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COMPORTAMENTO ALIMENTARE
In questo paragrafo proporrò una riflessione sul lavoro con pazienti con disturbi del comportamento
alimentare, in gruppi monosintomatici gruppo analitici. La diffusione di patologie in cui il disagio psichico si
esp i e att ave so il o po stata egli ulti i a i otevole, i u ’epo a i ui il o po i vestito di
innumerevoli aspettative e simbologie sociali e culturali. Il corpo diventa lo strumento a cui delegare
l’esp essio e del disagio psi hi o he o può esse e elato, a se p e più diffi il e te isulta vei olato
dalla parola. Nel corpo è inscritta la sofferenza, corpo che diviene il corpo della somatizzazione e
dell’esp essio e del o flitto psi hi o: il luogo att ave so il uale da e u o e all’a gos ia, il o po a itato
e agito dalle relazioni interne . Dire qualcosa con il proprio corpo spesso equivale a esprimere angosce
profonde, imparlabili, che non trovano altro canale di comunicazione per lasciarsi parlare e rendere visibili
a s e agli alt i. Att ave so il o po, al o te po, o e se si egasse l’a gos ia p op io pe h o
sembrano esserci parole per esprimere il proprio dolore, ma quando si mangia e vomita in maniera
compulsiva un numero infinito di volte al giorno, il richiamo e il grido di aiuto sono stati lanciati. Ascoltare
questo, al di là delle parole e delle difficoltà a trovare e a esprimere i propri vissuti emotivi, mi pare il primo
passo ell’app o io ai distu i del o po ta e to ali e ta e. Il utis o he a volte i vade la te apia,
nelle fasi iniziali, parla della difficoltà di sentire e dare parola al proprio mondo affettivo ed emotivo, della
paura a sfiorare e a contattare i propri vissuti, nascosti dietro la sicurezza del sintomo che fa sentire forti,
potenti, capaci di enorme controllo su di sé. La storia di queste pazienti, infatti, è spesso intrisa di
i o p e sio i, i vasio i dell’alt o, a ia e paure. Le difficoltà relazionali, il rifiuto e il bisogno/desiderio
egato dell’alt o, t ova o esp essio e att ave so l’agito o pulsivo del si to o a o essi o-bulimico. Il
gruppo monosintomatico , utilizzato ormai da molti psicoterapeuti nel mondo come strumento privilegiato
nel trattamento del disturbo anoressico-bulimico, risulta abbastanza efficace. Spesso nel confronto con i
colleghi emerge la difficoltà della cura, in setting individuali e in gruppi eterogenei, per queste patologie
esso dalla pazie te o se a t ova e u ’adeguata a oglie za i uesti o testi he,
dove il bisogno esp
potremmo dire, non sembrano congruenti al funzionamento mentale della paziente. Credo che la prima,
immediata richiesta che le pazienti portano è di uno spazio in cui sentirsi accolte e ascoltate (al di là di
tutto) nel loro essere anoressiche e bulimiche, di tollerare e rispettare la loro condizione, di non attaccarla
i essu odo. Il si to o u ele e to o tife o, u u leo d’i pe sa ilità e di hiusu a, a a he
u a fo te ide tità, l’u i a ide tità se tita o e p op ia, aute ti a. Mi pa e he a he pe uesto, p op io
pe h si o figu a o e il luogo dell’uguaglia za si to atologi a, il g uppo o osi to ati o spave ti
meno, generando meno chiusura e desideri di fuga. Il gruppo è immediatamente percepito come un
rifugio sicuro, dove proprio la comunanza del sintomo sembra garantire la certezza di essere accolte e
comprese. Credo sia utile sottolineare che i gruppi a cui faccio riferimento erano costituiti da pazienti
anoressiche e bulimiche con diverse problematiche specifiche, ma che non accoglievano persone a rischio
di sopravvivenza fisica o con problematiche psicotiche. Tutte le pazienti presentano aspetti comuni: sono
pa alizzate el ifiuto dell’alt o e da pa te dell’alt o, ossessio ate dal
bloccate nella loro crescita evolutiva, 14
cibo e dal loro corpo. Ciò spaventa, ma al contempo rassicura.
