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In terzo luogo, verso la fine del secondo mese compare nel neonato il sorriso
esogeno attivato dalla voce materna e dal volto umano. A tre o quattro mesi
abbiamo il sorriso sociale come risposta a situazioni interattive.
In quarto luogo, la condivisione dell’attenzione con l’adulto, ovvero, quando
bambino e adulto guardano congiuntamente lo stesso oggetto e poi si
guardano reciprocamente. L’attenzione condivisa è associata anche al
processo di coorientazione degli sguardi. Eni primi mesi è l’adulto a seguire e
controllare la direzione degli sguardi del neonato ma, a partire dai sei mesi,
l’infante diventa capace di controllare e seguire a sua volta lo sguardo
dell’adulto.
Verso gli otto-nove mesi compaiono nel neonato cambiamenti molto
importanti. Il principale fra essi è lo sviluppo dell’intenzionalità, intesa come
capacità di manifestare in modo consapevole le proprie intenzioni.
Assistiamo nel bambino a ciò che si chiama dissociazione fra mezzi e fini. Nei
primi mesi di vita egli capisce che le sue azioni hanno degli effetti
sull’ambiente ma è solo verso gli otto mesi di vita che capisce la relazione tra
effetto e risultato. Questo processo è accompagnato dallo sviluppo della
capacità imitativa del bambino che diventa un vero apprendimento per
imitazione.
La comparsa dell’intenzionalità, la maturazione dell’appartato fonatorio e
l’articolazione della comunicazione non verbale sono la base per lo sviluppo
del linguaggio.
L’acquisizione del linguaggio articola ed espande la mente del bambino che
verso i quattro anni si dimostra capace di farsi delle rappresentazioni mentali
degli interlocutori (la teoria della mente altrui).
IV. Tra significato e intenzione
Senza significato la comunicazione sarebbe una realtà incomprensibile, un
insieme di rumori sconnessi. L’essere umano vive di significati come vive di
relazioni. Le relazioni producono i significati e i significati qualificano le
relazioni. Rispetto a questo tema si sono avuti diversi indirizzi di pensiero:
Il significato come referenza oggettiva: all’inizio del Novecento alcuni studiosi
definì il significato di una frase o di una parola come il rapporto fra linguaggio
e realtà.
Il significato come valore linguistico: nell’ambito della semantica strutturalista
Ferdinand De Saussure ha concepito il significato come una realtà
esclusivamente appartenente al linguaggio (immanenza-strutture
autosufficiente -l’autonomia della semantica-semantica della verità).
Il significato come comprensione dell’esperienza: in tempi più recenti della
semantica della verità si è sostituita la semantica della comprensione. Il
significato serve a capire e dare un senso all’esperienza propria e altrui. Per
questa ragione parliamo di semantica cognitiva.
Poiché il significato di ogni parole è analizzabile e scomponibile in diversi tratti
si parla di semantica a tratti. tra le teorie principali abbiamo:
La teoria delle condizioni necessarie e sufficienti: prevede che il significato di
una parola vada inteso come l’insieme finito di proprietà che fissano e
determinano la sua estensione. Si fonda su alcuni principi essenziali: nessun
tratto può essere cancellato o aggiunto, tutti i tratti hanno la stessa rilevanza e
il significato di ogni termini ha confini precisi.
La teoria del significato come prototipo: in alternativa al modello CNS, si è
sviluppata la semantica del prototipo, che fonda il significato sulle categorie
mentali. I significati attribuiscono ordine attraverso la categorizzazione, che
segmenta il flusso continuo dell’esperienza in categorie. Teoria che si evolve
in: teoria standard del prototipo, prototipo inteso come miglior esemplare di
una data categoria; Teoria estesa del prototipo, dal prototipo reale a quello
astratto, un costrutto mentale, un insieme di proprietà astratte.
Essendo una realtà eterogenea e composita, presenta aree di variabilità e di
flessibilità, assieme ad aree di stabilità e regolarità. Esso risulta un
compromesso fra queste due polarità. L’incontro e il compromesso fra queste
due componenti conducono alla gestione locale dei significati. Come esito di
questo processo, si è in grado di governare al meglio il fuoco comunicativo.
Il significato non esiste se non è associato ad un intenzione comunicativa che
senza di essa non vi è comunicazione. L’intenzione può essere:
Informativa: intenzione di informare il destinatario di qualcosa.
Comunicativa: “ “ “ il destinatario sulla propria intenzione comunicativa.
V. Comunicare con le parole
Sono numerose e differenti le ipotesi avanzate per spiegare le origini del
linguaggio nella specie umana. Tra le principali abbiamo:
La teoria della discontinuità: per Chomsky l’abilità del bambino di apprendere
la propria lingua materna in modo rapido ed efficiente è data da una
specializzazione cognitiva della specie umana che egli chiama grammatica
universale (o generativa). Una concezione innatistica del linguaggio.
Ipotesi del protolinguaggio: Derek Bickerton ha proposto questa teoria
partendo dall’ipotesi che esiste un bioprogramma linguistico in base a cui gli
esseri umani apprendono il linguaggio.
L’istinto del linguaggio: Pinker ritiene che il linguaggio non sia un invenzione
culturale per utilizzare i simboli, ma sia un istinto, identificabile nel cervello.
