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L’anticipazione del rapporto tra efficacia comunicativa ed efficacia organizzativa in un documento dell’epoca,
svela la portata del mutamento promosso dal diffondersi della stampa e conferma la sensibilità a questi temi
da parte della Compagnia di Gesù. 5
6- Napoleone Bonaparte
Napoleone, nato ad Ajaccio nel 1769 e morto in esilio sull’isola di Sant’Elena nel 1821. Napoleone fece
rinascere la monarchia divenendo l’imperatore dei francesi dopo la proclamazione del senato nel 1804 e la
successiva incoronazione a Notre-Dame.
La Rivoluzione Francese ha evidenziato l’esistenza di una prima sfera pubblica, per la cui nascita e
diffusione sono state fondamentali la comunicazione e i suoi strumenti. Si affermò anche un nuovo soggetto
sociale, il terzo stato, e una diversa cultura politica, basata sull’idea di condivisione e partecipazione.
L’opinione pubblica assunse un peso senza precedenti. Le variabili e i soggetti erano maggiori ma più
determinanti e ciò rese la gestione del consenso, il controllo delle opinioni e l’orientamento della sfera
pubblica più complesse.
La sua autobiografia postuma è un diario composto da singole annotazioni anziché un testo organico e ciò
restituisce in maniera ancora più immediata la quotidianità di certi temi e di certe preoccupazioni.
Napoleone è un pratico, un uomo d’azione e affronta il tema della propaganda in modo diretto e pragmatico.
La conquista e il mantenimento del consenso sono indispensabili sia per governare che per fare la guerra.
In guerra tutto è opinione per Napoleone, si tratta di opinioni che si basano non su elementi oggettivi ma
psicologici, volatili che bisogna saper controllare e guidare.
La cosa più importante delle cose è come esse appaiono o si riesce farle apparire. Il morale e il giudizio
costituiscono la metà della realtà e uno dei più importanti principi della guerra è esagerare con le proprie
forze, Napoleone lo ha sempre fatto e l’aver mentito non ha sminuito la sua gloria.Anche agli eserciti avversari
è importante mostrare quello che non è: l’arte dei più grandi capitani è stata quella di far apparire le proprie
truppe più numerose o addirittura invincibili.
Altro strumento per mantenere il consenso tra le truppe sono i riconoscimenti pubblici, perché al soldato
servono gloria, distinzioni e ricompense quindi Napoleone si preoccupa che vengano proposte celebrazioni,
riconosciute onorificenze e distribuite medaglie. Anche le arti e gli spettacoli concorrono alla causa.
Napoleone da buon comandante quale è conosce il valore che ha il disonore nella logica militare come
forma d’esempio e propaganda. Il medico che si rifiuta di curare i feriti sarà vestito da donna e girerà su un
asino e un cartello sulle spalle per le vie di Alessandria; i soldati che si sono lasciati disarmare assisteranno
alla parata muniti di un bastone invece che di un fucile.
All’attenzione di Napoleone vi sono anche i francesi, chiamati da lui pubblico o popolo, a sottolineare il
cambio di status e la presa d’atto della nascita di un nuovo protagonista sociale. Napoleone sembra ne
conosca volubilità e debolezze. Egli è consapevole della nascita di un’opinione pubblica, della sua
importanza per la stabilità politica e della necessità di guidarla e indirizzarla. Al popolo bisogna dare un
orientamento e per questo occorrono strumenti; lo scopo principale nell’istruzione di un corpo insegnante è
quello di avere un mezzo per guidare le opinioni politiche e morali; il popolo ha anche bisogno di una religione.
Per Napoleone ciò che conta è il fine da raggiungere con qualsiasi mezzo, anche la religione, sì perché è
difficile governare solo con le istituzioni, serve qualcosa di più potente per colpire l’animo e l’impressione
delle persone.
Il diario offre testimonianza anche del ruolo e dell’autonomia che nella Francia postrivoluzionaria hanno
raggiunto giornali e libri, capaci di inserirsi nel rapporto tra il capo politico e l’opinione pubblica, fra il capo
militare e l’esercito. Napoleone invita il prefetto a diffondere una circolare con la quale un’opera può essere
venduta solo dopo sette giorni in cui se ne è presentato un esemplare, così da essere fermata se pericolosa.
L’informazione si sta lentamente configurando come contropotere. La stampa ha infinite possibilità di
propaganda di cui Napoleone approfitta attuando veri e propri tentativi di sabotaggio morale e anche
economico nel caso della falsificazione delle banconote austriache. 6
7- Alexis de Tocqueville
Alexis de Tocqueville (1805-1859) fu uno dei maestri del liberalismo che visse la prima parte della sua vita
in un Paese combattuto tra le volontà di restaurazione della monarchia e le nuove istanze favorevoli
all’allargamento delle libertà civili e un potenziamento del ruolo del Parlamento. Nonostante provenga da una
famiglia aristocratica, egli era convinto della fine dell’aristocrazia e che i temi dell’uguaglianza e della libertà,
posti con esiti violenti dalla Rivoluzione francese, costituissero due aspetti imprescindibili e non più
procrastinabili. Nella rivoluzione del 1830, che sancì il passaggio dalla dinastia dei Borbone a quella
d’Orleans, si schierò contro l’attacco alla Costituzione di Carlo X a favore del nuovo sovrano Luigi Filippo
sostenuti dai parlamentari liberali. La Costituzione emanata poco dopo dal “Re dei francesi”, espressione
sostitutiva a “Re di Francia” per sottolineare la dipendenza del sovrano dal popolo più che dalla nazione, era
ispirata dai principi l’uguaglianza, l’estensione dei diritti politici e di cittadinanza, il riconoscimento delle
istituzioni rappresentative democratiche, nei quali Tocqueville si riconosceva.