Nei primi periodi di fondazione, il gruppo è centrato soprattutto sulla narrazione del sintomo, sui rituali
attorno al cibo e sul corpo. Emergono abbastanza velocemente anche le narrazioni sui propri vissuti, sul
se so he ha il si to o. L’atte zione iniziale al sintomo rende visibile il grande bisogno di rassicurazione
delle pazie ti e sta a testi o ia e la i e a di ele e ti a o u a ti, si ili, la i e a dell’alt o uguale a s .
Parlando del sintomo ci si sente uguali e non si corre il rischio di perdersi e di perdere il sintomo come
elemento di certezza che aiuta a non scoprirsi, a nascondere le proprie fragilità e debolezze. Gradualmente,
all’i te o di u g uppo oeso, a oglie te, suppo tivo, a ude te, e sop attutto apa e di o te e e il
dolore, si può abbandonare la certezza offerta dal sintomo e i partecipanti possono raccontare la propria
storia personale, connetterla al sintomo, provando a capirne il significato. Diviene possibile mettere in
relazione gli accadimenti e le dinamiche gruppali con la propria storia, dirsi quello che si è provato e vissuto,
ridare senso al proprio malessere, affrontare i nodi problematici delle relazioni familiari. Parlare di sé
significa affrontare i propri nuclei patologici, renderli visibili e cominciare a mostrare le diversità in gruppo,
ap e do la st ada al a ia e to e alla t asfo azio e, la st ada ve so l’e a ipazio e e la diffe e za,
sepa azio e dall’alt o. “o o ote le pau e e le a ivale ze del g uppo, he i e a le diffe e ze, a e ha
paura perché potenzialmente generatrici di conflitti, divergenze, perché rappresentative della separazione
e disti zio e dall’alt o. I fo do, si oleggia ti il pote ziale g a de salto ve so l’auto o ia a he o e
svincolo dalle proprie matrici familiari intrappolanti. Il gruppo permette la visualizzazione e la
drammatizzazione della propria dipendenza interna, che è anche dipendenza dal gruppo, ma deve
o se ti e u ’ela o azio e he o fluis a ve so la ost uzio e di u a p op ia auto o ia e il
p op ia diffe e za e sepa azio e dall’alt o.
riconoscimento della
Vo ei, a uesto pu to, soffe a i eve e te su u ’alt a spe ifi ità del lavo o o ueste paziente, che
entra in gioco nel contesto gruppale. Occorre un costante rapporto con la famiglia, che va accolta e aiutata.
In una fase di consulenza, per me è ormai prassi abituale riservarmi parte del primo colloquio per ascoltare
i familiari (in genere i genitori) che accompagnano le pazienti. I gruppi della mia esperienza si sono chiusi
automaticamente dopo due anni, al termine di un buon lavoro con risultati positivi per le pazienti. In tutti i
gruppi, alcune pazienti hanno continuato con un ulteriore percorso analitico, o in assetto individuale o in
gruppi eterogenei per patologia. Il gruppo monosintomatico soprattutto nella fase iniziale è fortemente
pe eato da uei fatto i te apeuti i he so o la oesio e g uppale, l’alt uis o, l’u ive salità,
e di e to i te pe so ale. Nelle fasi su essive, pu i a e do e t ali uesti fatto i, sa a o attivi
l’app
anche fattori terapeutici più analitici, come la risonanza e il rispecchiamento, intesi come esperienze
inconsce di comunicazione e identificazione tra i partecipanti di aspetti non conosciuti di sé.
