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Natura
Queste architetture utopiche non erano dirette solo contro la Natura, ma anche contro la storia. Per questo la distruzione del vecchio contesto era un elemento tanto necessario all'utopia architettonica, quanto la creazione di un nuovo testo. La rottura con il passato era segnale di orientamento verso il futuro. Con il passare dei secoli gli edifici vengono inevitabilmente sostituiti gli uni dagli altri. Ciò che si conserva è lo spirito espresso dall'architettura, cioè il sistema della simbolicità architettonica.
Lo spazio rappresenta il più profondo, ma non l'unico, parametro del contesto cittadino. Anche gli edifici reali, se acquistano un carattere simbolico, diventano suoi elementi. La funzione simbolica permette a edifici di secoli ed epoche diversi di far parte di un unico contesto in modo paritetico. La diversità di epoca crea la varietà, mentre la stabilità degli archetipi semiotici e della serie delle
funzioni culturali garantiscono l'unità. In questo caso l'insieme si forma in modo organico, non come esito del progetto di un qualche costruttore, ma come realizzazione di spontanee tendenze della cultura. Lo spazio architettonico è semiotico e l'eterogeneità strutturale-funzionale è l'essenza della sua natura. Esso è sempre un insieme, in cui unità autosufficienti intervengono come elementi di un'unità di ordine più elevato. Una casa (abitativa) e un tempio sono tra loro opposti: provano vs sacro. La contrapposizione è evidente dal punto di vista della funzione culturale, ma è più importante sottolineare ciò che hanno in comune. Il tempio diventa rifugio, un luogo dove si cerca riparo, mentre nella casa viene evidenziato lo "spazio sacro" con l'"angolo bello". In conclusione possiamo dire che l'architettura deve essere valutata
nell'ambito dell'attività culturale complessiva dell'uomo. La cultura come meccanismo di elaborazione e generatore dell'informazione, si trova in una condizione di collisione e di reciproca tensione tra i diversi campi semiotici.
De Certeau: Camminare per la città
De Certeau è uno dei protagonisti del '68 francese. Fu uno dei primi a parlare di "consumo produttivo", concetto molto caro alle scienze della comunicazione. È stato anche un importante studioso delle credenze, soprattutto quelle religiose.
In questo capitolo il suo intento è quello di indagare e descrivere in che modo gli individui navigano inconsciamente attraverso le cose della vita quotidiana, dal camminare nella città, alla pratica della lettura.
Egli definisce la città come concetto: tale concetto è generato dall'interazione strategica delle istituzioni che producono mappe per pianificare la città come un tutt'uno, con
La creazione di un ordine sociale: le istituzioni devono imporre regole e norme per controllare e disciplinare i cittadini. De Certeau sostiene che le pratiche quotidiane dei cittadini, come camminare per la città, prendere scorciatoie o creare spazi privati, sono forme di resistenza alle strategie delle istituzioni. Queste pratiche sono invisibili e sfuggono alla leggibilità, ma sono fondamentali per la vita urbana. In conclusione, De Certeau invita a esplorare e valorizzare le pratiche dei cittadini nella città, anziché concentrarsi solo sullo studio delle strategie delle istituzioni.Creazione di un soggetto universale e anonimo che è la città stessa. La città offre così la capacità di concepire e costruire lo spazio a partire da un numero di caratteristiche stabili, isolabili e articolate l'una sull'altra. La città funge da punto di riferimento totalizzante e quasi mitico per le strategie socioeconomiche e politiche, la vita urbana lascia sempre più riaffiorare ciò che il progetto urbanistico escludeva. La politica si "urbanizza", ma la città è lasciata in balia dei processi contraddittori che si compensano e si combinano al di fuori del potere panottico. Chi organizza lo spazio attraverso la disciplina (strategia), controlla la città. Ma secondo l'autore ci sono procedure che sfuggono alla disciplina, senza tuttavia essere al di fuori dal campo in cui essa esercita. Lo studio di queste procedure conduce alla teoria delle pratiche quotidiane.
pedonaliL'atto del camminare sta al sistema urbano come l'enunciazione sta agli enunciati. Infatti quest'atto ha una triplice funzione enunciativa:
- È un processo di appropriazione del sistema topografico da parte del pedone (così come il locutore si appropria della lingua assumendola)
- È una realizzazione spaziale del luogo (così come l'atto del parlare è una realizzazione sonora della lingua)
- Implica dei rapporti tra posizioni differenziate, quindi tra "contratti" sotto forma di movimenti (così come l'enunciazione verbale è "allocuzione" [ponel'altro] di fronte al locutore e dà vita a contratti fra co-locutori
L'enunciazione pedonale presenta tre caratteristiche che la distinguono immediatamente dal sistema spaziale: il presente, il discontinuo e il "fatidico". Se è vero che un ordine spaziale organizza un insieme di possibilità (es.
