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Estratto del documento

II FASE

E’ caratterizzata dall’impiego di un crescente numero di grafemi che presentavano polivalenza di fase (prestito fonetico)

o polivalenza di suono (estensione semantica).

L’adozione del prestito fonetico e dell’estensione semantica si risolse in un duplice vantaggio:

- consentì di contenere la crescita numerica dei grafemi,

grazie all’associazione di nuovi significati a caratteri già esistenti

- liberò le potenzialità del sistema:

una volta spezzato il vincolo pittografico che fin dalle origini aveva unito segno e significato divenne possibile

esprimere per iscritto qualunque parola della lingua, compresi gli elementi di senso grammaticale più astratto

(nascita di nuovi grafemi)

Il ricorso a questi due procedimenti aveva la pecca di produrre il moltiplicarsi di caratteri ambigui, ovvero

unità che nella stessa forma grafica si trovavano a rappresentare:

- medesimo suono e significati diversi

- significati collegati e suoni diversi

Per ovviare all’inconveniente si ricorre all’aggregazione di elementi grafici secondari al carattere primario ambiguo.

Elementi aggiuntivi → caratteri pittografici esistenti trovano impiego come chiavi semantiche con cui differenziare

grafemi omofoni

III FASE

L’impiego di elementi grafici ausiliari inaugura la transizione della scrittura cinese alla sua terza fase.

L’abbinamento di componenti fonetiche (xingsheng)(portatrici di informazione fonetica) e

componenti semantiche (portatrici dell’indicazione semantica) in un stesso grafema,

si rivelò un principio di formazione dei caratteri così efficace da non tardare ad affermarsi come metodo più produttivo.

La stragrande maggioranza dei caratteri cinesi è costruita in questo modo.

La scrittura cinese portò a compimento il suo sviluppo evolutivo

Il traguardo fu raggiunto nel XIII secolo a.C, come testimoniano le iscrizioni oracolari che nel loro lessico già

contengono:

- tutti i tipi di caratteri

- simboli imitativi, indicativi e associativi (tipici della prima fase di sviluppo → fase pittografica)

- prestiti fonetici e pseudosinonimi (propri della seconda fase → fase della polivalenza, di suono o di senso)

- composti fonetici formati per abbinamento di elementi portatori di suono componenti indicatori di senso

(caratteristici della terza fase → fase di aggregazione)

Il cammino evolutivo della scrittura cinese nella realtà dei fatti non dovette però essere così sequenziale e lineare.

La seconda e la terza fase furono probabilmente in ampia misura simultanee, visto che non pochi grafemi sembrano

aver saltato l’una o l’altra fase e molte unità sembrano invece, averle ripercorse più volte.

6) Variabilità ortografica e codificazione delle varianti

Testi manoscritti su giada, legno, bambù e seta rinvenuti in alcune sepolture databili al V secolo a.C. e altre ai secoli III

e II a.C., consentono di osservare nella scrittura del tempo un certo grado di variabilità ortografica, che appare evidente

se si confrontano manoscritti ritrovati e i medesimi testi nella versione trasmessaci dalla tradizione.

La variabilità nella grafia delle parole significava variabilità degli indicatori semantici a fronte del mantenimento

dell’informazione fonetica, dato che anche il componente fonetica poteva talvolta essere sostituito da un omofono.

La scrittura al tempo non imponeva un rigido rispetto della scrittura dei caratteri.

Ciò che contava era la possibilità di identificare, attraverso il suono, la parola che, nel dato contesto, i grafemi stavano a

rappresentare, a prescindere dal loro specifico significato e aspetto grafico.

Era evidente nella grafia un diverso grado di variabilità:

alcune parole erano connotate, nella loro forma scritta, da strutture abbastanza stabili,

altre presentavano invece notevoli discrepanze

Un certo ruolo, in questa situazione di flessibilità grafica è probabilmente da attribuire all’influenza esercitata dalla

cosiddetta “scrittura popolare”, caratterizzata da una tendenza alla semplificazione dei grafemi maggiori rispetto alla più

rigida “scrittura ormale”.

Proprio la mancanza di uniformità e la relativa libertà nella grafia delle parole, finì per risultare un impedimento,

capace di inibire sul nascere una eventuale trasformazione della scrittura cinese in senso fonetico.

Tanto solida e funzionale si rivelò nei grafemi cinesi la saldatura tra suono e significato, da rendere difficile anche solo

concepirne la scindibilità e un eventuale sistematico impiego desemantizzato.

EVOLUZIONE GRAFICA DEI CARATTERI (prima pagina rec lezione Corsi del 6 dicembre)

Nell’arco della loro storia documentata, i caratteri cinesi hanno attraversato vari stadi evolutivi nel corso dei quali

hanno conosciuto cambiamenti che ne hanno alterato struttura e aspetto grafico.

Il lento cammino è stato condizionato ampiamente nel tempo, dall’interazione di due forze:

- una spingeva in direzione di una sempre più marcata semplificazione delle linee

- una operante a favore della codificazione di forme stabili, unicamente riconosciuto e accettate.

La storia evolutiva dei caratteri può essere ricondotta a 6 tappe, di cui:

- 4 (grafia delle iscrizioni oracolari, grafia delle iscrizioni su bronzi, grafia del grande sigillo, grafia del piccolo sigillo)

rientrano nella grafia antica - 2 (grafia degli scribi, grafia regolare), rientrano nella grafia moderna.

