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I risultati qualitativi sono stati ricondotti a un’esposizione quantitativa grazie
all’uso di:
fotoreportage, che attestano il “colore” emotivo degli scatti utilizzati e si
• prestano ad essere materiali comunicabili e archiviabili come testimonianza;
grafici e diagrammi che classificano i dati raccolti sulla base dei domini
• emergenti, offrendone una rappresentazione immediata;
tabelle digitali, elenchi di dati non sintetizzati, ma consultabili a seconda delle
• esigenze.
Molti dei soggetti contattati hanno sostenuto di non aver ricevuto alcuna
comunicazione preventiva dall’associazione di appartenenza o di non averla
compresa, assumendo atteggiamenti di diffidenza risultanti di una percezione
negativa delle iniziative istituzionali e dall’insufficiente attività di comunicazione
pubblica nei confronti di questa fascia. A ciò si aggiunge la paura di lasciar
entrare in casa un estraneo e la difficoltà dei contatti telefonici, dovuta alle
proposte commerciali delle aziende.
Capitolo secondo - Descrizione del campione
La prima fase di ricerca consiste infatti nel contatto telefonico, in cui le difficoltà
nel trovare un momento della giornata compatibile e l’impraticabilità del territorio
causano un elevato numero di rifiuti, a cui si aggiunge un 3% che pur avendo
garantito telefonicamente la disponibilità, ha poi cambiato idea. 16 interviste
sono risultate inutilizzabili a causa di imprecisioni nel campionamento, e pertanto
escluse dall’utilizzo per fini statistici.
Le numerose interviste in coppia hanno portato a eleggere essa ad unità di
genere, sebbene sia capitato spesso di trovare potenziali fonti di disturbo o di
arricchimento anche in parenti e amici convocati di proposito, che hanno
contribuito a rendere l’atmosfera più serena. Tuttavia, malgrado l’immersione
totale in un contesto che è lo stesso ambiente oggetto dalla ricerca avrebbe
rappresentato la condizione ideale, molti colloqui sono stati svolti sul posto di
lavoro, in cui i soggetti non hanno tuttavia avuto difficoltà ad evocare sensazioni
ed episodi legati alla casa.
Le interviste sono state organizzate affinché si potesse toccare la maggior parte
dei comuni della provincia di Pesaro-Urbino, senza tralasciare realtà piccole,
caratterizzate da diverse specificità.
Capitolo terzo - I focus group
Nell’organizzazione dei focus group, è importante ricordare l’influenza esercitata
dal numero dei presenti, dalla disposizione spaziale, dalla loro predisposizione
all’interazione, dalla provenienza geografica e dalla necessità di calendarizzare un
numero di focus proporzionato al campione.
La scelta delle immagini da proporre si è basata sulla possibilità di creare le
coppie oppositive ombra/luce, moderno/antico, funzionale/esteticamente
gradevole, seguendo un percorso ordinato e coerente che offrisse molteplici
chiavi di lettura.
Disporre i partecipanti ad emiciclo riduce la disparità comunicativa tra chi
conduce il focus e chi partecipa (one-up e one-down), sebbene la presenza di
soggetti “dominanti” possa comunque oscurare i soggetti più timidi, lasciando al
ricercatore il compito di favorire un equilibrio e ripristinare la parità, senza far sì
che gli altri lo percepiscano come un’autorità giudicante da cui diffidare.
Nel focus group di Fano, la relazionalità dei partecipanti si è attivata grazie alla
• reciproca influenza. Ne è emerso che l’intero campione, pur avendo in mente
le necessità e i desideri degli over 60, non si riconosceva nella categoria,
percependo la vecchiaia magari come un peso o una colpa, a meno che essa
non venisse associata a valori positivi (come la saggezza) tramite un
“meccanismo di difesa”. Un riconoscimento globale si è ottenuto anche
attraverso la strategia della memoria, quando una fotografia di un vecchio
telefono ha riportato i partecipanti ai “bei tempi andati della gioventù”,
spingendoli ad ammettere di aver difficoltà a disfarsi di oggetti la cui
funzionalità passa in secondo piano rispetto alla dimensione identitaria o del
ricordo. La percezione degli spazi appare legata alla relazionalità, con grande
risalto della dimensione della condivisione e della famiglia, e grande attenzione
alla sicurezza dei materiali. Perché un oggetto sia bello dev’essere
immediatamente comprensibile e funzionale, come risulta evidente dalla
ricerca di concretezza manifestatasi anche in immagini astratte o metaforiche,
in cui gli spettatori hanno individuato subito particolari secondari sullo sfondo.
L’immaginazione è invece resa accessibile da elementi familiari e dalla
maggiore propensione femminile. Molto sentita dagli over 60 è la violazione di
ciò che è proprio (considerato come estensione della propria identità).
A Pesaro, malgrado le lamentele trovino terreno fertile, nessuno dei presenti
• ha abbandonato il focus group. La distribuzione dei soggetti dominanti è subito
chiara, in quanto un singolo commento su una foto innesca conversazioni
convergenti, tarpando le ali alle divagazioni degli ascoltatori che si mostrano
aprioristicamente consenzienti. Emerge anche il pragmatismo dei lavoratori
manuali, che hanno una visione più funzionale, faticando tuttavia a distinguere
i tratti distintivi di gioventù e vecchiaia. Anche loro sostengono di non poter
condurre una conversazione piacevole circondati dall’oscurità, proiettando
nell’ambiente paure e speranze. Il progresso è visto particolarmente di buon
occhio se serve a migliorare situazioni legate a sicurezza e comunicazione.
