4. CULTURA E COMUNICAZIONE LEAVIS, HOGGART, WILLIAMS (GRAN BRETAGNA, ’30
– 50)
Il 1968 fu il momento della rivoluzione culturale. La Francia fu il centro nevralgico della protesta,
ma anche in Gran Bretagna gli studenti si ribellarono alla cultura reazionaria e mistificatrice
inculcata nelle università e nei college. L’analisti di quel momento fu Perry Anderson, il quale
analizzò dal punto di vista storico e le componenti della cultura nazionale. Anderson sosteneva
che la Gran Bretagna avesse una cultura fatta a sua immagine, inerme e mediocre, che
serviva a inibire qualsiasi possibilità di cambiamento rivoluzionario. Anderson considerò la
storia, la sociologia, l’antropologia, l’economia, la teoria politica, la filosofia, l’estetica, la critica
letteraria, la psicologia e la psicoanalisi per effettuare una critica capace di mettere a nudo il
torpore intellettuale nel cuore della vita e della cultura britannica. Il carattere intorpidito della vita
britannica era dovuto in gran parte all’assenza si una sua coerente analisi critico – sociale.
La Gran Bretagna non aveva sviluppato una sociologia di se stessa. Come poter spiegare
questo fallimento? La spiegazione era nella formazione storica della borghesia britannica e
nel suo fallimento nel combattere l’aristocrazia terriera, tradizionale classe dominante
britannica. L’intellighenzia borghese era una affiatato network di uomini, legati gli uni agli altri da
interesse, amicizia e matrimoni, che costituì un aristocrazia intellettuale che era parte dell’ordine
sociale dominante. La Gran Bretagna, al suo interno, non ha perciò avuto una intellighenzia
critica. Secondo Anderson alla metà del secolo le università erano in mano agli stranieri. Tutti gli
emigranti che arrivarono in Gran Bretagna stavano fuggendo da paesi pronti a importare quella
violenta rivoluzione. Per loro la Gran Bretagna rappresentava esattamente l’opposto di quello
di cui avevano avuto esperienza: tradizione, continuità e ordine. Secondo la ricostruzione di
Anderson, furono solo due i settori immuni da quella invasione: l’economia e la critica letteraria.
L’unico settore che riuscì a mantenere la sua indipendenza rispetto a questi influssi fu quello della
critica letteraria, quella di Frank Leavis. Fu proprio all’interno di questa disciplina che trovò dimora
un interesse alla totalità speciale, soppresso ovunque nel desolato panorama della vita intellettuale
britannica.
Il saggio propose comunque la cruciale questione della sintomatica assenza di una qualsiasi
coerente analisi teorica della società britannica presa nel suo complesso. Al Centre for
Contemporany Cultural Studies dell’University of Birmingham, il saggio di Anderson suggerì la
ricerca per una tale teoria come base per lo studio della cultura. Bisogna interessarsi ora, della
questione sociale. Alla fine del XIX secolo crebbe la pressione per cambiare questo approccio
all’educazione dei bambini. Una figura chiave fu l’educatore Matthew Arnold. Egli avanzò la
richiesta affinché la letteratura inglese non fosse insegnata solo nelle scuole private, ma facesse
parte dei piani del sistema educativo nazionale. Come ha argomentato Taylor, la guerra aveva per
la prima volta legato inestricabilmente la storia dello stato inglese e quella del popolo inglese. La
condizione delle masse divenne un’immediata priorità per il governo, considerato anche
che la comunità moderna non avrebbe potuto funzionare senza un qualche tipo di
cooperazione con le masse e la guerra aveva mostrato come l’attività di cooperazione fosse
essenziale tanto nelle fabbriche quanto nelle trincee. Nel 1918 fu finalmente garantita la
democrazia formale a tutti gli adulti maschi di almeno 21 anni e a tutte le donne di almeno 30 anni.
Nello stesso anno fu innalzato l’obbligo scolastico dai 12 ai 14 anni. Lo studio dell’inglese
avrebbe fornito le basi di una cultura come che trascendeva la differenze di classe e le
univa in un’identità culturale nazionale condivisa. In questo modo avrebbe potuto alleviare
l’allora reale minaccia di una rivolta compiuta dalla classe operaia.
Cosa fosse la letteratura e cosa non lo fosse? Se c’è una persona a cui attribuire questa
riflessione, questa è Leavis. La sua pubblicazione più conosciuta fu The Great Tradition, nella
quale elencava gli autori e i lavori che definivano la canonica tradizione del romanzo inglese. La
tradizione cominciava con Jane Austen e finiva con i Conrad, escludendo Dickens. Quello che
distingueva gli autori scelti da Leavis era la loro serietà morale. La preferenza di Leavis era
per il realismo narrativo. Il realismo sociale non era l’unico interesse di Leavis. Il punto
fondamentale per questo studioso era la qualità degli iscritti nell’affermare la vita, la
capacità di realizzare mondi nei quali i personaggi, incontravano i superavano le perplessità
della vita moderna. La critica di Leavis alla cultura di massa divenne, il modo per effettuare una
critica alla società moderna considerata nel suo insieme. Fu sollevato nel contesto di una
disciplina emergente, la sociologia. Nell’assenza di qualsiasi cosa che assomigliasse alla
sociologia, la critica britannica della società moderna fu prodotta dalla nuova disciplina
accademica degli english studies perché la letteratura stessa fu prodotta in risposta alla
dialettica dell’Illuminismo e della modernità. La letteratura moderna nella sua forma e nel suo
contenuto, era un impegno e una continua risposta all’esperienza della modernità. Se la
letteratura affermava la vita, la civiltà la negava. Per Leavis, la letteratura aveva una
funzione affermativa nei confronti di una cultura negativa. Rappresentava il luogo di
resistenza alle forme dominanti della contemporanea vita culturale. Questa funzione, nelle
scuole, doveva essere svolta dall’insegnamento dell’inglese esplicitamente come parte
della pedagogia. Insegnare agli studenti l’esperienza della letteratura non era sufficiente.
