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I MECCANISMI DI COPING
Quando l’individuo si trova ad affrontare una situazione stressante può mettere in atto una
serie di risposte di tipo emotivo, cognitivo e comportamentale.
Influenzate da:
Fattori individuali: quali temperamento, la maturità psicologica, fisica raggiunta, i
modelli di comportamento appresi. Dipenderanno sia dagli stili di coping acquisiti
11 attraverso l’esperienza (stati) sia dalle caratteristiche di personalità degli individui
(tratti).
Fattori legati allo stressor: quali l’intensità, la durata, la frequenza.
Definiamo coping gli sforzi cognitivi e comportamentali mirati alla gestione di situazioni
stressanti, che comportano la percezione di minaccia, perdita o sfida. La risposta individuale è
frutto di un processo di valutazione delle varie opzioni disponibili e delle possibili conseguenze.
Il coping può dunque essere considerato un processo la cui finalità è quella di regolare i
comportamenti, le emozioni e l’attenzione di fronte a situazioni percepite come
soggettivamente stressanti e i cui risultati possono essere adattivi o disadattivi a seconda che
l’individuo sia stato in grado di fronteggiare gli stressors in modo adeguato o meno.
Secondo alcuni autori le risposte di coping possono essere sia automatiche, sia soggette al
controllo individuale; altri ritengono invece necessario che siano accompagnate dalla volontà e
dal controllo.
I MODELLI DI COPING
I modelli di coping che sono seguiti alle prime elaborazioni di Lazarus e Folkman sono ormai
numerosi e si differenziano rispetto alle risposte fisiche e mentali che sono attivate per
controllare l’ambiente individuale sia esterno che interno e agli obiettivi che hanno spinto
l’individuo a utilizzare i meccanismi di coping.
Quello proposto da Lazurus e Folkman è un modello focalizzato sul problema o sulle
emozioni, detto anche modello transazionale, che enfatizza il contenuto descrittivo di
ciascuna strategia. Secondo gli autori, il coping focalizzato sul problema include la ricerca
attiva di info, di soluzioni del problema e di comportamenti volti a modificare le circostanze
all’origine dello stress, per cui è utilizzato nelle situazioni percepite come più facilmente
controllabili. Il coping focalizzato sull’emozione è finalizzato a regolare le emozioni attraverso la
loro espressione e modulazione e può essere considerato meno adattivo. ricerca di
Tra le modalità di comping focalizzate sul problema sono state in seguito aggiunte la
supporto sociale mentre tra quelle focalizzate sull’emozione la ricerca di supporto morale, la
reinterpretazione positiva della situazione stressante l’accettazione della situazione
o
stressante.
Il modello del controllo primario e secondario di Rothbaum, Weisz e Snyder è considerato un
processo motivazionale volto a mantenere, aumentare o modificare il proprio controllo
sull’ambiente e/o su di sé.
Nel primo caso (coping finalizzato sul controllo primario) l’indiividuo adotta una serie di
comportamenti, come il problem solving e la regolazione emotiva, che gli permettono di
influire direttamente su condizioni o eventi esterni;
Nel secondo caso (coping focalizzato sul controllo secondario) la finalità è quella di
permettere il massimo adattamento emotivo alla situazione stressante, che può essere
raggiunto attraverso la rivalutazione cognitiva o l’accettazione dell’evento.
Vi sono inoltre situazioni in cui l’individuo non fa nulla per controllare l’evento o
abbandona l’iniziale tentativo di controllo (coping focalizzato sull’abbandono del
controllo).
Anche in questo caso le due modalità non sono autoescludentesi, la regolazione intenzionale
delle emozioni può essere presente anche nel caso del controllo primario. In questo modello
sono evidenziati gli scopi che guidano il comportamento.
Il modello integrato di Moos e Schaefer. Secondo il modello proposto da Moos e Schaefer
le situazioni e i cambiamenti esistenziali significativi sono determinati dall’interazione tra la
realtà ambientale e la realtà personale. Hanno proposto 4 categorie di coping:
1. Attivo-cognitivo
2. Attivo-comportamentale
3. Evitamento-cognitivo
4. Evitamento-comportamentale
Questo modello sottolinea il ruolo svolto dai fattori che fungono da mediatori tra lo stress e il
benessere psicofisico individuale, stili cognitivi e comportamentali efficaci che permettono di
ridurre l’impatto negativo degli eventi attraverso l’acquisizione di modalità comportamentali
più mature.
Il modello psicosociale di Dohrenwend sottolinea il peso assunto dalle variabili individuali,
ambientali e situazionali, ma a differenza dai precedenti considera tra i mediatori, oltre a quelli
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psicologici anche quelli situazionali. Secondo lei, la reazione allo stress è sempre transitoria e
può comunque avere esiti diversi sull’individuo. Interessante è inoltre il rilievo dato alla
prevenzione.
Il modello sociocontestuale del “coping” di Berg, Meegan e Daviney sottolinea il valore positivo
o negativo assunto dalla ricerca di supporto sociale nel fronteggiamento degli eventi stressanti.
Secondo questo modello possono essere attuate 4 modalità di valutazione del problema:
Individuale solitaria
1. : un individuo valuta una situazione considerando esclusivamente
i fattori sociali e psicologici che lo riguardano, pertanto uno stesso problema assume un
significato relativo che dipende dal soggetto.
