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NARRAZIONE
La narratologia è il ramo della semiotica che studia le caratteristiche e il funzionamento dei
testi narrativi, la sua ipotesi è che l’intera esperienza umana si organizzi secondo la logica del
racconto, non solo nel senso che gli umani hanno sempre raccontato storie ma anche perché
essi sembrano naturalmente portati a cercare un senso narrativo nelle cose che li circondano.
Che cos’è la narratività?
La narratività è un modo in cui gli umani sono portati ad organizzare i dati sconnessi
dell’esperienza, un frammento di esperienza che potrebbe sembrare insignificante, acquista
un senso quando gli si riconosce un ruolo all’interno di una catena narrativa (passante che
barbotta, forse il passante sta parlando con qualcuno di immaginario…). Allo stesso modo un
fenomeno sensibile può acquistare un senso narrativo se lo si inserisce in una catena
cronologicamente ordinata di cause ed effetti (fotografia di un uomo col braccio alzato, sta
per colpire qualcuno o salutare…). Un esempio della tendenza umana a creare narrazioni è
dato dall’effetto Kulesov: montando in 3 diverse sequenze la stessa inquadratura di un attore
(accostata ad una minestra, ad una bara, ad una bimba che gioca), egli chiese quale
espressione avesse l’attore e le risposte furono di fame, di dolore e di serenità.
Ciò dimostra che l’interpretazione di un segno dipende dal cotesto (ciò che viene prima e
dopo nel flusso comunicativo). Il legame che tiene insieme le due inquadrature è di causa-
effetto. Possiamo dire che il meccanismo della narratività è basato sulla nostra inclinazione a
interpretare la consequenzialità come causalità, ciò trasforma una sequenza cronologica di
eventi in una storia dotata di trama.
La molla della narratività è il principio del post hoc ergo propter hoc, ovvero dopo di ciò quindi
a causa di ciò, dovrebbe essere un principio fallace poiché non ci sono garanzie a priori che
due eventi consecutivi hanno una relazione di causa-effetto solo per il fatto di trovarsi sullo
stesso asse temporale, ma è proprio per questo che i testi narrativi funzionano (richiedono la
cooperazione di un interprete che tracci i raccordi causali dove non sono evidenti).
La closure è la saturazione degli impliciti narrativi di un testo (es. fumetto di McCloud), il
meccanismo grazie al quale lo spazio vuoto viene riempito, oltre ad essere inferenziale è
narrativo. Se è vero che il segno racchiude la somma dei suoi sviluppi possibili, certi sviluppi
sembrano più possibili di altri e tuttavia non è da escludere il colpo di scena.
La closure narrativa non riguarda solo i testi (fumetto e sequenza cinematografica) che sono
stati costruiti per essere interpretati narrativamente, basta decidere di attribuire senso a un
qualunque evento di interesse umano (il senso sarà narrativo).
Gli studi narratologici si fondano sull’ipotesi che in quanto animali sociali, siamo portati a
raccontare storie a noi e ad altri trasformando le nostre esperienze in stringhe di cause ed
effetti cronologicamente ordinate, attribuendo moventi e intenzioni agli individui coinvolti
nell’azione. Il principio della narratività talmente radicato nel nostro modo di pensare che è
iscritto nella grammatica delle lingue stesse se si considera che la forma sintattica della frase
racchiude un abbozzo di narrazione.
A cosa servono le storie?
La predisposizione umana a narrativizzare l’esperienza risponde a un bisogno adattivo
fondamentale, raccontare storie è una facoltà che ci permette di comunicare con gli altri sia
perché la narrazione crea legami di coesione sociale attorno ad uno stesso repertorio
narrativo, sia perché le storie insegnano a interpretare gli stati mentali degli altri e a reagirne
di conseguenza.
Miller, Galanter e Pribram avanzano l’ipotesi che il progetto è l’unità neuropsichica elementare
della consapevolezza e dell’azione umana, ovvero la struttura cognitiva minima con cui
rappresentiamo le azioni umane. I processi cognitivi che regolano le nostre azioni intenzionali
produrrebbero sequenze logicamente organizzate (progetti), registrate in memoria per
formare una sorta di inventario (che inciderà sull’esperienze successive) delle situazioni
problematiche di interesse umano.
All’origine di ogni progetto c’è qualcuno che vuole qualcosa per un motivo, questo qualcuno
escogita i mezzi per ottenere i propri obiettivi tenendo conto delle difficoltà e degli ostacoli.
Gli elementi costitutivi di un progetto sono: Agente, Situazione iniziale, Scopo non accessibile
da subito, Azione prevista per raggiungere lo scopo e Mezzi per realizzarla.
Possiamo definire l’essere umano come un animale progettuale che ha la capacità di
prefigurarsi degli scenari possibili alternativi rispetto a quello attuale e manipolare
mentalmente questi scenari in vista di obiettivi futuri (es. mentiamo sapendo di mentire).
La capacità di formulare progetti è una straordinaria capacità adattativa che ci permette di
controllare la realtà circostante, dominandola cognitivamente sia perché miglioriamo la nostra
abilità di anticipare il modo in cui la natura reagirà alle nostre azioni ma anche perché
impariamo a prevedere le reazioni degli esseri umani stessi.
