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– LE GRANDI PROSPETTIVE TEORICHE

Ogni individuo nella nostra società sa che il controllo sui grandi mezzi di comunicazione garantisce anche il controllo

su opinioni e atteggiamenti di masse di individui. La sociologia della comunicazione propone una forma di conoscenza

meno banale, più riflessiva e mediata. Ecco alcune principali prospettive teoriche con cui i sociologi hanno affrontato

lo studio scientifico della comunicazione di massa.

L’ago ipodermico

La teoria dell’ago ipodermico o del proiettile magico è considerata una modalità di lettura dei media intuitiva e

immediata. Risale ai primi decenni del 900, periodo in cui i mass media e in particolare la radio raggiungono una

fruizione di massa estesa all’intera società.

Le prime strategie di propaganda bellica durante il primo e il secondo conflitto mondiale vedevano i mezzi come

la radio, la stampa e il cinema come strumenti in grado di inoculare sotto la pelle delle persone qualsiasi tipologia

di messaggio. La massa costituiva il bersaglio dei proiettili mediali sparati dai controllori della pubblica opinione

mossi da interessi personali o di parte. La semplicità della teoria si riassume con: i media manipolano le persone.

Le fondamenta sociologiche della teoria si trovano nei cambiamenti del periodo delle società che affrontavano il

capitalismo nazionale, l’urbanizzazione e la dissoluzione dei legami tradizionali comunitari. L’idea era quella di una

società costituita da singoli individui, privi di legami tra loro e soli di fronte ai messaggi dei media: una società di

massa. Su questo modello la teoria ipodermica innesta un modello comunicativo di stimolo e risposta (S-R). Nel

caso della comunicazione di massa ogni messaggio è destinato a provocare un preciso comportamento nelle

persone “colpite. Un episodio è la guerra dei mondi diretto da Welles, uno dei simboli della teoria ipodermica. 3

La prospettiva ipodermica è stata il primo approccio sistematico di studio dei mezzi di comunicazione di massa.

Tra i padri della mass communication research vi è Harnold Lasswell, precursore degli studi sulla comunicazione

politica e inventore del “modello delle cinque W”. Questo modello, nasce per mettere ordine negli studi fatti fino

a quel momento e da ognuna di queste W avranno origine le 5 principali branche della ricerca sui media.

• Who, Chi comunica: riguarda le emittenti

• What, Cosa: riguarda il contenuto dei messaggi

• Whom, a chi: riguarda lo studio del pubblico al quale si rivolgono i media

• Where, dove, attraverso quale mezzo: riguarda gli aspetti tecnologici, i linguaggi e i codici.

• What effects, con quali effetti: in che misura e con quali tempi i comportamenti e le opinioni del pubblico

vengono modificate dall’esposizione ai messaggi mediali.

Tale modello ripropone i limiti della prospettiva ipodermica:

a) La comunicazione è intesa come un processo lineare che trasferisce un’informazione dall’emittente al

ricevente. Non si tiene conto della comunicazione nel suo significato più profondo di costruzione collettiva e

di condivisione di senso.

b) Il modello è asimmetrico perché il potere è incentrato sull’emittente, e il pubblico viene colpito passivamente

dal suo messaggio-stimolo e manifesta uno stimolo-risposta.

c) La comunicazione è concepita solo negli aspetti intenzionali e consapevoli, non tenendo in considerazione gli

effetti imprevisti, inconsapevoli o di lungo periodo.

d) Il ruolo dell’emittente e del pubblico appaiono isolati da qualsiasi contesto sociale.

La teoria ipodermica è insostenibile perché il pubblico è invece autonomo, sceglie cosa guardare o cosa leggere e

le interpreta sotto l’influenza di altre persone per loro importanti, con effetti imprevisti o qualche volta opposti.

Gli “effetti limitati” e il flusso di comunicazione a due strati

Il superamento del modello stimolo-risposta avvenne grazie a delle ricerche di psicologia sperimentale che

arrivarono al fatto che tra stimolo e risposta vi era qualche variabile non considerata. Qualunque messaggio

mediale per essere efficace deve essere costruito a seconda del pubblico che si vuole raggiungere. Il coordinatore

di questi studi fu Carl Hovland che diede origine al modello S-VI-R, cioè “Stimolo- Variabili Intervenienti- Risposta”.

Le variabili intervenienti mediano l’impatto del messaggio-stimolo, e il loro insieme racchiude elementi diversi: le

caratteristiche del pubblico, i suoi aspetti sociodemografici. Viene data importanza alla selettività dei destinatari,

che scelgono a quali messaggi esporsi e che di questi messaggi percepiscono e memorizzano solo determinati

aspetti. Non è possibile analizzare né comprendere gli effetti dei mass media senza considerare il contesto sociale

in cui agiscono. Il contesto sociale era inteso come l’insieme organizzato delle relazioni sociali che avvolgono ogni

membro di una comunità.

Uno dei risultati più eclatanti fu la teoria del flusso di comunicazione a due stadi di Lazarsfeld, secondo la quale il

pubblico recepisce il contenuto dei mass media con l’aiuto dei leader d’opinione, particolari categorie di persone

che occupano i posti-chiave nei reticoli di relazioni interpersonali. Si tratta di individui molto attivi a livello di

partecipazione sociale e politica, interessati agli argomenti trattati dai media, informati e motivati a comprendere

le questioni in gioco. Sono persone molto conosciute e stimate, ritenute degne di fiducia e competenti da parte

delle persone comuni. I “due stadi” del flusso di comunicazione sono: i messaggi mediali raggiungono i leader

d’opinione; questi interpretano, elaborano e metabolizzano i messaggi, diffondendo poi il risultato alle persone

comuni. A loro volta le persone comuni si rivolgono ai leader d’opinione per ricevere conferme e rassicurazioni

circa la corretta interpretazione di ciò che hanno visto in tv o letto sui giornali.

