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La lingua cinese hanyu è una delle lingue più antiche parlate. Ha conosciuto un'evoluzione di millenni,
grazie ai gusci di tartaruga con delle iscrizioni, possiamo documentarne la storia fin dall'epoca della
dinastia Shang.
Ha conservato però conservato la propria identità grazie all’unità e alla continuità storica che hanno
contrassegnato la civiltà di cui era espressione.
La lingua come fattore di continuità
Identità linguistica e continuità storico-culturale sono aspetti della civiltà cinese strettamente connessi
tra loro, causa e effetto l'una dell'altra.
La peculiarità più evidente della lingua cinese scritta è rappresentata dalle unità del suo sistema di
scrittura; ogni carattere corrisponde grammaticalmente a un morfema e fonologicamente a una sillaba.
Non contengono precisazioni del suono e non sono sensibili alle trasformazioni che si sviluppano nella
pronuncia, ciò significa che un testo scritto cinese può essere letto e compreso indipendentemente dallo
specifico dialetto parlato dal singolo.
La lingua scritta, nonostante le varianti geografiche e dialettali, svolge un'opera di aggregazione e ed è
un importante simbolo di identità etnica e culturale.
Esercitò un ruolo fondamentale nel processo di unificazione dell'impero e nel mantenimento dell'unità;
una scrittura di tipo alfabetico avrebbe infatti portato ad una disgregazione culturale, così come era
avvenuta nell'Europa medievale.
Il potere unificante della scrittura cinese fu così forte da operare anche fuori dai confini dell'impero in
aree come Corea, Giappone e Vietnam.
Lingua scritta e lingua orale
L'indipendenza della scrittura cinese si rivelò un fattore determinante di unità e di continuità anche
perchè facilitò l'impiego di una lingua letteraria: wenyan che si è modificata ben poco nel corso dei
secoli.
La lingua dei testi di epoca Zhou corrisponde alla lingua parlata al tempo.
La separazione tra scritto e orale cominciò a profilarsi in epoca Han, quando venne codificata.
Sotto gli Han le differenze tra la prosa dei secoli precedenti e lo stile letterario del tempo si erano fatte
manifeste e erano sorte varie scuole per lo studio del testo antico (guwen) opere risalenti all'epoca
Zhou, la gran parte delle quali era andata distrutta nel rogo dei libri del 213 a.C voluto da Qin Shi
Huangdi.
Il decreto con cui si ordinava che tutti i testi antichi venissero bruciati, fu emanato dal fondatore del
primo impero nel tentativo di cancellare il ricordo del passato.
Dopo la caduta della dinastia Qin venne meno il divieto di possedere biblioteche private e quindi,
cominciarono a tornare alla luce volumi salvatisi dalla distruzione.
Il confronto tra i testi originali e quelli scritti in epoca Han mise in luce le differenze linguistiche,
inducendo i letterati a uniformarsi ai grandi maestri del passato.
Sul cinese classico fu modellato il wenyan (cinese letterario) che era quindi una lingua artificiale di
imitazione nata in epoca Han, la cui distanza dalla lingua orale andrà progressivamente aumentando; il
wenyan, a confronto della lingua orale che si evolveva in maniera naturale, asumeva un carattere
sempre più arcaicizzante.
Come il latino nell'Europa medioevale, il cinese letterario fu un veicolo esclusivamente scritto,
impiegato parallelamente alle varietà orlai della lingua.
In Cina si venne consolidando una vera e propria tradizione scritta caratterizzata da una vera e propria
stratificazione testuale.
L'acceso ai testi era circoscritto ai pochi che erano in grado di cogliere le allusioni, i riferimenti, le
citazioni che costituiscono parte integrante del wenyan..
In Cina si stabilì uno stretto legame tra potere politico e testo scritto, questo legame rappresenterà una
costante nella storia della civiltà cinese.
La figura del letterato era investita di un prestigio indiscusso, grazie alle sue competenze che gli
permettevano l'accesso ai testi scritti .
Il wenyn costituì il fattore che operò a favore della continuità linguistica e storica della civiltà cinese.
Un altro contributo non marginale fu dato anche da un altro stile scritto basato sulla lingua parlata
nelle regioni settentrionali: baihua o "lingua piana".
Questo stile vernacolare trovò impiego nella produzione narrativa e teatrale; nonostante si basasse sul
dialetto specifico di un'area geografica non vide mai lo sviluppo di altre varietà regionali.
Il successo ottenuto dal baihua, che si impose in tutto il paese, consentì alla Cina di non incorrere in
quello che era successo in Europa dove il latino medievale, venne sostituito da varietà linguistiche
locali.
In Cina, dunque, per quanto riguarda lo stile scritto, fin dai tempi antichi si è tramandata una lingua
letteraria, il wenyan, che si potrebbe definire standard, alla quale si è affiancata il baihua.
Per quanto riguarda la lingua parlata, furono in uso, oltre ad una molteplicità di dialetti, una serie di
lingue franche non ufficiali che consentivano la comunicazione orale tra i funzionari dello stato,
provenienti da aree geografiche diverse.
Si basavano su alcune varianti colte del dialetto parlato nella regione in cui di volta in volta veniva
insediata la capitale dinastica, la stessa varietà dialettale fissava in genere anche la pronuncia che
veniva considerata raffinata e adatta quindi per la recitazione dei testi classici e per la composizione di
versi.
