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XVIII
Il periodo dello jus commune è ricordato da chi spera nell’unificazione dei diritti a livello di
Europa, o almeno all’interno dell’Unione Europea. Il diritto romano comune rimase una tradizione
culturale transnazionale piuttosto unitaria, accanto alle quali vivevano isole di diritto locale
disuniforme: questi non erano considerati come diritti eccezionali, piuttosto come grandi categorie
ordinanti il diritto comune che operano una metamorfosi delle idee originarie, attraverso una rete di
concetti classificatori che fanno perdere di significato alle visioni popolari e alle consuetudini.
Questo è imputabile in gran parte alla traduzione dal latino nelle lingue locali delle terminologie
giuridiche contenute nei testi e documenti scritti.
6.9 Il Giusnaturalismo
Tra il XVII e il XVIII secolo la Seconda Scolastica e la Scuola del Diritto Naturale fondarono un
movimento ideale cosmopolita che si interesso al fondamento etico delle regole giuridiche e
due fattori furono particolarmente rilevanti per il suo successo:
• Destino di perdita di influenza nel corso del tempo dell’autorità del Corpus Juris
L’autorevolezza del testo originario viene intaccata dalle interpretazioni medievali e moderne e
dalla comparsa di altre traiettorie culturali: divenne quindi necessario rifondare la categoria
universale di giustizia sulla base di un’etica comune, piuttosto che su un’autorità
comunemente riconosciuta.
• Vicende storiche dell’Europa continentale
Il XVII secolo in Europa è costellato da una serie di lotte religiose che scaturiscono dal
contrasto tra Riforma Protestante e Controriforma Cattolica: il modo per mantenere un dialogo
a livello di diritto tra le due parti consisteva nel cercare di preservare uno spazio per i diritti e le
regole fondandoli su una base morale non legata alla teologia; questo avvenne grazie a Ugo
Grozio che ancorò le regole di diritto al riconoscimento della razionalità intrinseca negli esseri
umani: si sviluppa così un’etica sociale autonoma dalla visione religiosa e fondata su
un’analisi sostanzialmente antropologica della condizione dell’uomo occidentale.
Le energie intellettuali della Scuola si concentrarono sul rapporto tra diritto naturale e diritto
positivo vigente: lo scopo dei Giusrazionalisti era scoprire le ragioni fondamentali dell’esistenza
delle regole e degli istituti giuridici vigenti, per questo verranno reintrodotte domande circa il che
cos’è una società giusta e il relativo sistema giuridico. Il diritto torna ad essere pensato nel
contesto della filosofia morale e il Giusrazionalismo contribuì a riorientare la coscienza europea. La
sistematica giusrazionalista e il suo carattere innovativo fornirono un modello per la codificazione
del diritto. uno dei grandi meriti del Giusnaturalismo è quello di aver elevato il sentimento del diritto
soggettivo da componente dello spirito signorile a centro della costruzione dogmatica della scientia
juris e di averlo posto al centro della scala di valori in cui si riconosce la civiltà giuridica europea.
6.10 La crisi del diritto comune
Nel XVIII secolo si assiste a una grossa crisi del diritto comune che si sviluppò sotto due
aspetti: crisi di legittimità e crisi di funzionamento, che sono strettamente collegate tra di loro. In
questo secolo gli apparati di giustizia erano la conseguenza di riforme del XVI secolo quando i
sovrani arruolavano i giuristi affinché riformassero e accentrassero l’amministrazione degli Stati in
un’ottica antifeudale: si assiste alla creazione di Corti Supreme o Grandi Tribunali con funzioni
giurisdizionali e amministrative, oltre che di controllo della legalità statuale. In questo panorama i
giuristi acquisirono indipendenza dal sovrano, arrivando a contrastarne l’azione.
6.11 L’ideologia della legislazione
La giurisprudenza delle corti dell’antico regime era raffinata, accorta e sapeva decidere
secondo ragione: essa non aveva carattere locale e infatti i giudici dei grandi tribunali erano stati in
grado di mantenere aperti i canali di comunicazione con gli altri tribunali, mantenendo intatto il
sentimento di unità del diritto europeo fondato sulla tradizione comune. Tuttavia non si poté
salvaguardare la continuità del sistema che non si dimostrava disposto ad apprendere e nel
Settecento continuava a mettere in pratica gestione e azioni messe a punto nel Cinquecento.
6.12 Le codificazioni illuministiche
L’Illuminismo ha frantumato il suo programma cosmopolita quando è entrato in contatto con le
diverse autorità politiche nazionali, ma anche dove riuscì a influenzare l’apparato legislativo fu
necessario attingere dal sapere pregresso: si formarono così codici che al loro interno avevano
assaggi sia dei programmi riformatori, che del sapere giuridico pregresso. Inoltre ogni Paese cercò
di adattare questi nuovi ordinamenti alle sue necessità.
7. Il modello francese
7.1 Il modello francese in prospettiva storica
Il modello francese ha trovato la sua compiuta espressione nel tempo della Rivoluzione
nell’Impero Napoleonico, aggiudicandosi lo status di modello visto che è stato preso come
esempio anche in molti Paesi che non sono la Francia.