Individuale parallela
2. : i soggetti vedono la situazione in modi completamente diversi e
cercano ciascuno una soluzione personale.
Relazionale indiretta
3. : riguarda situazioni in cui la valutazione dello stress da parte di
un individuo influenza gli altri partecipanti all’interazione.
Relazionale condivisa
4. : riguarda due o più persone coinvolte in una stessa situazione
stressante che insieme cercano di affrontare.
IL COPING NELLE FASI DELLA VITA
Le risposte involontarie allo stress si osservano già nelle prime fasi dello sviluppo e non
richiedono competenze particolari, mentre le risposte di coping sono presenti quando il
bambino è in grado di utilizzare volontariamente le competenze cognitive emotive e
comportamentali che gli permettono di fronteggiare lo stress.
Skinner ha confrontato una serie di ricerche che riportavano i risultati relativi ai meccanismi di
coping in adulti e in bambini, analizzati attraverso l’analisi fattoriale e ha individuato tre
problem solving,
categorie che sono presenti con maggiore frequenza a tutte le età: il
l’evitamento ricerca di supporto sociale.
e la
Per quanto riguarda l’utilizzo delle strategie di coping nell’arco della vita, sembrerebbe che la
differenza sostanziale sia da ricondursi alla frequenza con cui ogni specifica strategia viene
utilizzata.
La maggior parte delle ricerche è concorde nel sostenere che con il crescere dell’età si assiste
a una diminuzione delle strategie di evitamento e di quelle focalizzate sulle emozioni e a un
incremento delle strategie focalizzate sul problema e sulla reinterpretazione cognitiva, mentre
quelle basate sulla ricerca di supporto permangono stabili.
Per quanto riguarda invece riguarda gli studi condotti sulle strategie di coping in età avanzata,
manca un accordo tra gli autori. La tesi che le strategie di coping negli anziani siano limitate e
che quelle più frequenti siano la negazione, il ritiro e quelle focalizzate sull’emozione è in linea
con l’ipotesi che in età avanzata il pensiero sia più rigido e ci sia una maggiore difficoltà a
trovare soluzioni alternative ai problemi. Tuttavia alcuni autori hanno trovato non solo che gli
anziani sono in grado di dare risposte di coping flessibili, ma che il coping utilizzato in presenza
di patologie croniche non dipenderebbe tanto dall’età, quanto piuttosto dalle specifiche
richieste della malattia, dalle credenze soggettive sulla malattia e dalle caratteristiche
personali.
I MECCANISMI DI COPING NEL BAMBINO E NELL’ADOLESCENTE MALATO
Inizialmente le risposte agli stimoli stressanti sono esclusivamente su base biologica, il neonato
è in grado di reagire attraverso risposte automatiche autoconsolatorie come può essere il
succhiarsi il pollice, o finalizzate al rilascio della tensione come il pianto.
Il passaggio dalle risposte automatiche a un’autoregolazione consapevole e volontaria si
realizza grazie allo sviluppo delle competenze cognitivo-comportamentali per la regolazione di
sé e dell’ambiente, incluso l’emergere dell’intenzionalità, del pensiero rappresentativo, del
linguaggio, della metacognizione e delle capacità di ritardare la soddisfazione pulsionale.
Eisenberg e colleghi hanno dimostrato nei bambini piccoli come la capacità di regolazione
emotiva e comportamentale sia correlata a un maggior sviluppo del comportamento prosociale
e a una minore presenza di problemi comportamentali e di emotività negativa.
Con l’ingresso nella preadolescenza, le risposte di coping divengono più flessibili grazie non
solo all’incremento delle capacità metacognitive, ma anche alla maggior aderenza delle
risposte di coping alle caratteristiche dello stressor e al contesto sociale immediato.
Durante l’infanzia e la prima adolescenza, le strategie di coping più frequenti sono
caratterizzate da comportamenti di evitamento, come l’immaginazione, in quanto il controllo
personale sulle situazioni stressanti è limitato e delegato spesso alle figure adulte, che in
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ambito ospedaliero possono essere, oltre ai genitori, i medici e gli infermieri. Nella tarda
adolescenza si assiste invece a un significativo incremento delle strategie di problem solving
dovuto probabilmente alla spinta verso l’indipendenza che caratterizza questa età.
Con la maggiore maturità ed esperienza si affinano le capacità di previsione degli stressors, se
la loro anticipazione può facilitarne l’evitamento o migliorare il modo in cui essi vengono
affrontati; non sempre però questo si verifica, dal momento che la capacità anticipatoria può
aumentare il livello d’ansia.
Il tipo di patologia sofferta incide ovviamente sulle strategie di coping utilizzate; queste
dipenderanno non solo da variabili individuali, sociali e ambientali, ma anche da fattori inerenti
alla malattia stessa, quali la sua eziologia, la sua durata e la gravità.
Tra i fattori ambientali che influiscono sulla qualità delle risposte di coping dei bambini affetti
da tumore sembra esserci la capacità dei genitori ad accettare la malattia del figlio. Non ci
risulta esitano studi che abbiano analizzato le eventuali modifica