Teoria della continuità: Jackendoff parla di continuità evolutiva del
linguaggio.
L’origine sociale del linguaggio: Dunbar ha posto l’attenzione sulle origini
sociali del linguaggio.
Teoria motoria: secondo Corballis il linguaggio va inteso come evoluzione dei
sistemi di comunicazione gestuali e mimici impiegati dagli ominidi per
interagire fra loro.
La comparsa del linguaggio ha dato origine e si è manifestata in migliaia di
lingue naturali. Ogni lingua è un sistema simbolico che presenta caratteri di
composizionalità (comporta proprietà come la sistematicità e di produttività) e
di proposizionalità (legata alla capacità computazionale della mente umana).
Qualsiasi lingua parlata è un insieme di suoni, in quanto tale, essa è oggetto,
sia della fonetica (lo studio fisico della produzione e della percezione dei
suoni linguistici) che della fonologia (lo studio dei suoni).
Al secondo livello di organizzazione di una lingua naturale troviamo la
morfologia (disciplina che studia la struttura interna delle parole). Al terzo
livello strutturale di una lingua troviamo la sintassi (l’insieme di regole dei
procedimenti che consentono di creare sintagmi, frasi e discorsi).
Molto importante per la comunicazione è il contesto, infatti non si possono
generare significati fuori contesto o senza contesto. Il contesto può essere
definito come l’insieme delle condizioni che assieme a un dato testo genera
un certo messaggio dotato di senso.
In definitiva possiamo dire che la comunicazione è: uno scambio interattivo,
dotato di intenzionalità reciproca e di consapevolezza, in grado di far
condividere un significato sulla base di sistemi simbolici e convenzionali
secondo la cornice culturale di riferimento.
VI. Comunicare senza parole
Nonostante vi sia un legame di dipendenza fra comunicazione verbale e
quella non verbale, vi sono fra di esse delle grandi differenze. La
comunicazione non verbale ha un carattere imperativo, in quanto rivolta
all’azione e non alla teoria. Rientrano nella comunicazione non verbale:
il sistema vocale: la voce va intesa come una sostanza fonica e le
caratteristiche paralinguistiche sono il tono, l’intensità, il tempo, la durata e la
velocità (che crea pause piene e pause vuote.
Il silenzio: un modo strategico di comunicare e il suo significato varia in
funzione di situazioni, relazioni e cultura di riferimento. Ha valore grazie alla
sua ambiguità.
Le espressioni del volto: i movimenti del volto costituiscono un sistema
semiotico privilegiato e sono la manifestazione di determinati stati mentali del
soggetto, esperienze emotive e atteggiamenti interpersonali. Sul cosa
manifestino le espressioni facciali si hanno due prospettive diverse: secondo
la prospettiva emotiva i movimenti facciali sono destinati a esprimere le
emozioni che un individuo prova, di conseguenza le emozioni trapelerebbero
in modo naturale. Tuttavia in certe circostanze gli individui sono in grado di
intervenire autonomamente sui muscoli facciali per modificare la loro
configurazione (regole di esibizione, tra cui intensificazione, attenuazione,
inibizione e mascheramento) e sentirsi emotivamente appropriati davanti ad
altri. Nella prospettiva comunicativa le espressioni facciali hanno un valore
eminentemente comunicativo, poiché manifestano agli altri le intenzioni del
soggetto in base al contesto. Le espressioni facciali hanno quindi un valore
sociale. Questa prospettiva presuppone la separazione tra interno ed esterno
e si generano importanti gradi di libertà, parimenti scompare la distinzione fra
espressione autentica ed espressione falsa poiché tutte le espressioni hanno
un valore sociale. Assume importanza il contesto e l’intenzione.
Nella teoria neuroculturale di Ekman si distingue un livello molecolare
(movimenti dei muscoli del volto) e un livello molare (configurazione finale in
cui intervengono le regole di esibizione). Le sette espressioni universali di
Ekman sono: la rabbia, il disgusto, la paura, la felicità, la tristezza, lo stupore
e il disprezzo. Inoltre elabora un sistema di osservazione e di classificazione
di tutti i movimenti facciali visibili (FACS).
Un espressione emblematica del volto umano è il sorriso, di cui Ekman ne
ha individuato diciannove configurazioni diverse tra cui: il sorriso spontaneo, il
sorriso miserabile, il sorriso simulato, il sorriso sociale e il sorriso seduttivo e
allusivo.
Lo sguardo: rappresenta un potente segnale comunicativo a livello non
verbale. Il contatto oculare è alla base di qualsiasi rapporto comunicativo ed è
anche efficace per generare e gestire l’immagine personale.
Il sistema dei gesti: i scambi comunicativi sono di norma accompagnati da
gesti (il linguaggio del corpo) e la loro classificazione è: manipolatori e
automanipolatori(gesti che accompagnano il parlare e allentare la tensione),
iconici (l’imitazione di azioni, di scene o situazioni), simbolici (gesti simbolici
come l’OK), gesti deittici (movimenti compiuti con l’indice per indicare),
batonici (movimenti ripetuti in successione e ritmici) e il linguaggio dei
segni (il sistema dei segni impiegato dai sordomuti).
La prossemica: è un sistema di contatto concerne