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A questi si aggiungono leadership di nicchia ad alto contenuto tecnologico e le 4A
del turismo: ambiente, arte, architettura e accoglienza.
Il turismo è favorito dalle grandi risorse ambientali, storiche, culturali, artistiche e
gastronomiche, malgrado il penalizzante cambio dell’euro, le carenze
infrastrutturali e la promozione disorganica. L’Italia è infatti prima al mondo per
numero di siti classificati dall’UNESCO come patrimonio culturale mondiale.
Le richieste degli operatori del settore sono di: valorizzare il mezzogiorno, creare
itinerari d’interesse turistico e circuiti museali nelle città d’arte, abbassare l’ivi a
carico delle strutture ricettive, rafforzare i servizi per il tempo libero e
riqualificare i centri urbani.
Le imprese possono essere classificate seguendo un criterio occupazionale (con
medie imprese da 50 a 499 addetti) o un criterio misto che tiene conto anche del
fatturato.
La Fondazione Edison distingue, invece:
- Grandi Pilastri, con fatturato inferiore a 10 miliardi, ma che in Italia abbiamo
solo in settori non tipici del made in Italy (ENI, FIAT, ENEL, PIRELLI-TELECOM),
- Pilastri, che fungono da ambasciatrici del made in Italy nel mondo,
- Colonne, che assorbono quasi totalmente l’occupazione e l’export del made in
Italy,
- Distretti, tra i quali rientrano anche alcuni comuni “pilastri” di distretto, attivi
nelle specializzazioni del made in Italy.
Il modello industriale italiano presenta alcune caratteristiche:
- la specializzazione in settori tradizionali dei beni per casa e persona e
- il ruolo centrale delle Piccole e Medie Imprese e dei Distretti Industriali.
Il Centro studi di Confindustria ha inoltre evidenziato che l’apertura del Paese al
commercio internazionale ha portato a un rafforzamento dei beni di consumo. Ciò
testimonia l’esistenza di rendimenti connessi a meccanismi di learning. Tuttavia,
a partire dal 2001, l’Italia è stata colpita da una forte crisi causata dalla
concorrenza asimmetrica cinese e dal ritardo tecnologico europeo e italiano.
Capitolo 2
Le cause della perdita della competitività dell’economia italiana (specialmente del
settore manifatturiero), sono:
La perdita di quote di mercato nel commercio mondiale (relativa a tutti i paesi
1. industrializzati, ma che l’Italia ha sofferto maggiormente), causata dalla
crescita delle economie dinamiche asiatiche;
Lo scivolamento nelle basse posizioni delle classifiche di competitività, che
2. tengono conto dei fattori strutturali di attrattività, come i costi dell’energia, la
corruzione, la burocrazia, il sistema bancario e le infrastrutture;
La continua erosione del saldo commerciale con l’estero dopo il 1996. 3 sono
3. state le fasi:
- Prima fase: boom dell’export dovuto alla svalutazione della ira, alla qualità dei
prodotti e alla produttività
- Seconda fase (1996): L’Italia è il terzo paese per saldo commerciale attivo
- Terza fase (2003): Saldo negativo causato dalla bolletta energetica aumentata,
ovvero dal rialzo del prezzo di petrolio e gas (per i quali l’Italia è dipendente
dall’estero e si è indebitata), il rafforzamento dell’euro sulle esportazioni (che
ha spinto all’acquisto di materie prime in dollari, con cambio più favorevole), il
peggioramento dell’interscambio col Nord Europa, la concorrenza dei Paesi
Emergenti dell’Asia (in quanto la moneta cinese è ancorata al dollaro) e il
cambiamento dei modelli di consumo (col passaggio da beni tradizionali del
Made in Italy alle nuove tecnologie), che ha spinto all’incremento dell’import di
prodotti tecnologici.
La perdita delle quote di mercato è stata imputata ai settori del made in Italy,
tanto da alimentare correnti di pensiero a favore della transizione verso
un’economia ad alta tecnologia e con servizi avanzati. Tuttavia ci sono state 3
fasi:
1996-98: Peggioramento del saldo dei settori a debole specializzazione
1. 1998-2001: peggioramento del deficit dei settori a debole specializzazione e
2. della bolletta energetica, ma crescita dei settori a elevata specializzazione
2001-04: saldo commerciale in rosso a causa del peggioramento dei settori a
3. debole specializzazione, dei passivi dell’energia e del surplus di beni di moda e
arredo.
La crisi è quindi imputabile alla concorrenza cinese a alla diffusione di autoveicoli,
cellulari e computer, ma le risorse italiane sono legate esclusivamente alle 4A e
non alle tecnologie.
Capitolo 3
La Cina viene vista da alcuni come un concorrente pericoloso tanto da necessitare
l’attuazione di misure protezionistiche, ma anche un grande potenziale mercato.
E’ quindi necessario adottare una linea razionale: considerando l’opportunità Cina
(futuro) e la minaccia Cina (imminente), ovvero i danni a breve termine dovuti a
concorrenza e contraffazione. Esse hanno infatti causato:
- in Italia, delocalizzazioni cattive (ovvero la chiusura degli impianti in Italia e la
riapertura in Cina) e positive (l’apertura in Cina di prolungamenti di industrie
che conservano il cuore in Italia). Ciò rende necessario applicare misure per la
rilocalizzazione degli investimenti.
- all’estero: il ritiro degli investimenti in Italia a causa dell’insostenibile
concorrenza cinese.
La concorrenza va tuttavia limitata su almeno metà dei prodotti di eccellenza, ma
assicurando alla Cina uno sviluppo equilibrato nel contesto mondiale.
Il problema Cina presenta infatti 4 aspetti:
La concorrenza asimmetrica, dovuta a
1.
- fattori di sistema della Cina (detta “Fabbrica del mondo), come il basso costo
del lavoro, i deboli regolamenti ambientali, i sussidi alle imprese, la riserva di
manodopera, le infrastrutture, il governo forte e le materie prime a basso costo
(ma pericolose),
- il dumping valuario causato dall’ancoraggio dello yuan al dollaro, che ha favorito
l’aumento delle riserve valutarie cinesi (da contrastare rivalutando lo yuan o
ancorandolo a un paniere di monete che includa l’euro).
2. La contraffazione di prodotti e marchi italiani. La Cina è infatti il primo paese
originario di falsi per il mercato italiano, che causa perdita di quote di mercato e
di immagine nei confronti dei consumatori che credono di comprare un prodotto
italiano, a causa della presenza del marchio europeo CE (che significa in realtà
China Export) e della clonazione dei siti internet delle aziende italiane.
3. L’impatto della crescita economica cinese sulla domanda mondiale e sui prezzi
delle materie prime, che creano squilibri sul mercato internazionale delle
commodities, in quanto la domanda cinese ha causato l’aumento dei prezzi di
prodotti di base necessari alle industrie italiane.
4. L’opportunità offerta agli operatori italiani dalla crescita del mercato cinese, in
quanto essendo il PIL 2° al mondo, esso crea un vasto mercato per i beni di
consumo, grazie a investimenti esteri, stipendi alti, entrate in nero, bonus e
lavoro sommerso, ma anche a prodotti distribuiti gratuitamente o a prezzi politici,
nonché spese ridotte su trasporti, istruzione e alloggio. Le Grandi imprese italiane
hanno infatti investito in Cina, creando show-room e negozi, favorendo la