All'epoca delle dinastie straniere dei Liao e degli Yuan, che stabilirono le loro capitali nell'area
dell'odierna Pechino, cominciò a svilupparsi il guanhua "lingua dei funzionari" o "lingua mandarina",
dalla quale la lingua standard trae le sue origini.
Questa lingua franca venne impiegata diffusamente a fini amministrativi a partire dal XV secolo.
La formazione della lingua moderna
All'inizio dell'attuale secolo, la situazione linguistica si presentava estremamente complessa: la lingua
cinese era differenziata in un insieme di stili scritti e forme orali e nessuna delle quali rappresentava
una vera lingua nazionale in grado di soddisfare le esigenze del Paese.
Tra tutte le varietà del cinese parlato, l'unico che, attraverso il guanhua, godeva di una sorta di
diffusione nazionale era il dialetto di Pechino; la capitale era stata il centro dell'amministrazione
imperiale nel corso degli ultimi secoli e il suo dialetto aveva acquisito una preminenza quale forma più
elegante e raffinata del cinese orale.
Lo stile corrispondente al dialetto settentrionale: baihua vantava di una tradizione letteraria ormai
secolare e una ricca produzione di testi teatrali, era guardata con disprezzo dai letterati di formazione
confuciana i quali lo ritenevano volgare, del tutto inadeguato a esprimere concetti ed emozioni
profondi.
La lingua di alta cultura continuava a essere il wenyan, modellato su quello dei classici confuciani, con
il quale la maggior parte delle opere letterarie e filosofiche erano stese.
Il wenyan rappresenta la forma più prestigiosa del cinese, al di sopra di tutti i dialetti, era però una
lingua d'elite, non era alla portata delle grandi masse di popolazione. Oltretutto costituiva un veicolo
esclusivamente scritto.
Il wenyan preserva l'originario elenco monosillabico della lingua classica, al contrario della lingua viva
che faceva largo uso di composti polisillabici.
Esordi del dibattito sulla lingua
La nascita della lingua cinese moderna trovò le sue premesse nel processo di globale cambiamento
politico, sociale e culturale avviatosi in Cina a seguito dei primi contatti e conflitti del secolo scorso
con il mondo occidentale moderno.
L'impatto con il l'occidente, a partire dalla prima Guerra dell'oppio rese sempre più evidente
l'inadeguatezza della situazione linguistica di fronte alle esigenze poste dall'auspicato processo di
ammodernamento. Il desiderio di riformare la lingua fu un riflesso diretto del disgregarsi della struttura
sociale ed economica della vecchia Cina.
Lo sviluppo di una lingua standard non è mai disgiunto da istanze politiche , in una società rurale ha
scarsa rilevanza che i contadini sappiano leggere e scrivere, ma una società che vuole svilupparsi e
mettersi al passo con il progresso rende intollerabile una situazione di bassissima alfabetizzazione.
Si rivelava essenziale affrontare la questione dell'accesso alla lingua scritta, negato alla stragrande
maggioranza della popolazione.
Il problema linguistico richiedeva una duplice soluzione : la promozione di un nuovo standard scritto e
la codificazione di una forma orale che potesse servire quale strumento comune di comunicazione.
Le prime proposte di riforma vengono formulate a cavallo tra il XIX e il XX secolo. Quella che godette
di maggiore successo e riuscì per breve tempo a ottenere l'appoggio delle autorità fu il guanhua zimu o
alfabeto della lingua dei funzionari, elaborato da Wang Zhao.
Era modellato sull'alfabeto giapponese katakana, era costituito da 61 segni derivati da componenti
semplici di caratteri cinesi. Venne presentato per l'approvazione nel 1900 ma venne bocciato.
Definizione di una norma orale e diffusione di uno standard scritto
Le condizioni si modificarono quando, dopo la rivoluzione del 1911 si diffuse tra gli intellettuali
progressisti il convincimento che la salvezza e la rinascita della Cina stessero nel rifiuto globale della
tradizione e nella rifondazione del paese su nuove basi, ampiamente ispirate all'Occidente. Da tutti era
sentita la necessita di una rottura radicale con il passato.
L'opportunità che i riformatori attendeva si presentò nel febbraio del 1913; il nuovo Ministro
dell'Educazione convocò a Pechino una conferenza nel corso della quale si sarebbe fissata la pronuncia
standard dei caratteri e si sarebbe elaborato un sistema di trascrizione fonetica su cui registrare la
pronuncia codificata e promuovere la diffusione della lingua nazionale.
La conferenza si svolse tra accese polemiche e vide un vivace confronto di posizioni assai diversificate.
La definizione di una norma fonetica presentava le difficoltà in qualche modo paragonabili a quelle che
avrebbe incontrato l'ipotetica scelta di una lingua orale comune nell'Europa dell'anno 1000.
I lavori della conferenza si conclusero con l'approvazione di una risoluzione nella quale veniva
codificata, come pronuncia standard, una sorta di "compromesso interdialettale".
Si sollecitava la pubblicazione di un dizionario Guoyin cidian che avrebbe registrato la forma fonetica
corretta dei caratteri mediante un sistema costituito da 39 segni derivati dai componimenti semplici di
caratteri cinesi (il sistema fu denominato guoyin zimu e a partire dal 1930 fu des