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informazioni aperto.
La povertà si definisce come la carenza oggettiva di beni
materiali o un sentimento di privazione, di cui tuttavia si può
non essere pienamente consapevoli. Se è possibile accedere
alle informazioni necessarie e si può diffondere le proprie
idee, ossia se si è socialmente coinvolti, ci si può tuttavia non
considerare poveri.
Il coinvolgimento sociale varia tuttavia in base al modello di
consumo, da cui dipendono le diseguaglianze sociali: in
quello su piccola scala i collegamenti sono brevi e fragili,
mentre in quelli su larga scala l'unità familiare fa un notevole
uso sociale dei beni come ponti (ma anche come barriere).
Parte prima – I beni di consumo come sistema di
informazione
La definizione antropologica di consumo associa la società
industriale a quella tribale in cui il commercio era appena
diffuso. La teoria economica si concentra invece sull'assenza
di coercizione nel consumo, basato su libere scelte,
irrazionalità, tradizioni e innovazioni, in ogni caso questioni
private. Tuttavia esistono questioni, come ad esempio quelle
ambientali, che di fatto limitano le possibilità di consumo.
Esso può pertanto essere definito come l'uso non
commerciale di beni materiali nel rispetto delle disposizioni di
legge, ma anche il terreno di scontro in cui si stabiliscono le
valutazioni culturali, meno soggette a restrizioni tanto più
vivace è la cultura. Nella maggior parte troviamo tuttavia
cose né comprabili né vendibili, come il successo politico, le
persone, o qualsiasi cosa preveda l'esercizio della forza.
Inoltre, è importante rispettare il confine tra pagamento in
denaro e dono: non è infatti possibile offrire l'equivalente in
denaro. Mentre il diritto di dare del denaro è riservato
all'intimità familiare e all'ambito professionale, mentre si
possono sostenere spese esorbitanti pur di attrarre i propri
ospiti, in maniera gratuita ma con aspettativa di reciprocità.
Tutti i beni materiali sono dotati di significati sociali che ne
determinano il modo in cui viene utilizzato per la
comunicazione e la socialità, oltre che per fornire sussistenza
e per usi pratici. La funzione essenziale del consumo è dare
significato, permettere di pensare, attivare la facoltà creativa
e comunicare in maniera non verbale.
La teoria della struttura sociale dell'antropologo Blau
considera la maggior parte dei piaceri derivante dalla vita
sociale, soffermandosi sulla gratificazione tratta dall'esercizio
del potere sugli altri. Il mondo è quindi organizzato come un
gioco competitivo riassunto del termine potlach, con cui si
intende la competizione nell'ospitalità.
Il movimento filosofico della fenomenologia considera invece
l'individuo collocato in un contesto sociale, e di conseguenza
la conoscenza come un'impresa comune, frutto
dell'interazione tra individui che impongono insieme le
costruzioni sociali della realtà.
Analogamente, lo strutturalismo si sofferma sul ruolo dei
processi sociali nella conoscenza.
Il movimento sociologico californiano detto social accounting,
o etnometodologia, si concentra infine sui procedimenti
interpretativi. La verifica dell’informazione si rende
costantemente necessaria proprio poiché i significati non
emergono sulla superficie della comunicazione, ma da ciò che
l'ascoltatore estrae da atteggiamenti, ambiente, collocazione,
abbigliamento, alimentazione e altre variabili legate
all'interlocutore.
Agli stessi eventi gli interlocutori possono infatti attribuire
significati diversi, che possono modificarsi nel tempo. In
mancanza di regole convenzionali, pertanto, viene a mancare
la base consensuale minima della società. I rituali servono
pertanto a contenere le fluttuazioni dei significati e a
tracciare definizioni collettive visibili.
I rituali servono inoltre a rafforzare l'intenzione di fissare i
significati (si pensi ad esempio ai matrimoni): i beni sono
quindi accessori, il cui consumo serve a fare senso al flusso
indistinto degli eventi. La dimensione temporale dei beni si
rende quindi evidente nel momento in cui essi vengono
adoperati per segnare gli intervalli.
Il cibo, in particolar modo, è utilizzato per discriminare valori,
così come l'abbigliamento e lo spazio (la suddivisione, il tipo
di abitazione, le dimensioni, i limiti di accesso). I beni
rappresentano quindi la parte visibile della cultura, che
chiarifica gerarchie ed esplicita i criteri di discriminazione o
inclusione.
Anche i consumatori solitari, pertanto, adottano
inconsapevolmente le regole di sequenza per tenersi in
esercizio e come rito commemorativo.
I beni rendono quindi chiari i giudizi che intervengono nei
processi di classificazione che rendono l'universo intellegibile
grazie alla collaborazione degli individui. Ognuno deve quindi
garantirsi la partecipazione altrui ai propri rituali e la propria
ai rituali altrui, per poter confermare la validità della scelta
dei beni di consumo. Di essi l'individuo si servirà poi per
raccontare qualcosa su di sé o esprimere adesione o
dissenso, mettendosi a volte in competizione con gli altri o
accordandosi con loro per attribuire grande importanza ad
alcuni eventi e meno ad altri, causando la continua