Nel focus di Montecchio è più difficile stabilire chi sia il soggetto dominante del
• gruppo, ma si percepiscono differenze di genere a livello di sensibilità e potere
di acquisto, nella descrizione della casa ideale. Nessuno dei partecipanti si
definisce un anziano, ma l’idea del tempo non è totalmente negativa. Il
rapporto conflittuale con le tecnologie passive è bilanciato dalla benevolenza
nei confronti della rete, sebbene il multitasking sia percepito come riservato a
un pubblico più giovane e dinamico (non interessato a valori di comodità e
sicurezza) e l’eccesso di virtuosismo estetico venga osteggiato in favore del
relax, lasciando quindi trasparire le paure tipiche di quell’età.
A Sant’Angelo in Vado molte sono le assenze, che i presenti imputano al
• troppo preavviso. Esigenti e facilmente contentabili, essi mostrano uno scarso
interesse per le fotografie e una ridotta capacità di astrazione (complice
l’assenza di donne), compensati dalla voglia di parlare della propria vita
restando ancorati alla realtà delle cose. Le immagini metaforiche vengono
percepite come un tentativo del potere costituito (da cui diffidare) di mettere
in dubbio la loro capacità di giudizio, sebbene ciò renda i partecipanti più
attenti.
Infine, a Cagli, gli intervistati sentono che il progetto li riguarda da vicino, pur
• contraddicendosi parlando di una casa “per un anziano” e interpretando la
vecchiaia come una condizione generica lontana più che come la prossima
tappa della vita. La definizione di “anziano” viene accolta solo quando si
abbatte una barriera (beandosi, ad esempio, di comprendere la tecnologia).
Pur essendo a predominanza maschile e pur avendo difficoltà nel decodificare
immagini metaforiche, il pubblico si mostra emotivo e si immedesima nelle
persone raffigurate, incupendosi davanti a immagini che evocano solitudine o
tristezza, che suscitano maggiori commenti sulla sicurezza della mobilia.
L’avversione verso gli arredi fatti per non durare e per forme e colori riservati
ai giovani si contrappone alla percezione che ciò che è bello per gli over sia da
apprezzare maggiormente, data la loro conoscenza in fatto di materiali. A
focus terminato, emerge dal pubblico la volontà di parlare della stanza da
bagno.
La luce del giorno è considerata necessaria perché un ambiente venga percepito
come domestico e amichevole, e non viene mai equiparata alla luce artificiale. La
presenza di colori accesi e sgargianti e materiali poco resistenti rappresenta un
elemento di disturbo, nonché un marcatore di target infantile.
Il bisogno di ambienti larghi entra in contrasto con la difficoltà di mantenere
l’ordine. Pur percependo la loro come l’ultima generazione che può permettersi il
lusso di vivere in ambienti sovradimensionati, l’allontanamento dei figli può
rendere la casa improvvisamente troppo grande, nonché una prigione di ricordi
del passato.
Gli anni ’70 e ’80 sono visti secondo l’ottica del rifiuto o della nostalgia, in quanto
quest’ultima passa in secondo piano rispetto alla memoria oggettiva, ed
entrambe rispetto alla funzionalità, facendo crollare il pregiudizio secondo cui
l’anziano è vittima dei propri ricordi.
Le immagini hanno dato vita a processi identificativi diversi da quelli previsti,
rendendo l’osservatore il creatore delle immagini stesse. I ricordi di una
generazione travagliata hanno infatti creato una solida base di concretezza.
La ricerca di comodità ed ergonomia, nonché la massima cura nella scelta dei
materiali e dei volumi degli arredi è funzionale a rendere l’ambiente il meno
pericoloso possibile per l’infanzia e il più funzionale possibile per contrastare le
difficoltà di movimento degli anziani. Per la progettazione di spazi per la terza età
sono quindi fondamentali l’assenza di materiali pericolosi frangibili e di ostacoli
(come i tappeti), nonché la presenza di tecnologie assistive che facilitino le azioni
quotidiane (come telefoni senza fili dotati di tasti visibili). E’, inoltre,
indispensabile che il bagno sia sufficientemente ampio da far passare la
carrozzella. Per quanto riguarda, invece, la possibilità di dormire in letti separati,
si riscontrano differenze tra i contesti geografici di provenienza: nelle città più
grandi si è più pragmatici, mentre il background di cittadine e paesi si mostra
legato a culture contadine del primo dopoguerra, che elevavano la famiglia a
fulcro della socialità.
Capitolo quarto - Le interviste
Il 94% degli intervistati vive in una casa di proprietà, costruita con grandi
sacrifici e pertanto difficile da criticare. Chi è in affitto, invece, si definisce in una
situazione di passaggio. Il boom economico e l’emancipazione dalla struttura
tipica della famiglia patriarcale ha infatti permesso la speculazione nel capo
dell’edilizia, per