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Estratto del documento

Per la scuola di Birmingham, invece, Hall propone un modello di codifica e

decodifica del discorso mediale, secondo cui l’ideologia contenuta nei test mediali

viene letta in base a condizioni sociali e schemi interpretativi. Tre sono i codici

fondamentali:

- il significato dominante (associato al potere)

- quello “negoziato” (se consideriamo i media come vettori neutrali di

informazioni)

- e quello “oppositivo” (letto tra le righe).

Non sempre, quindi l’ideologia emessa corrisponde a quella ricevuta, a causa

dell’intervento di skillset e mindset (rispettivamente consapevolezza di essere

immersi in flussi comunicativi e competenze e pensiero critico). Morley elabora

infatti l’ipotesi della decodifica differenziale, rivalutando la capacità interpretativa

del pubblico.

La riabilitazione della cultura popolare culmina con Fiske, che afferma che il testo

mediale è il risultato della lettura polisemica (cioè arricchita dal pubblico di una

pluralità di significati). Il pubblico ha quindi un potere semiotico nell’economia

culturale, poiché plasma i significati in base ai propri desideri. Sorge quindi il

problema della disuguaglianza semiotica tra una minoranza colta e ricca che ha

accesso sia alla cultura “popolare” che a quella “impopolare”.

Il “commercialismo”, invece, è rappresentato da un contenuto mediale prodotto

in serie, incentrato su svago e superficialità e “venduto” come merce. Esso

testimonia, quindi, come il profitto abbia soffocato innovazione e creatività.

McLuhan basa il suo pensiero sull’intuizione che tutti i media sono “prolungamenti

dell’uomo” in quanto espandono le capacità umane, consentendoci di fare più

cose, cose inimmaginabili prima e fare le stesse cose in modo diverso. Inoltre,

non è importante cosa sperimentiamo ma come lo sperimentiamo (ed esempio,

mentre il libro isola, la tv coinvolge). Oggi l’esperienza attraverso, con e dei

media si realizza tramite mediazione, supporti e produzione.

Altheide e Snow parlano, invece, di “logica dei media”, ossia dell’influenza dei

media sugli avvenimenti del mondo reale (e non solo sulla rappresentazione),

grazie agli eventi mediali inscenati per dare visibilità ai personaggi. Essi

affermano l’esistenza di una natura sistematica delle definizioni preesistenti di

come un contenuto deve apparire (si tiene infatti conto dei requisiti di ritmo

sostenuto, formato rilassante e presentatore attraente). Le distorsioni realizzate

possono essere relative a:

- l’esperienza sensoriale (rappresentando il mondo come immagini),

- la forma di rappresentazione (ad esempio, la stampa produce messaggi

fortemente codificati, contrariamente alle foto, soggette a interpretazione),

- il contenuto del messaggio (tra realismo e polisemia),

- il rapporto (con media a senso unico oppure interattivi),

- e il contesto d’uso (in quanto la ricezione privata individualizzata si contrappone

a quella collettiva e condivisa).

La teoria della coltivazione e mediazione dell’identità afferma che le esperienze

sono mediate dal mezzo di comunicazione dominante. Per McLuhan, infatti, esse

sono formate dai messaggi sistematicamente e largamente condivisi: le persone

sono quindi esposte a una visione selettiva della società proposta dalla tv, che

plasma le credenze. Meyrowitz parla invece di pervasività dei media elettronici

come causa della trasformazione radicale dell’esperienza sociale, realizzata grazie

all’abolizione della compartimentazione tra sfere sociali per età, sesso e status.

La tv ha infatti trasportato sulla scena pubblica tutti gli aspetti dell’esperienza

sociale.

L’internazionalizzazione della comunicazione di massa (dovuta ai bassi costi di

trasmissione) ha portato alla circolazione di prodotti pensati per essere trasmessi

su scala internazionale (quindi ispirati al modello americano). Ciò ha portato al

declassamento della specificità culturale e ad una predilezione per formati e

generi universali mostrati negli showcase e venduti nei trade market.

Distinguiamo, tra di essi:

- i canned/finished programs, venduti dopo la messa in onda in altri mercati,

doppiati o sottotitolati;

- i format, comprati già con un’idea strutturata (o concept) del meccanismo

produttivo e narrativo del programma (con collocazione, grafica, scaletta).

I generi di programmi vengono classificati per:

- le loro proprietà produttivo-formali (tipo di linguaggio, modi di produzione,

tecnologie/tecniche, durata e frequenza in onda);

- il contenuto (aspetti narrativi, ambientazione e tonalità di temi e personaggi);

- e la funzione sociale (riassunta da Reith della BBC in “educare, informare e

intrattenere”).

Nella paleotelevisione abbiamo visto il diffondersi della giunga dei generi, oggi

sostituita dalla format television, in cui non vi sono differenze sostanziali. C’è

infatti stata una contaminazione tra generi televisivi (come fiction,

intrattentimento, informazione, cultura ed educazione) ed extratelevisivi (come

cinema, sport, pubblicità, video e trailer).

La condizione post-moderna è infatti teatro di profonde trasformazioni

- economiche, poiché l’economia passa dall’essere di sussistenza a capitalista

(ovvero da contadina a urbana),

- e politiche, col passaggio da feudi a Stati-nazione.

- Razionalizzazione e secolarizzazione producono inoltre nuove credenze comuni,

- e nascono i sistemi mediali.