Le relazioni interpersonali sono molto più importanti dell’influenza diretta dei media. I media sono efficaci nel

rafforzare le convinzioni che la gente già possiede, mentre si dimostrano impotenti nel farle cambiare idea.

Scompare l’idea di massa intesa come aggregato di individui isolati, per comparire quella di un pubblico di persone

in costante relazione tra loro e tutt’altro che passive o indifese nei confronti dei media.

Usi e gratificazioni

La mass communication statunitense evolve all’interno dello struttural-funzionalismo, corrente sociologica

dominante del periodo del XX secolo. Tale corrente legge i media a seconda della loro funzione, cioè di quanto e

come riescono a soddisfare i bisogni della società. Un prodotto mediale può avere oltre agli effetti per i quali è

stato realizzato anche effetti imprevisti o indesiderati che si possono manifestare su periodi medi o lunghi e non

solo a breve termine. 4

In questo contesto nasce la prospettiva “usi e gratificazioni” come approccio alla comunicazione di massa. Dallo

struttural-funzionalismo prende il concetto di funzione, applicandolo ai singoli individui. La funzione dei media è

assimilata all’uso strumentale che il pubblico fa dei mezzi di comunicazione di massa, per soddisfare i propri bisogni

e riceverne una gratificazione. La gratificazione dei bisogni avviene attraverso la fruizione di prodotti mediali ben

precisi. Gli effetti della comunicazione di massa non dipendono semplicemente dal contenuto dei messaggi ma

sono strettamente legati ai contesti materiali soggettivi della loro fruizione. La concezione di pubblico come

soggetto attivo, unita all’importanza che assumono i contesti della fruizione allontanano la prospettiva degli “usi

e gratificazioni” da un tipo di comunicazione informazionale. La comunicazione comincia ad essere vista come una

costruzione condivisa di significato cui il pubblico partecipa a pieno titolo. Il pubblico diventa parte attiva e i suoi

gusti e le sue preferenze mediali derivano dalla società nei suoi vari sottoinsiemi, la quale a sua vota è influenzata

dalle azioni individuali, comprese le modalità di fruizione dei media.

La prospettiva usi e gratificazioni: sintesi

• l’idea di massa è sostituita dal pubblico attivo e attento, con senso critico e capacità valutative nei confronti dell’offerta mediale rivoltagli.

• così il pubblico usa i media per soddisfare i propri bisogni.

• nel raggiungere questo scopo i media competono con altre fonti di soddisfazione dei bisogni del pubblico.

• le persone sono consapevoli dell’uso che fanno dei media e dei processi comunicativi in cui sono coinvolte

• lo studio scientifico delle comunicazioni di massa deve sospendere i giudizi di valore sul contenuto dei singoli prodotti mediali,

subordinandolo alla comprensione del modo in cui tali contenuti sono effettivamente fruiti dal pubblico in funzione delle sue esigenze.

La teoria critica

Nel corso del XX secolo prende forma la teoria critica elaborata dalla scuola di Francoforte. I contributi dei

ricercatori vengono usati per applicare alla società contemporanea la struttura teorica del Marxismo a cui faceva

riferimento l’Istituto. Esso è la chiave per comprendere un sistema sociale in rapido cambiamento, nei quali i media

occupano un posto sempre più importante.

L’industria culturale è rappresentata dall’insieme dei mezzi di comunicazione di massa. L’industria culturale è

diversa dalla cultura popolare perché produce merci culturali che non nascono dal basso ma sono pianificate e

organizzate dall’alto, dalle singole emittenti, dai network formali e informali che le riuniscono, fino ad arrivare alle

strutture economiche del sistema capitalistico. Per questo viene preferito il termine industria culturale a quello

di cultura di massa.

I destinatari della comunicazione di massa sono considerati come consumatori di prodotti preconfezionati, e non

gli rimane nemmeno la scelta, perché i prodotti dell’industria culturale sono simili tra loro.

L’industria culturale secondo la teoria critica, oltre a rispondere a esigenze direttamente economiche, svolge

un’azione politica di legittimazione dell’ideologia dominante. Il pubblico risulta sia indotto a consumare il più

possibile che ad essere manipolato per rendere giuste e inevitabili le contraddizioni del capitalismo. Secondo la

teoria critica i prodotti dell’industria culturale presuppongono un tipo di fruizione superficiale che induce a non

pensare. In tale contesto nasce la denuncia dell’uomo “a una dimensione” narcotizzato dai media, indotto a

soddisfare i falsi bisogni creati dai media stessi e offuscato da una falsa coscienza che gli impedisce di liberarsi

dalle sue catene.

La ricerca amministrativa statunitense si limita ad analizzare il contenuto di singoli programmi specifici cercand

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Publisher
A.A. 2015-2016
20 pagine
8 download
SSD Scienze politiche e sociali SPS/08 Sociologia dei processi culturali e comunicativi

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Liston93 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Sociologia dei media e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi Roma Tre o del prof Novelli Edoardo.