L’organizzazione giuridica francese è il frutto di una lunga esperienza storica che ha plasmato
una mentalità per cui i singoli elementi del sistema sono coordinati e questo origina delle
implicazioni, riconoscibili solo all’interno di questa rete di rapporti. Il Regno di Francia è stato lo
strumento intellettuale che permette di capire perché questo modello ha avuto successo solo in
determinati Paesi, tuttavia c’è una forte discrasia tra l’esperienza francese originale e quella
vissuta nei Paesi che hanno tentato di imitare questo modello, senza riuscire a riprodurlo nella sua
interezza e spesso anche in maniera distorta.
Nel modello originale l’anello di congiuntura tra il diritto proclamato e quello operativo è
costituito da un’identità culturale storicamente condizionata e capace di orientare verso soluzioni
che appaiono naturali solo a chi è partecipe del modello e questo è dovuto in buona parte alla
storia del Paese, nato inizialmente come unità territoriale nell’attuale regione dell’Ile de France e
poi allargatosi al resto del Paese attraverso un processo di riaggregazione sotto una monarchia
ereditaria, in totale contrapposizione al modello feudale vigente nel resto d’Europa.
7.2 Stato, ordine e legge nella tradizione francese
In questo quadro è possibile distinguere due panoramiche diverse: l’ampliamento del potere
regio comportava un aumento dell’imposizione fiscale, ma allo stesso tempo si assisteva a un
dispiegarsi di ordine e certezza del diritto; l’assottigliamento del potere regio aveva come
conseguenza disordine, guerre, scorrerie e brigantaggio. Si parla di andamento a cicli storici che
diedero origine a un pensiero diffuso tra la popolazione: un re forte era sinonimo di sicurezza,
prosperità e crescita economica, gloria militare all’estero; un re debole significava regresso socio-
economico e intervento straniero in Francia.
In questo contesto si affermò la scientia jusris che permise di cogliere la dimensione di legalità
nella capacità di promuovere un’organizzazione pubblica ottimale in cui i comandi dall’alto
trovassero esecuzione alla base: nel XVI secolo i sovrani francesi invitarono i giuristi a comporre
corti di giustizia e amministrazione che presero il nome di Parlements, di cui i primi erano quello di
Parigi, di Toulouse, di Bordeaux e di Provence e erano formati da tecnici del diritto che non
rappresentavano più gli interessi della comunità e del reame, ma avevano solo funzione
giurisprudenziale e amministrativa; tra il 1515 e il 1775 vennero formati altri otto Parlements che
avevano al loro servizio giuristi formati nelle migliori scuole di diritto francesi, come la Scuola dei
Culti.
La politica di reclutamento dei funzionari e dei parlamentari tra i giuristi permise la formazione
della cosiddetta nobiltà di toga, in contrapposizione alla nobiltà di spada costituita dai vecchi
feudatari; ben presto la nobiltà di toga riuscì ad assumere un buon grado di autonomia, tanto che
spesso si opponeva al sovrano, contrastando il principio per cui la discrezionalità politica spettava
solo al re.
La politica accentratrice portò i sovrani francesi a codificare le costumes, ossia il diritto
consuetudinario locale che divideva la Francia in due grandi aree separate a grosso modo dalla
linea immaginaria tra Ginevra e Bordeaux: a nord id questa linea vigevano consuetudini locali
spesso di tradizione germanica, mentre a sud della stessa vigeva il diritto romano comune. Le
cotumes rimandano all’idea tipicamente medievale per cui ognuno è libero di vivere secondo la
propria legge e la loro codificazione era espressione del fatto che il sovrano aveva il compito di
controllare le fonti del diritto e eventualmente apportare modifiche prima che queste vengano
promulgate in forma di decreto. Questo processo ebbe più influenza sull’unità linguistica del
Paese, piuttosto che su quella giuridica. Il diritto romano comune si scontrava con il droit commun
cotumier.
Con l’avvento dei Borbone alla fine del XVI secolo l’accentramento monarchico viene affidato a
un corpo di funzionari regi che coprivano un incarico statale all’interno di una struttura gerarchica
piramidale: al vertice si trovava un ministro responsabile delle attività del suo dicastero, mentre alla
base c’erano una serie di funzionari. Con l’avvento del Re Sole a metà del XVII secolo questa
politica regia incontra il suo apogeo: tre celebri ordinanze riformarono la procedura civile, la
disciplina dei commerci e la navigazione marittima; in seguito altre ordinanze in forma legislativa
33
modificarono la disciplina delle donazioni, dei testamenti e delle sostituzioni fedecommissarie .
7.3 Fratture e continuità nel momento rivoluzionario
33 All’interno di un testamento viene nominata una persona che sorveglierà i beni di chi scrive il testamento,
per poi consegnarli all’erede scritto sul testamento una volta che l’autore del testamento sarà morto.
Il tentativo dei Borbone di centralizzare il potere amministrativo e di riformulare il diritto
attraverso leggi non ebbe totale compimento in quando verso la fine dell’ancien regime la
monarchia ebbe timore a stringere un’alleanza con i ceti emergenti e gli intellettuali che per certi
versi erano irreligiosi e questo poteva compromettere la sacralità del trono. Nacque così l’alleanza
tra la monarchia e la nobiltà feudale, da cui scaturì una tollerante indecisione nei confronti dei
parlamenti, co