Per assicurarci che i nostri progetti riescano c’è bisogno di un sistema interno di attese
consolidate circa ciò che ci si dovrebbe aspettare dagli altri in determinate situazioni, così
facendo diminuisce il rischio che insorga un evento imprevisto che potrebbe mandare i propri
progetti a monte. La facoltà progettuale umana oltre ad essere strumento di sopravvivenza è
quindi anche fonte di ansia e paura, infatti ciò che ci turba di più è un imprevisto
incontrollabile.
A questo punto interviene la cultura (nel senso dell’enciclopedia) che fornisce agli individui un
repertorio di schemi che riguarda le situazioni socialmente stereotipate.
Il repertorio narrativo fornisce un substrato comune di sceneggiature (fabulae prefabbricate)
che orientano il modo in cui membri di una certa comunità interpretano i comportamenti
propri e altrui, quindi ci si adegua ad un copione culturale che riduce il rischio di
incomprensioni.
La forza narrativa di una storia sta nella sua capacità di mettere in scena una violazione della
consuetudine sociale, infatti un ingrediente indispensabile nelle storie sono le peripezie
(mutazione degli eventi a causa di circostanze imprevedibili) dove il soggetto della narrativa si
trova di fronte ad un ostacolo, possiamo quindi dire che il grado di narratività che diamo ad un
testo sarà direttamente proporzionale all’imprevedibilità degli eventi raccontati.
A questo punto ci si può chiedere se abbiamo nel nostro cervello uno schema narrativo
profondo da cui scaturirebbero tutti i racconti, questa questione fa sfondo alle ricerche degli
anni ’60.
Analisi del testo narrativo
La narratologia strutturale è un filone di studi semiotici (ispirato dalla linguistica di Saussure e
da studi dei formalisti russi) che si interroga su ciò che fa di un testo un testo narrativo. La
teoria di fondo è che vi sia un’impalcatura logica comune che fissa determinati elementi
invariabili, che definiscono la natura narrativa di un testo. Quindi si tratterebbe di portare alla
luce la langue narrativa partendo dall’analisi concreta della parole, ovvero dei singoli racconti.
Si cerca di ricostruire una grande sintagmatica del racconto, cioè una storia tipo posta su un
piano generico e astratto.
Lo smontaggio della fabula: dai motivi alle funzioni narrative
I capostipiti della narratologia strutturale sono i formalisti russi che all’inizio del ‘900 hanno
inaugurato un modello di testo narrativo a livelli stratificati, dal più profondo e costante al più
superficiale e variabile.
Tomasevskij nel 1928 introdusse la distinzione tra fabula (catena di eventi collegati in senso
temporale e logico) e intreccio (insieme degli eventi nella successione data dal testo), in
alcuni generi narrativi semplici (fiabe) questi tendono a coincidere mentre nelle forme
narrative più complesse giocano sulle possibilità di scarto tra fabula e intreccio.
Andando più a fondo nelle strutture narrative si può rilevare l’esistenza di un unico modello o
schema compositivo da cui ne deriverebbe una molteplicità di fabulae, è ciò che fa Vladimir
Propp nella sua ricerca. Egli parte dal fatto che nella varietà del genere fiabesco sia possibile
trovare una struttura comune alle fiabe di magia, come prima cosa scarta gli intrecci poiché
sono poco sistematici dato che la stessa fiaba può essere inserita in una determinata
categoria a seconda del punto di vista prescelto. Egli decide di cercare i tipi fiabeschi a livello
degli elementi primari (divieto, danneggiamento, partenza, lotta, vittoria), le cui possibili
combinazioni danno luogo ad una varietà del repertorio fiabesco, questi elementi vengono
chiamati funzioni narrative e sono i mattoni primi della storia.
Le funzioni sono ad un livello più profondo della fabula poiché sono svincolate dai singoli testi
che le contengono, si tratta delle azioni che i personaggi compiono che compaiono con
regolarità in ogni fiaba.
Propp individua 31 funzioni dotate di simbolo che forniscono l’ossatura di una fiaba, la
successione è sempre identica in ogni fiaba ma ciò non vuol dire che ogni fiaba debba averle
tutte, ma che l’ordine delle funzioni è costante. La conclusione è che tutte le fiabe di magia
russe hanno una struttura monotipica mentre le diverse combinazioni non sono altro che
sottotipi della struttura fondamentale.
Attanti e schema narrativo canonico
I narratologi degli anni ’60, ispirandosi a Propp, hanno mirato a scavare sempre più a fondo
nella ricerca degli elementi invariabili fino a individuare una matrice profonda condivisa da
tutti i testi narrativi. Allargarono la categoria di testo narrativo fino a considerarla coestensiva
alla categoria dei testi tout court.
Per Greimas è possibile trovare un livello immanente sotto al livello apparente della
narrazione, dove la narratività si trova situata e organizzata anteriormente alla propria
manifestazione, egli vuole definire tale livello narrativo immanente rispetto al quale i singoli
testi costituirebbero altrettante manifestazioni variabili (narratività in termini astratti e quasi
algebrici).
Sono narrativi tutti i testi con una struttura profonda di tipo polemico-contrattuale basati sullo
scontro-incontro di due programmi narrativi complementari e opposti che sono il Soggetto e