attraverso un luogo in cui si può circolare), e di interdizioni (es. muro che mi impedisce di proseguire), il camminatore ne attualizza alcune, ma le disloca e ne inventa altre, creando così una discontinuità. Nel quadro dell'enunciazione il pedone costituisce, in rapporto alla sua posizione, un qui e un là. Si potrebbero analizzare le modalità dell'enunciazione pedonale che si affranca così dalla sua fissazione su una mappa, ovvero i tipi di rapporto che essa intrattiene con i percorsi (o enunciati) attribuendo loro un valore di verità, un valore di conoscenza (certo, plausibile, contestabile) o infine un valore concernente un dover-fare (obbligatorio, permesso o facoltativo). Il camminare afferma, sospetta, trasgredisce, rispetta, le traiettorie che "parla". Retoriche podistiche L'autore prosegue con la similitudine tra linguaggio e il camminare. Egli afferma "Al pari del linguaggio comune, l'arte dielaborare frasi implica e combina stili e usi”. Egli parte dall’ipotesi che i “tropi” classificati dalla retorica forniscano modelli e ipotesi all’analisi dei modi di appropriarsi dei luoghi. Prende in esame due figure retoriche:
- Sineddoche consiste nell’impiegare un termine in un senso che è una parte di un altro significato della stessa parola. Essa designa una parte invece del tutto che la integra. Come “volto” sta per “uomo” nella frase “ignoro il destino di un volto così caro”, la capanna o la collinetta sta per il parco nel narrato di una traiettoria.
- Asindeto è una soppressione dei termini di connessioni in una frase. Nel camminare esso seleziona e frammenta lo spazio percorso, ne salta le connessioni e intere parti che omette. Un esempio possono essere i sentieri non previsti dalla mappa, ma creati dagli individui che camminano fuori dal percorso.
“Camminare significa essere
privi di luogo. E’ il processo indefinito dell’essereassenti e in cerca di uno spazio proprio”.
Nomi e simboli (Toponomastica)
I nomi creano un senso, danno impulso ai movimenti, sviano l’itinerario, creano unnon-luogo nei luoghi che tramutano in passaggi. Ciò che ci spinge a camminare, sonole reliquie del senso e talvolta i loro scarti, come per esempio Sarcelles.
Nel rapporto tra pratiche spaziali e pratiche significanti si delineano 3 nucleisimbolizzatori:
- Credibile (leggenda) il discorso che fa credere è quello che non dà mai ciòche promette, crea una mancanza. Ciò succede anche con le leggende deglispazi urbani
- Memorabile (ricordo) la dispersione dei racconti indica quella delmemorabile. La memoria non è localizzabile, ne emergono schegge nelleleggende. “qui c’era una panetteria”. I luoghi vissuti sono come delle presenzedi assenze; ciò che si mostra indica ciò che non
c'è più.3. Primitivo (sogno)
Questi 3 dispositivi simbolici organizzano i topoi del discorso sulla e della città (leggenda, ricordo, sogno). Li si può riconoscere nelle funzioni dei nomi propri: essi rendono abitabile o credibile il luogo che rivestono con una parola.
L'infanzia che determina le pratiche dello spazio sviluppa in seguito i suoi effetti, inonda gli spazi pubblici e privati, crea nella città pianificata, la città "metaforica".
Finocchi: L'attualità dello spazio: digitale e geolocalizzazione
A partire dall'introduzione dei dispositivi digitali nelle pratiche quotidiane si è affermato un nuovo modo di vivere gli spazi urbani.
Lo spazio digitalizzato ha avuto inizio nel 2004 con Google Local, che anticipava di un anno l'istituzione di Google Maps. Google Local consentiva la ricerca e l'individuazione di un esercizio commerciale in un'area scelta dall'utente, un
Il primo passo verso l'interazione tra lo spazio reale e lo spazio digitale. Le mappe digitali di Google consentono la ricerca di un qualcosa nello spazio digitalizzato. Possiamo cogliere una spinta duplice: da una parte l'esigenza funzionale legata al servizio e dall'altra l'esigenza di Google di configurarsi come universo di riferimento.
Bisogna qui introdurre il concetto di "spazio naturale": un insieme di qualità sensibili, organizzato in una struttura discorsiva, che si presenta nella relazione soggetto/oggetto.
Utilizzando Street View è possibile simulare il movimento reale nell'universo abitato. Google Maps, Heart, Street View, ecc. sono forme testuali iconizzate, rappresentazioni dello spazio in immagini visibili sullo schermo. Lo schermo si caratterizza come luogo di controllo, mette al sicuro dall'imprevedibilità della contingenza dello spazio naturale: la simulazione sullo schermo/schermata è un universo dominabile.
o sguardo esterno. È una barriera invisibile che separa il mondo simulato dal mondo reale. Questo schermo è costituito da una serie di codici e algoritmi che creano e gestiscono l'universo simulato. È come una sorta di "quarantena" che impedisce a qualsiasi interferenza esterna di influenzare il mondo simulato. In questo modo, gli sviluppatori e i programmatori possono controllare e manipolare l'universo simulato senza preoccuparsi di interferenze esterne. Il schermo dell'universo simulato è essenziale per garantire l'integrità e la coerenza del mondo virtuale.