GRUPPI OMOGENEI PER PATOLOGIE FISICHE
Negli ultimi anni, gli interventi di aiuto psicoterapeutico di gruppo per pazienti affetti da patologie
so ati he si so o a pia e te diffusi, a he se a tutt’oggi a a e te fanno parte di un programma di cura
più complessivo dei reparti di medicina (in Italia). E ciò nonostante innumerevoli ricerche abbiano
di ost ato o ai l’effi a ia di uesti i te ve ti. La i o os iuta effi a ia del t atta e to di g uppo ei asi
di malattie somatiche è da riferirsi sia al miglioramento della qualità della vita del paziente sia alla cura dei
distu i psi hi i o elati. Il fatto di o divide e u ’espe ie za di g uppo ha degli effetti sulla alattia e sulla
speranza di vita come è dimostrato da alcune ricerche. Un disturbo somatico, una malattia soprattutto ad
andamento cronico, ha un impatto notevole sulla vita di una persona che ne può essere sconvolta non solo
per gli effetti sulla salute, le conseguenti inabilità e il bisogno di cure, ma anche per il modo di reagire a essa
ed elaborarla con effetti psicologici spesso depressivi e di natura ansiosa. La malattia genera
consapevolezza dei propri limiti e della propria finitezza, facendo crollare ogni illusione di onnipotenza e
imponendo un confronto con i limiti. Entra inoltre in gioco la dimensione del corpo con il valore simbolico a
esso att i uito. “e ’ u a utilazio e o u ’i validità si dete i a u a ia e to dell’i agi e o po ea
15
e di sé, del modo di concepirsi e percepirsi anche in base al valore soggettivo dato a quella parte del corpo.
Il modo in cui si affronta la malattia ha degli effetti a livello emotivo che entrano in gioco nelle relazioni con
gli altri, nelle relazioni familiari e nelle relazioni sociali. Come abbiamo visto, il disagio psichico accompagna
la alattia so ati a i isu a più o e o i te sa, spesso o distu i d’a sia e dep essivi e o diffi oltà
di adattamento alla malattia. Questi disturbi interferiscono sulla qualità della vita del paziente e della sua
famiglia, provocandone un peggioramento. La presenza di disagio psichico provoca, inoltre, più ricadute e
e idive dell’affezio e so ati a e i o e sop avvive za. Risulta ui di evide te la e essità di ette e a
punto interventi psicoterapici che accolgano la sofferenza psicologica di chi è affetto da malattie fisiche,
o l’o iettivo di fo i e u sosteg o all’ela o azio e della alattia stessa, ella o vi zio e he u a p esa
in carico della dimensione psicologica produca notevoli effetti benefici. È ormai riconosciuto che
l’i te ve to psi ote api o elettivo app ese ta o dal fo ato g uppale he ha p e ise a atte isti he di
setting e obiettivi ben definiti. Il gruppo a cui faccio riferimento è di tipo omogeneo per patologia, e,
spesso, anche per sede e stadio della malattia. Per quanto riguarda infine gli altri elementi su cui effettuare
la selezio e dei pazie ti pe la ostituzio e di u g uppo, uali l’età, il sesso, la o dizio e so iale, i ge e e
o si te de all’u ifo ità, a he se a o a u a volta dipende dalle finalità del lavoro gruppale. I gruppi
o oge ei posso o ave e a atte isti he di setti g dive se a se o da della tipologia dell’i te ve to, pe ui
cambiano gli obiettivi, la durata,le dimensioni, il formato. I gruppi vengono raggruppati in tre grandi aree. I
gruppi psicoeducazionali hanno obiettivi informativi e, in genere, sono molto brevi come quelli cognitivo-
o po ta e tali, più e t ati sull’a uisizio e di apa ità, o pete ze e o po ta e ti adeguati ad
affrontare la malattia. I gruppi a orientamento dinamico-relazionale sono rivolti a un numero più limitato di
pazie ti e si o figu a o o e g uppi hiusi. Questi g uppi so o fi alizzati all’app ofo di e to degli
aspetti e otivi legati alla alattia. Gli o iettivi i a o all’a ettazi