La riforma della scrittura risale al 221 a.C quindi al periodo dell’unificazione cinese, in cui si è cercato di semplificare e

contenere il processo di proliferazione del lessico, questa non riguarda solo la semplificazione dei caratteri.

L’atto di aggiungere la punteggiatura di un testo risale anche all’epoca romana, questo avviene in forma limitata durante

l’epoca classica e si accentua durante il medioevo con la nascita della lettura silenziosa.

Che cos’è la scrittura si crede sia la registrazione di ciò che viene comunicato nella lingua, quindi che abbia un ruolo

secondario rispetto alla lingua stessa.

Se la scrittura è dipendente dalla lingua, come si spiega che esistano culture che non abbiano mai avuto bisogno di

mettere per iscritto ciò che si comunica? riguardo il Giappone, nessuno diceva che si trattasse di una cultura

inferiore, furono i monaci buddhisti e coreani che penetrando nel Paese introdussero i testi classici del buddhismo e la

stessa scrittura, quindi le culture possono svilupparsi senza bisogno di scrivere in quanto questo aveva una cultura

avanzata anche senza scrittura. Olson sostiene che il registro comunicativo e quello critto si sviluppando

indipendentemente l’uno dall’altro e non possiamo ritenere che il registro scritto sia la trascrizione fedele di quello orale

poiché esistono delle dimensioni valide nell’oralità che non possono essere trascrivibili in quella scritta come accenni,

interiezioni ed i modi di porre le questioni.

Le prime forme grafiche nascono dal XIII-XI secolo a.C. anche se durante il terzo millennio (fig. 1-6) iniziano a

comparire delle figure semplici e simboliche che consentivano un riconoscimento di ci che raffiguravano. Abbiati fa

un’affermazione in contrapposizione alla tesi sostenuta da Olson dicendo che (pag.27): per scrittura s’intende la

rappresentazione grafica degli enunciati della lingua quindi delle parole usate nel linguaggio parlato, in

contrapposizione al pensiero di Olson che sostiene che il sistema di scrittura evolve in modo indipendente per

rispondere a necessità indipendenti le quali non sono vincolate o dipendenti dalla dimensione comunicativa della lingua.

I primi documenti scritti li troviamo sulle ossa oracolari i cui testi concernano la registrazione di episodi di carattere

divinatorio e rituale volte a conoscere le profezie belliche o sul raccolto, la stagione e tutto ciò che fa riferimento

all’agricoltura (XIII-XI secolo a.C.). Riguardo i listelli di bambù si parla di protolibri perché i suoi testi presentano un

inizio, sviluppo e fine.

I progenitori Shang erano in possesso dello “ce dian” in cui il carattere dian indica i listelli di bambù nella parte

superiore, mentre in quella inferiore troviamo due mani che offrono un libro. La scrittura non nasce solo per registrare

le parole ma per esigenza di carattere rituale e di mettere per iscritto ciò che viene comunicato dagli spiriti, questi sanno

leggere quindi la comunicazione con questi deve avvenire in modo scritto, il che è testimoniato dalla presenza del

carattere dian ( )

Processo formativo dei caratteri ed evoluzione della scrittura (pag 31) tre fasi vengono identificate dalla Abbiati:

una fase pittografica (corrispondente alle idee che volevano essere espresse), una polivalente ed una che rappresenta

l’aggregazione dei caratteri prodotti nelle fasi precedenti. La prima fase coincide con la nascita della scrittura dove la

formazione delle unità grafiche è basata sulla rappresentazione degli oggetti e sulla raffigurazione di nozioni astratte, la

loro combinazione prevede l’evoluzione delle forme grafiche come unità semantiche e fonetiche. I raggruppamenti dei

caratteri in 6 tipologie, bisogna dire che queste tipologie ancora valide, vengono proposte nel primo dizionario cinese

“Shu wen jie zi”risalente al 100 d.C. il che può stare ad indicare di nuovo l’esigenza di sistematizzazione dei caratteri.

Le 6 tipologia di pittogrammi: la prima è “immagine e forma” a cui appartengono quelli di pag 32;

la seconda è “simboli indicativi zhishi” come i numeri, i caratteri che indicano le relazioni spaziali e quelli che

indicano/aggiungono un tratto significativo ad un’unità che apparteneva alla prima categoria simbolica, questa categoria

indica caratteri in stato di allontanamento dal pittogramma che si riferisce direttamente all’oggetto; il terzo gruppo

“simboli associativi huiyi ” .

Nelle prime due fasi troviamo unità grafiche singole, nella terza queste si associano. Le associazioni possono essere di

tipo semantico fonetico e semantico e fonetico.

1) Le grafie antiche

La forma più antica di scrittura cinese è quella attestata nelle iscrizioni su ossa oracolari (jiagwen), di animali e su

piastre e corazze di tartaruga

Le ossa oracolari sono state rinvenute in gran numero nel 1899 nel sito dell’ultima capitale della dinastia Shang, in

provincia dello Henan. Successivamente sono state ritrovate anche in altre province della Cina Settentrionale.

Consentono di affermare con certezza che la lingua orale era una varietà di cinese e che cinesi erano coloro che di

quella lingua e di quella scrittura facevano uso.

Tali iscrizioni rivelano una scrittura matura.

Scrittura caratterizzata da grande concisione e stringatezza, capace di registrare la lingua del tempo

Dettagli
Publisher
A.A. 2018-2019
20 pagine
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-OR/21 Lingue e letterature della cina e dell'asia sud-orientale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher mi.na.23 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Sinologia e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Roma La Sapienza o del prof Corsi Elisabetta.