stiamo vivendo ha indebolito alcuni dei confini
convenzionali tra politica interna e politica estera, promuovendo nello stesso tempo la crescita di
spazi e istituzioni sociali sovraterritoriali che destabilizzano, a loro volta, gli assetti politici
tradizionali. Nel secondo decennio del XXI sec, il mondo si ritrova in una fase di transizione tra il
sistema dello stato nazionale moderno e forme postmoderne di governance globale.
Globalizzazione politica e governance globale di istituzioni e associazioni sovraterritoriali, tenute
la globalizzazione politica è visibile nell’ascesa
assieme da norme ed interessi comuni. In questa fase iniziale della governance globale, queste
strutture assomigliano ad un network eclettico di centri di potere interrelati: come autorità municipali
e provinciali, blocchi regionali, organizzazioni internazionali, e associazioni nazionali e
internazionali del settore privato.
A livello municipale e provinciale, c’è stata una crescita nel numero di iniziative politiche e
collegamenti transnazionali tra varie autorità sub-statuali.
A livello regionale c’è stata una grandissima proliferazione di organizzazioni e accordi multilaterali.
Associazioni e agenzie regionali sono sorti in tutto il mondo, inducendo alcuni commentatori ad
ipotizzare che finiranno per sostituire gli stati nazionali come unità base di governance.
Nati come tentativi di integrare economie di dimensioni locali, questi blocchi regionali, in alcuni casi,
si sono già evoluti in federazioni politiche “leggere” con istituzioni comuni di governance.
A livello globale, i governi hanno formato tutta una serie di organizzazioni internazionali, tra cui
l’ONU, la NATO, il WTO e l’OCSE