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Berlusconi poi indirizza ogni canale a un target specifico così da evitare concorrenze interne. La
legge Mammì del 1990 dovrebbe riorganizzare il sistema radiotelevisivo italiano, ma si limita a
legittimare la situazione presente: viene fissato a tre il numero massimo di reti possedute da uno
stesso soggetto, si stabiliscono i limiti della pubblicità e si istituisce il Garante per la radiodiffusione e
l’editoria con compiti di controllo. Nel 1994 la Corte costituzionale dichiara incostituzionale parte
degli articoli della legge Mammì e nel 1997 viene approvata allora la legge Maccanico: viene
abbassato il limite antitrust per favorire il pluralismo (uno stesso soggetto non può avere più del 20%
dei canali televisivi analogici e non può avere più del 30% delle risorse economiche del sistema. Nel
2004 viene approvata la legge Gasparri che prevede un Sistema integrato di comunicazione (Sic), il
digitale terrestre e la regolamentazione per la difesa dei minori; in più si stabilisce che un unico
soggetto non può avere più del 20% del Sic e comincia il processo di privatizzazione della tv di Stato
con la vendita di parte del capitale azionario (il limite di capitale da possedere per un singolo
azionista è l’1%). Il digitale terrestre comprime i segnali liberando molte frequenze… questo
garantirà il pluralismo?
2 - Le grandi prospettive teoriche
•• I mass media sono una presenza fondamentale per la vita quotidiana di tutti. Ognuno sa che il controllo
sui mezzi di comunicazione porta a un controllo di opinioni e atteggiamenti delle masse, ma questo non si
riflette nella realtà a livello scientifico, quindi è un luogo comune. Ogni prospettiva sociologica sui mass
media è originale, ma incompleta sotto alcuni punti di vista.
2.1 - L’ago ipodermico (o del proiettile magico): la teoria “mai esistita”
•• La teoria dell’ago ipodermico (primi decenni del Novecento, anni in cui i mass media si estendono
alle masse) è un modo di leggere intuitivamente i media: siccome i media inizialmente erano stati
usati durante la guerra, vengono visti dalla popolazione in maniera molto critica e incerta… mezzi
come radio, stampa e cinema diventano strumenti potenti che possono fare “il lavaggio del cervello”
alle masse, bersaglio dei proiettili magici mediali sparati da controllori della pubblica opinione. La
teoria dell’ago ipodermico è così riassumibile: i media manipolano le persone. Questa visione è
ancora oggi condivisa da molti, ma poggia su fondamenta incerte, perché in quel periodo si stava
affermando il capitalismo industriale, l’urbanizzazione, la dissoluzione dei legami tradizionali (si è
passati dalla Gemeinschaft, comunità tradizionale basata sulla comunanza di sangue e di luogo, alla
Gesellschaft, società di massa, moderna, impersonale e atomizzata, fatta di singoli individui
alienati, privi di legami significativi tra loro e soli davanti ai messaggi dei media… dunque “la colpa”
non è esclusivamente dei mass media. Dunque, alla base della teoria ipodermica vi è ovviamente la
società di massa e il modello stimolo-risposta (S-R) secondo cui a ogni stimolo ricevuto dai media
corrisponde una risposta da parte delle masse (quindi non esistono stimoli senza risposte e
viceversa: c’è causalità. Il pubblico qui è visto come un esercito di automi in balia dei media (nel
1938 in radio veniva annunciata, specificando prima della trasmissione che si trattasse di una fiction,
una trasmissione del tutto simile nel format audio a un giornale radio, dal titolo “La guerra dei mondi”,
di Welles, in cui si annunciava l’atterraggio di una nave extraterrestre con una invasione di alieni
ostili. Milioni di ascoltatori fuggirono dalle città, alcuni si suicidarono). La teoria ipodermica, pur con i
suoi limiti, è il primo studio sistematico dei mezzi di comunicazione di massa, inaugurando la mass
communication research, che ha tra i padri anche Lasswell, ideatore del modello delle cinque W
formalizzato nel 1948 per mettere ordine negli studi sui mass media: who, what, whom, where, what
effects; chi, che cosa, a chi, come, con quali effetti. Le cinque variabili sono anche alla base delle
cinque branche specialistiche della ricerca sui media: la ricerca sul chi riguarda le emittenti (una
redazione, una stazione televisiva, una radio…); la ricerca sul che cosa riguarda il contenuto dei
messaggi mediali; la ricerca sull’a chi riguarda lo studio del pubblico; la ricerca sul come riguarda
questioni in evoluzione, come gli aspetti tecnologici dei media…; la ricerca sugli effetti riguarda lo
studio della misura e dei tempi a proposito dei comportamenti e delle opinioni del pubblico modificati
dai messaggi mediali. Il modello delle cinque W, ancora oggi studiato, ripropone i limiti della teoria
ipodermica tra cui, secondo Wolf, l’intendere la comunicazione come lineare e unilaterale,
dall’emittente (che possiede tutto il potere) al ricevente (che è passivo e manifesta una reazione agli
stimoli), il concepire il ruolo del pubblico come isolato e privo di relazioni interpersonali; la non
calcolabilità degli effetti imprevisti o di lungo periodo (da parte di media o del pubblico). La teoria
ipodermica si presenta quindi insostenibile: le persone scelgono in modo autonomo che cosa
guardare o leggere, presentato effetti imprevisti e a volte anche opposti a quelli voluti dalle emittenti.
