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Peirce. Hanno radici culturali e prospettive diverse perché la semiologia dal punto di vista
europeo è lo studio della forma strutturale del segno, la semiotica, invece, mette in mezzo la
materia, la forma, la sostanza, l’interpretazione. Quindi, fino ad un certo la semiotica
strutturale di Hjemslev era stata accusata di non dare spazio alla sostanza,
all’interpretazione, di essere acida e fredda; in realtà non è vero che in Hjemslev manca
l’interpretazione, che lo strutturalismo pensa solo alla langue, ecc. E’ preferibile dire
semiotica glossematica piuttosto che semiotica strutturale perché la semiotica glossematica
nasce propriamente dall’epistemologia, dallo spirito scientifico di Saussure e Hjemslev e in
questo modo la si distingue da una più generica semiotica strutturale tipica di Greimas,
anche conosciuta come semiotica generativa; si chiama così perché Greimas parla di
generazione dei livelli del testo, concetto che riprende da Chomsky e la sua grammatica
generativo-motivazionale che è di tipo matematico.
Secondo la semiotica Saussuriana e Hjemsleviana non ci può essere una forma del contenuto
senza che ci sia una forma di espressione e viceversa perché la semiotica lavora su 2 piani:
piano dell’espressione e piano del contenuto (significante e significato). Mosca è una forma
di contenuto strettamente connessa alla forma dell’espressione mosca, che può essere
l’italiano, il francese, un disegno, ecc. La funzione semiologica è una funzione tra 2 costanti.
Il contesto è una sostanza, per cui se c’è una mosca è il contesto che mi dice che si tratta di
quella cosa lì. Bisogna partire dalle lingue vive e da queste trarre le regole generali che
presiedono al funzionamento della comunicazione linguistico verbale. Hjemslev, insieme
all’amico linguista danese, ha scritto un resumé per riassumere il suo pensiero. Avevano
glossematica
elaborato la teoria chiamata perché andava alla ricerca degli elementi ultimi di
un termine, di una entità linguistica. Per questo motivo i linguisti hanno chiesto a Hjemslev
di scrivere qualcosa che chiarisse ciò che lui ha scritto. Questo resumé non l’ha pubblicato,
ma solo fatto circolare tra i suoi colleghi dell’università. Ha scritto poi La stratificazione del
linguaggio che ha chiarito e completato la sua teoria. Quindi Hjemslev attribuisce molta
importanza non solo alla forma ma anche alla sostanza e parla di una sostanza-materia. Le
lingue hanno una materialità, non galleggiano nel vuoto, vivono in contesti, non sono
astratte, esistano solo nel momento in cui vengono espresse foneticamente e la voce è
qualcosa di corporeo. La sostanza è sempre materiata, produce una certa interpretazione e
questa non è a sua volta sospesa nel vuoto ma ha radici. La definizione che Hjemslev dà di
materia è una entità costituita da una classe di variabili, le parti che la compongono si
chiamano livelli. Egli divide il segno di Saussure in 4 (da significante e significato ne ha
ricavato 4 strati): analizzando e scomponendo la sostanza ha trovato i livelli L1, L2 ed L3, che
non sono messi l’uno accanto all’altro, hanno dei rapporti tra di loro, determinazioni,
livello della valutazione sociale
dipendenze. L1 è il ma anche dell’interpretazione. Es.:
mucca per noi occidentali è un animale da latte, per gli indiani è un animale sacro. Questa
livello sociobiologico
diversa valutazione viene determinata da L2, che viene chiamato ed
livello fisico.
L3, che è il Quindi fisicità e biologicità vanno a determinare la valutazione
sociale: in questo modo entra la materia nella sostanza, per cui tra essi non c’è un muro ma
una interconnessione ed essi sono parte integrante della scienza del segno che è costituita
dalle 2 funzioni di determinazione e interdipendenza. Questa è la prospettiva di Hjemslev
che va verso la globalità.
Quindi c’è una doppia materialità, una fisica e una fenomenologica e all’interno di quella
fisica possiamo annoverare una materialità biologica cioè organica, vivente chiamata anche
materialità semiosica; all’interno di quella fenomenologica, invece, troviamo una
materialità culturale o semiotica (diciamo semiotica e non semiosica perché è l’uomo
l’unico animale semiotico). Quest’ultima è una intensificazione della materialità semiosica,
se non ci fosse quella non potremmo produrre semiotica. Glossematicamente la materia
semiosica è un’estensione che si infiltra in tutte le sue intensificazioni e, di conseguenza, la
materia semiotica è un’intenzione, una manifestazione; anche qui siamo in presenza di una
determinazione o di una interpretazione. Hjemslev dice che non c’è nessuna semiotica in cui
non compaia una parte non semiotica, tutti i segni sono corpi ma non tutti i corpi sono segni.