Questi dovevano sviluppare la capacità di distinguere la buona dalla cattiva letteratura. La
loro più chiara affermazione della disperata sventura della cultura di oggi è nel pamphlet Mass
civilization and minority culture. Questo sostiene che l’eredità della cultura europea andava oltre la
possibilità di essere colta dalla maggior parte delle persone e poteva invece essere compresa
adeguatamente solo da una piccola minoranza ben istruita, da cui l’esistenza continuava a
dipendere. Le opinioni e i gusti delle masse erano formati dai giornali, che erano il prodotto
di una civilizzazione dovuta alle macchine. Questo tipo di civilizzazione produce un
catastrofico livellamento del gusto verso il basso e perciò distrugge la capacità di
discriminare e di giudicare. Questo cambiamento è stato analizzato meglio negli Stati Uniti che
in Gran Bretagna. il libro Mass civilization and minority culture è un insieme di citazioni raccolte da
differenti fonti che i Leavis hanno estratto dalle loro ricerche sulla stampa e sui romanzi popolari. Il
testo successivo, Culture and Environment, rappresentò il più lucido atto di accusa contro la
cultura contemporanea. Qui le conseguenza della produzione di massa non vengono
riconosciute come inevitabilmente negative. L’utilizzo delle macchine ha diversi vantaggi
rispetto ai più vecchi e meno pratici strumenti manuali. Le conseguenze rovinose della
civiltà attuata attraverso le macchina si mostrano meno nella manifattura dei beni materiali
e più nelle nuove forme di cultura e intrattenimento di massa: la stampa, i romanzi popolari,
il cinema e la radio. Tutti questi media offrivano soddisfazione di basso livello, fornendo il
più grande piacere ottenibile con il minimo sforzo. La cultura di massa incideva sugli
standard tramite cui sarebbero dovuti essere formati i gusti dei giovani, complicando il
lavoro degli insegnanti. A questi ultimi spettava la trasmissione degli strumenti adatti a
distinguere e discriminare i prodotto culturali fruiti. Ma se si escludeva la letteratura, dove si
poneva trovare un’autentica alternativa di vita? La risposta era la comunità organica. Questa
cultura risiedeva nella memoria viva e ancora resisteva nelle remote regioni del paese,
come monito di un’arte della vita che ormai era del tutti estinta. La percezione chiave è quella
di una cultura come arte della vita, come modi di vivere che sono preservati attraverso la parola.
Leavis lamentava la perdita dell’arte della conservazione, che è il mezzo della vita sociale ordinaria
attraverso il quale la cultura è espressa e sostenuta. Mentre la letteratura era la migliore
alternativa alla vita come arte; la cultura di massa ne era il peggior sostituto.
Hoggart e Williams provenivano entrambi dalla classe operaia e portarono al un nuovo approccio e
una prospettiva definita dalle loro vite ed esperienze. Entrambi pubblicarono un libro negli anni
Cinquanta che ebbe un impatto immediato e diffuso. Il primo fu The Uses of Literacy di Hoggart.
Questo riguardava gli interessi sulla nuova letteratura destinata a un largo pubblico. La letteratura
moderna era un prodotto di uno strato sociale istruito: era stata scritta ed era letta dai
membri di una stessa classe sociale e si riferiva in via quasi esclusiva, ai loro interessi
condivisi. Il romanzo era un nuovo genere letterario per una nuova classe sociale, che
esplorava i cambiamenti dinamici del denaro, del sesso e del potere nella sfera intima della
vita familiare. Nel XIX secolo, il romanzo storico si occupò della questione più generale delle
relazioni tra queste nuove forme di vita e il mondo pubblico della guerra e della politica. I lettori
della classe operaia sentivano la profonda differenza tra i mondi della vita della letteratura e quelli
che in realtà stavano percorrendo. Fu proprio questa differenza che suggerì la svolta degli anni
Cinquanta. La questione della classe è la questione sociale di quel ripensamento della cultura che
i due studiosi intrapresero e che avrebbe riguardato le relazione tra classi, cultura e società. Il
termine classe è utilizzato in due modi distinti ma in qualche modo correlati. Da una parte, come
una questione sociale, comprende la lunga relazione storica che affonda le sue radici indietro di
qualche secolo tra la corona, la chiesa, i nobili e il popolo che gradualmente si modificò nelle
relazioni tra le gente comune, la borghesia e l’aristocrazia. La classe operaia inglese di cui si
occuparono Hoggart e Williams, si formò neo convulsivi sviluppi del XIX secolo. Negli anni
Cinquanta parlare della classe operaia significava occuparsi di quelle persone che ancora
vivevano in quelle parti del paese in cui era avvenuta la Rivoluzione industriale dei secolo
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