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I livelli di incomunicazione medico-paziente
La nostra medicina, figlia della scienza occidentale sperimentale, ha un approccio tipicamente "esplorativo". Il soggetto, l'osservatore, lo sperimentatore, il medico, studia l'oggetto (la reazione chimica, il fenomeno fisico, il paziente) per conoscerlo, analizzarlo e, se possibile, desumerne leggi o regole generali che possano inserirsi in un sistema coerente di principi. Il medico-soggetto, sulla base dello studio dell'oggetto-paziente, decide poi le linee di intervento. Un corollario di questa considerazione è che, nella relazione, vi è un soggetto ad altissima responsabilità, l'operatore, e uno a bassa responsabilità, il paziente. L'approccio con il paziente straniero nel nostro paese non poteva non partire da questo dato di fatto. È comprensibile che gli operatori sanitari, che hanno basato la loro formazione e anni di prassi clinica sul principio di ruoli distinti.
tra soggetto e oggetto, abbiano cominciato a chiedersi che tipo di oggetto fosse il paziente straniero e qualifossero le modalità di intervento più efficaci nei suoi confronti. Due medici, Riccardo Colasanti e Salvatore Geraci, operatori di un grande ambulatorio per immigrati, quello gestito dalla Caritas a Roma, hanno cominciato fin dagli anni '80 una riflessione sui livelli di incomprensione tra medico e paziente, che hanno poi sistematizzato nel volume Argomenti di medicina delle migrazioni (1995). Secondo i due autori, le possibili incomprensioni si situano a 5 livelli: 1. Prelinguistico (non ostensibilità delle sensazioni interiori) L'incomprensione a livello prelinguistico ha a che fare con la difficoltà a comunicare le proprie sensazioni interiori. Una distinzione classica dell'antropologia medica, proposta dai primi anni '70 in ambiente anglosassone, è quella tra disease e illness, con il primo termine volendo descrivere laLa malattia è una condizione conosciuta dalla scienza medica, che comprende un insieme di sensazioni, emozioni, pensieri e comportamenti correlati, propri della percezione soggettiva dell'"essere ammalato" del paziente. Nella medicina tradizionale occidentale, l'attenzione alla malattia del paziente è stata generalmente trascurata: ai medici interessano i sintomi, ma non la descrizione emotiva che i pazienti danno del proprio malessere. La definizione della malattia, infatti, spetta tipicamente al clinico ed è chiamata "disease". Per questa ragione, nella nostra cultura, è frequente che i pazienti effettuino una censura a priori dei propri vissuti. In ambito transculturale, la difficoltà di espressione della malattia può essere ancora maggiore perché diversi possono essere l'approccio con la propria interiorità, il modo di esprimersi, le parole per descrivere e i modelli esplicativi di malattia.
2. Linguistico
(arbitrarietà del significato e del valore semantico)
È la difficoltà più immediata e ovvia, quando gli interlocutori non conoscono una lingua comune. Accanto ai problemi strettamente lessicali, tuttavia, ci sono quelli semantici: non vi è infatti una sovrapposizione completa dei significati semantici delle parole nelle varie lingue (ad esempio, un paziente somalo e un medico italiano possono capire benissimo il termine "reni" e dare per scontato di essersi capiti, mentre può sfuggire il significato semantico che può orientare verso una lombalgia quella che potrebbe essere una diagnosi di sintomatologia colitica). Possiamo dire che gli interpreti nella pratica corrente sono di due tipi: quelli fortuiti, rimediati all'occorrenza (parenti, amici...), e quelli specificatamente formati allo scopo, i cosiddetti "mediatori culturali".
3. Metalinguistico (arbitrarietà dei valori simbolici)
Esiste, nelle diverse lingue,
un livello simbolico per cui a un certo termine possono corrispondere, nell'universo mentale di chi parla e di chi ascolta, significati astratti differenti, che costituiscono possibili fonti di fraintendimento (ad esempio, avoir mal de coeur in francese non si limita a significare "avere mal di cuore", come potrebbe suggerire una traduzione letterale, ma nel linguaggio colloquiale indica nausea e disturbi di stomaco). Credo che non si possa prescindere da un atteggiamento di costante verifica con il paziente, all'interno di un processo che potremmo definire di "negoziazione dei significati", cioè di discussione riguardo a ciò a cui ci riferiamo noi quando introduciamo una simbolizzazione e, viceversa, a ciò che può voler sottintendere il nostro interlocutore. È sorprendente il livello di sottintesi, spesso fraintesi, anche tra persone che apparentemente condividono la stessa origine; la loro chiarificazione approfondisce.e amplia la qualità della relazione e la ricchezza dei messaggi scambiati.- Emotivo (empatia e comprensione)
La dimensione emotiva è fondamentale in una conversazione tra medico e paziente. L'empatia e la comprensione permettono al medico di comprendere le emozioni e i sentimenti del paziente, creando un ambiente di fiducia e supporto. - Comunicativo (chiarezza e ascolto attivo)
La comunicazione efficace richiede chiarezza e ascolto attivo da entrambe le parti. Il medico deve essere in grado di esprimersi in modo chiaro e comprensibile, evitando termini tecnici troppo complessi. Allo stesso tempo, deve essere in grado di ascoltare attentamente il paziente, senza interruzioni o giudizi. - Interpersonale (rispetto e fiducia reciproca)
La dimensione interpersonale è basata sul rispetto e sulla fiducia reciproca tra medico e paziente. Il medico deve trattare il paziente con rispetto e dignità, riconoscendo la sua autonomia e coinvolgendolo nelle decisioni riguardanti la sua salute. - Culturale (imprinting ed elementi culturali inconsci)
È forse superfluo sottolineare il valore dei riferimenti culturali all'interno di una conversazione tra medico e paziente. Con il termine "cultura" intendiamo l'insieme dei valori spirituali e ideologici di una persona, cioè, tra l'altro, il modo con cui definisce il mondo e se stessa all'interno del mondo, e l'insieme delle sue conoscenze nei vari campi dello scibile. Considerando la rilevanza e la profondità delle differenze culturali, la conclusione che diventa spontaneo trarre è che se si vuole curare efficacemente un paziente straniero è necessario conoscere a fondo la sua cultura. Secondo l'opinione di chi scrive, è una conclusione parziale e anche un poco ingannevole per almeno due ragioni. La prima è di tipo pratico: in un paese come l'Italia in cui i
Sono senz'altro presenti in lui, così come lo sono, però, anche quelli che già ha assorbito nella terra di insediamento e, forse, a condizionarlo ancora di più sono le caratteristiche proprie del suo essere in transizione. Il superamento del livello d'incomprensione culturale non è quindi possibile semplicemente esplorando la cultura dell'altro, ma piuttosto entrando in quel territorio di mezzo costituito da ciò che avviene nel dinamico processo di transculturazione, nel quale non è in gioco solo il paziente straniero ma anche, in larga parte e in modo simmetrico, l'operatore sanitario che si avventura nel mondo della medicina transculturale.
5. Metaculturale (differenze ideologiche, filosofiche e religiose)
Secondo gli autori il livello metaculturale è "il piano dove gli uomini affermano consciamente e con lucidità la loro versione della vita, che a livello culturale appare implicita e, in definitiva, inconscia".
La suddivisione cultura versus metacultura ha un interesse essenzialmente pragmatico, per fornire qualche indicazione operativa perché, come è facile intuire, il limite tra livello culturale e metaculturale è tutt'altro che netto, con ampie zone di sovrapposizione. Il carattere conscio, consapevole, del livello metaculturale lo rende, comunque, più semplice da gestire.