non è intenzionale,
Nella materia semiosica l’interpretazione la lettura che si dà del mondo
a livello biologico non è intenzionale, è automatica. Per es. un segnale come la spia della
benzina che indica la mancanza di benzina. La nostra materialità antroposemiotica, invece, è
intenzionale e come tale è ideologica (ideologia è valore). Quindi, secondo Hjemslev, la
materia è il senso, e il senso esiste indipendentemente da chi lo può o lo voglia vedere,
bisogna mettere soltanto il senso in condizione di significare. Greimas accresce tutte queste
problematiche sotto la spinta della fenomenologia. C’è un libro intitolato Segni in cui si
discute la semiotica e la semiologia saussuriana, lo ha approfondito e si sono aperti dei
canali notevoli con l’estetica, disciplina nata nel 700. Estetica letteralmente vuol dire
sensazione, percezione, si studia il ruolo che la sensazione, ha nella coscienza, nella vita degli
uomini. Senso, sensazione, sentimento se ha a che fare con la materialità, tutte quelle
componenti di cui abbiamo parlato con Hjemslev. Greimas dice che è estremamente difficile
parlare del senso e dire qualcosa di sensato su di esso. L’unico per mezzo per farlo sarebbe
costruire un linguaggio che non significasse nulla. In conclusione Hjemslev vuole fare dello
studio della grammatica, linguistica, uno studio che passi in un varco stretto tra la logica, la
filosofia. Il metodo che Hjemslev adotta per la teoria del linguaggio, che prende il nome di
glossematica, non è un metodo induttivo (dal particolare al generale) ma deduttivo ed
empirico (dal generale al particolare) e presentato da Hjemslev come valido non solo per le
lingue ma per tutti i segni (Qual è la forma del segno per Hjemslev? Non è la forma esterna,
è la forma interna, cioè la struttura di interdipendenza, determinazione, costellazione).
verbacentrismo + riduttivismo,
Hjemslev è stato accusato di cioè di ridurre la complessità
verbale alla semiosi. Tuttavia, tali accuse sono un dogma senza base. Hjemslev afferma che
le peculiarità della lingua sono i sistemi trasformazionali astratti, cioè esistono linguaggi
illimitati (ovvero quello storico-naturale) e limitati (linguaggio matematico) governati da
regole di funzionamento e costituiti da un numero limitato di elementi che ha un significato
distinto e univoco (solo uno). I linguaggi sono diversi dalle equazioni matematiche (che si
fanno sempre allo stesso modo) proprio perché hanno capacità di adattamento cioè si
adattano a qualsiasi situazione (es.: noi parliamo in modo diverso a seconda di quante
persone abbiamo davanti, 100 a 1) e traducono il senso. La struttura fondamentale del
linguaggio di Hjemslev dice che noi non possiamo tradurre una lingua storico-naturale in
formule matematiche ma viceversa possiamo spiegare una formula matematica con il
linguaggio storico-naturale. La traduzione si basa sulla lingua storico-naturale. Le lingue
lottano con l’inesprimibile finché non arrivano ad esprimerlo, non lo fanno subito ma passo
dopo passo in base alle situazioni comunicative, cognitive (anche quelle evolvono): questa è
onniformatività o onnipotenza semiotica delle lingue.
chiamata Non si può tradurre tutto al
100%, una smorfia o uno sguardo è difficile tradurlo in parole. Lo sguardo è un attimo,
presa estetica,
Greimas lo chiama la l’attimo irraccontabile. Le lingue non dicono tutto ma
onnitraducibilità.
traducono tutto, quindi più che una onniformatività c’è una Esse sono
capaci di tradurre tutto ma non tutto nello stesso tempo perché sono nella storia, nella
semiosfera,
società, nella cultura e senza la ovvero la sfera semiosica nella quale i parlanti
sono collocati e agiscono, hanno ben poco da dire. Questo concetto proviene dalla scuola
semiotica della cultura
semiotica di Moscatartu, dalla cosiddetta impostata da Lotman in
biosfera
Russia, è in analogia con il concetto di introdotto da un altro studioso russo,
Vernadskij: la biosfera è un meccanismo cosmico, è tutta la vita che sta non solo sulla terra
ma anche intorno e comprende tutto l’insieme della materia vivente; ha la funzione di
trasformare l’energia irradiata dal sole in energia chimica e fisica che viene utilizzata per la
trasformazione dell’inerte materia inanimata nel nostro pianeta, è uno spazio di materia
viva, considerata come un’unità organica, cioè un tutt’uno e quindi tutte le componenti
hanno bisogno l’una dell’altra per poter sussistere. Quindi all’interno della biosfera l’uomo è
semiosfera
una parte; successivamente individuiamo la e la semiosfera dell’umano, cioè
l’antroposemiosi, che è caratterizzata da un insieme di segni verbali e non verbali. Quindi c’è
il bios da una parte e il logos dall’altra, il segno biologico e il segno umano, non c’è
separazione. La cultura è un fatto delimitato, ci sono varie culture. Per Lotman una cultura si
contrappone con un’altra e cerca di tradurla, portarla verso di sé (distinzione fondamentale),
facendo lo stesso anche con ciò che è ritenuto non cultura. Così facendo una cultura pone
dei confini che delimitano ma uniscono nello stesso tempo, hanno un doppio valore. Nel
momento in cui delimita, unisce, non c’è separazione perché è sui confini che avvengono i
contatti con l’esterno. Il confine è un meccanismo bilinguistico che traduce le comunicazioni
esterne nel linguaggio interno della semiosfera e viceversa, quindi è un luogo di traduzione;
principio
la non cultura non è una non ma è un’altra cultura,