2.2 - Gli “effetti limitati” e il flusso di comunicazione a due stadi
•• Notate le limitazioni della teoria dell’ago ipodermico vi è la necessità di superare le sue basi: il
modello stimolo-risposta si supera considerando qualche variabile nascosta (come mai persone
diverse reagiscono ai messaggi mediali in modo diverso?). Ogni messaggio mediale ha infatti come
destinatario una figura ideale ben precisa. Questo permette di rifiutare l’idea stessa di una
comunicazione di massa, nel senso di indistinta e insensibile alla tipologia di destinatario. Hovland
inserisce nel modello S-R le variabili intervenienti: lo schema quindi diventa S-VI-R, cioè stimolo -
variabili intervenienti - risposta. Queste variabili (variabili sociodemografiche come età, sesso, titolo
di studio, residenza…, atteggiamenti e opinioni preesistenti, processi psicologici individuali…)
spiegano la varietà delle risposte individuali. Viene superata anche l’idea di società di massa alla
base della teoria ipodermica. Non è possibile analizzare o comprendere gli effetti dei mass media
senza considerare il contesto sociale in cui agiscono. Uno dei risultati è la “teoria del flusso di
comunicazione a due stadi” secondo cui il pubblico recepisce il contenuto dei mass media
attraverso alcune categorie di persone, i leader di opinione, che occupano posti-chiave nella rete di
relazioni interpersonali. I leader di opinioni sono molto partecipativi socialmente e politicamente,
molto conosciuti e stimati, ritenuti degni di fiducia dalle persone comuni. I messaggi raggiungono
prima i leader di opinione che interpretano ed elaborano il messaggio, diffondendolo poi alle persone
comuni. Le persone comuni poi si interfacciano con i leader per ricevere conferme. Gli effetti
maggiori secondo questa teoria si hanno con il contatto tra leader di opinione e gente comune più
che tra media e masse in assoluto. Secondo queste teoria i media sono efficaci nel rafforzare le
convinzioni che le persone già possiedono ma non riescono a far cambiare loro idea (dalla
manipolazione riservata ai media nella teoria dell’ago ipodermico si passa alla semplice influenza
nella teoria del flusso di comunicazione a due stadi). Questa teoria è ancora attuale soprattutto se
invece di considerare il flusso di comunicazione a due stadi lo si consideri invece a molti stati
(secondo Lazarsfeld). Infatti, ognuno di noi ha differenti capacità di leadership su diversi argomenti.
Oggi scompare l’idea di massa intesa come aggregato di individui isolate e viene rimpiazzata
dall’idea di pubblico fatto da persone in relazione tra loro, non più passive o indifese verso i media.
2.3 - Usi e gratificazioni tra funzioni e disfunzioni
•• Dal secondo dopoguerra appare chiaro che i media non servono solo alla guerra, ma sono ormai
una parte indivisibile della vita quotidiana, affiancandosi anche alle istituzioni, diventando agenti di
socializzazione e fonti di mutamento. Gli studiosi cercando quindi di definire il loro ruolo nel sistema
sociale. Negli USA la mass communication research si evolve nello struttural-funzionalismo che
legge i media secondo le loro funzioni (quanto e come riescono a soddisfare i bisogni della società).
All’inizio si studiavano gli obiettivi espliciti e dichiarati delle emittenti, adesso si studia la funzione
delle stesse emittenti, considerando dunque non solo gli effetti per i quali un prodotto mediale è stato
esplicitamente realizzato, ma anche gli effetti imprevisti o indesiderati che possono manifestarsi su
medi o lunghi periodi. Nasce quindi la prospettiva “usi e gratificazioni” come approccio alla
comunicazione di massa (una delle teorie principali sui mass media del secondo Novecento). Il
concetto di “funzione” viene qui applicato all’uso che il pubblico fa dei mezzi di comunicazione di
massa per soddisfare i propri bisogni, rovesciando di fatto il punto di vista: il problema della mass
communication research non è più capire “che cosa fanno i media alle persone”, ma “che cosa fanno
le persone con i media”. Perché accendiamo la tv? Perché siamo spinti dalla necessità di tenerci
informati su quello che succede nel mondo, per costruire la nostra identità per esempio con fiction,
per affermare valori condivisi, per bisogni di relazione, per passare il tempo intrattenendosi ed
evadere dallo stress quotidiano (in questo caso si sceglie di vedere la tv prima di decidere quale
programma guardare)… il pubblico diventa quindi parte attiva e i suoi gusti e le sue preferenze
mediali derivano dalla società, la quale è a sua volta influenzata dalle azioni individuali
comprendendo anche le modalità di fruizione dei media.
••• Primo approfondimento: La prospettiva “usi e gratificazioni”: sintesi
•• Scompare l’idea di massa a favore di quella di pubblico attivo, critico, consapevole e attento, che
usa i media per soddisfare i propri bisogni (adesso è il pubblico a scegliere con quale media
intrattenersi). Alla ricerca non interessa più capire il valore dei contenuti dei singoli prodotti mediali,
ma interessa capire il modo in cui questi contenuti sono fruiti dal pubblico secondo le sue esigenze.
••• Secondo approfondimento: Guardo la televisione perché…
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