Nel 1831 Tocqueville intraprese un viaggio-inchiesta negli Stati Uniti con l’obiettivo ufficiale di studiarne il
sistema penitenziario, ma aveva interesse ad osservare il funzionamento delle istituzioni e la struttura sociale
di qual Paese lontano dai conflitti della vecchia Europa.
Ritornato in Francia pubblicò in due riprese “La democrazia in America” che diverrà un classico del pensiero
politico liberale francese e gli garantirà fama e l’elezione in Parlamento nel 1839.
Il libro contiene un’attenta analisi storica, politica e sociologica degli Stati Uniti, ma è anche una
dichiarazione a favore dell’eguaglianza sociale, del suffragio universale maschile e dei governi democratici,
aspetti che secondo Tocqueville si conciliavano perfettamente col pensiero liberale.
Nel libro affronta solo incidentalmente il tema della propaganda senza considerarla una tecnica o un’arte
utile per favorire un potere politico, una religione, una fazione rispetto ad un’altra. È un libro che non
appartiene ai manuali sulle tecniche, gli usi o le regole della propaganda. Ragiona invece intorno a temi
quali la saldezza delle istituzioni, il ruolo delle associazioni politiche, il maggior coinvolgimento delle persone
nelle cose pubbliche, gli effetti dell’allargamento o del restringimento degli spazi democratici, le potenzialità
e i rischi concessi all’entrata in scena delle masse, il peso dell’opinione pubblica, la debolezza dell’individuo.
La democrazia più del terrore, il consenso più della forza sono grandi strumenti di persuasione e di
convincimento.
Il governo democratico è molto più efficiente di qualsiasi tirannide, se l’obiettivo non è compiere grandi
imprese o lasciare una traccia indelebile nella storia, bensì far prevalere la ragione, incentivare, sviluppare
una società prospera con maggiore benessere.
La maggioranza e la democrazia contengono al loro interno anche il grave rischio della tirannide. La nuova
violenza del potere non colpisce il corpo ma va dritta all’anima. Cioè è l’introduzione al tema di una violenza
psicologica che agisce sulla mente, che si porrà con forza all’interno delle future delle società di massa. 7
8- Giuseppe Mazzini
Giuseppe Mazzini (Genova 1805 – Pisa 1872) è stato una delle figure principali del risorgimento italiano e
dell’unificazione dell’Italia. Si iscrisse all’associazione segreta della Carboneria perché sin da giovane
abbraccia la causa del patriottismo e della lotta contro l’occupazione straniera e la divisione dell’Italia.
Una volta costretto all’esilio in Francia fondò prima la Giovine Italia sotto il motto di “Dio e Popolo”, poi la
Giovine Europa.
Mazzini contrappose all’idea della lotta di classe in diffusione all’epoca, quella di lotta di popolo, senza
distinzioni tra status sociale, ricchezza o religione. Mazzini era inoltre consapevole che questo popolo andava
informato, educato, mosso all’azione da un soggetto politico pensato, preparato ed organizzato per agire
all’interno del nuovo scenario politico e sociale nel quale le moltitudini erano il motore del cambiamento.
La visione politica di Mazzini è racchiusa nelle linee costitutive della Giovine Italia che conteneva molti tratti
delle future organizzazioni politiche: una struttura stabile e centralizzata, un programma pubblico, una rete
nazionale di dirigenti, il principio dell’autofinanziamento, la figura dei divulgatori e l’idea di un proselitismo
connesso a una visione educatrice dell’azione politica.
Nella società europea di fine ottocento è impossibile fare a meno della stampa per una battaglia politica
perché secondo Mazzini l’inchiostro vale quanto la spada. I giornali come i libri per essere efficaci devono
poter dispiegare tutte le loro potenzialità e per questo sono 2 i requisiti necessari: la loro reale penetrazione,
perché a nulla vale la stampa se la loro diffusione non è vasta, continua e universale, e la loro reale
comprensione, perché la parola se per una classe è chiara per altre è muta.
Mazzini da ex giornalista dichiara il suo intento di dar vita ad un giornale popolare e il movimento repubblicano
darà sempre molta attenzione alla stampa, che per essere definita tale deve giovare di supporto e apporto
molto diffusi. I destinatari devono muoversi e contribuire e farsi promotori di questa nuova stampa popolare.
Mazzini vuole rispondere alla questione di come sia possibile guidare e indirizzare le masse che stanno
diventando sempre più protagoniste. Mazzini dice che al popolo si può parlare in due modi: con l’esempio e
con l’utilità del fine proposto; li si trascina con l’entusiasmo o seducendoli con l’avvenire.
Il giudizio di Mazzini è severo per la classe politica italiana perché per lui i capi sono ma