La filosofia socio-culturale discute quindi la cultura fissa e gerarchica (con le

vecchie idee di qualità artistica e serietà dei messaggi) favorendo l’emergere

dell’estetica culturale, ossia di una predilezione per forme di cultura caduche,

superficiali, che mobilitano più i sensi che la ragione, rifiutando la tradizione.

Baudrillard definisce infatti il concetto di “simulacro” come la perdita di

importanza della differenza tra immagini e realtà, con le prime che si

sostituiscono all’esperienza concreta, causando una nuova difficoltà nel

distinguere realtà e finzione.

Capitolo 8

Struttura e prestazione dei media sono governati da diversi principi:

- libertà, cioè diritto alla libera espressione e formazione di opinioni, realizzabile

garantendo alle diverse voci della società l’accesso ai canali;

- eguaglianza, poiché i detentori del potere non devono essere favoriti, ma va

garantito l’accesso ad avversari politici ed opinioni e rivendicazioni opposte (per

quanto riguarda l’aspetto politico) e (per quanto concerne quello commerciale)

tutti gli inserzionisti devono essere trattati allo stesso modo, in assenza di

discriminazione e pregiudizio;

- diversità dell’offerta, che deve rispecchiare l’effettiva distribuzione di gruppi

sociali e ideologie politiche, rendendo i media delle tribune per i differenti

interessi (con possibilità di accesso anche a minoranze sociali e culturali);

- qualità dell’informazione, ovvero obiettività, distacco, imparzialità, neutralità

verso l’oggetto dell’informazione, fedeltà ai criteri di verità e separazione dei

fatti dalle opinioni, al fine di garantire un’informazione esauriente, obiettiva ed

equilibrata;

- ordine sociale e solidarietà, seguendo la tendenza delle autorità ad affidarsi ai

media per mantenere l’ordine, garantendo il pluralismo senza appoggiare le

tendenze sovversive;

- qualità culturale, con l’obiettivo di proteggere il patrimonio culturale dominante

e ufficiale, ma anche varianti locali, subculture e alternative, oltre a riconoscere

pari diritti a tutte le manifestazioni culturali, rispecchiare lingua e cultura e della

gente e privilegiare il ruolo educativo dei media incoraggiando la creatività

culturale;

- infine, responsabilità. Feintuck osserva infatti l’esigenza di dare conto delle

proprie azioni in pubblico o tramite autorità pubbliche ed essere sanzionabili per

violazioni connesse all’esercizio del potere). I media rispondo infatti della

qualità e delle conseguenze delle diffusioni secondo i 3 criteri di: rispetto della

libertà di diffusione, prevenzione e limitazione dei danni da diffusione e

promozione di aspetti positivi e contenimento dei negativi. Per evitare sanzioni,

quindi, essi operano sotto controllo autoregolamentato, secondo i modelli della

responsabilità, ovvero quelli dell’obbligo (con grande attenzione ai potenziali

danni e pericoli che sfociano in sanzioni materiali) e della garanzia, in cui si

privilegiano dibattito e negoziazione, ispirandosi all’idea di democrazia

partecipativa e appoggiandosi a sanzioni e strumenti di controllo verbali. La

relazione tra media e istituzioni comporta quindi 2 tipi di responsabilità: quella

interna (relativa alla diffusione e a carico di organizzazioni mediali e proprietari)

e quella esterna (legata ai partner danneggiabili come istituzioni sociali,

opinione pubblica, gruppi di interesse o pressione, pubblico, clienti, fonti,

legislatori e soggetti delle informazioni). Le cornici fondamentali della

responsabilità sono quindi:

- leggi e regolamentazione (ovvero le politiche relative a struttura e attività

dei media e finalizzate a creare condizioni per una comunicazione libera,

malgrado la pausa delle sanzioni generi spesso autocensura);

- finanza e mercato (relativa a meccanismi di domanda/offerta nel libero

mercato, garantita da buone prestazioni e un margine di concorrenza che

incoraggi il miglioramento, malgrado i media siano ormai troppo

commercializzati);

- responsabilità pubblica delle organizzazioni mediali in quanto istituzioni

sociali (motivo per cui l’opinione pubblica si aspetta che esse facciano

l’interesse pubblico nonostante l’attività dei gruppi di pressione);

- ed, infine, la responsabilità professionale derivante dalle norme

deontologiche dei professionisti, ovvero principi adottati e procedure contro

alcuni comportamenti, finalizzati ad incoraggiare l’automiglioramento.

Capitolo 9

I media si collocano al centro di 3 forze: tecnologia, politica ed economia.

I principi economici alla base della struttura mediale fanno riferimento non solo al

mercato dei consumatori, ma soprattutto a quello pubblicitario, in quanto molti

media si reggono solo su di esso (con conseguente contenuto dipendente dagli

inserzionisti). Tunstall ha infatti osservato come la concorrenza per un’unica

fonte di reddito abbia portato all’uniformità imitativa e alla bassa qualità di

contenuti.

Dal lato delle spese, invece, possiamo distinguere:

- costi fissi (es.: impianti, attrezzature, distribuzione) che scor

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A.A. 2014-2015
13 pagine
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SSD Scienze politiche e sociali SPS/08 Sociologia dei processi culturali e comunicativi

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher GiovannaUrb di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Sociologia dei mass media e linguaggi del brand e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi "Carlo Bo" di Urbino o del prof Valli Bernardo.