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CAPACE DI ADATTARSI.
CRITICATO PER QUESTO. INTRALCIA LA CRESCITA NATURALE.
LA PSICOPATOLOGIA EVOLUTIVA SOSTITUISCE LA TEORIA CLASSICA E SI
CONCENTRA ANCHE SULL'ETà ADULTA PERCHè LE FORZE IN GIOCO INFLUENZANO
SEMPRE IL PERCORSO DI ADATTAMENTO.
Gli scopi sono quindi comprendere quali elementi diano come risultato un successo evolutivo, e
quali no. Come evolvono durante lo sviluppo le caratteristiche specifiche di un individuo.
ADATTAMENTO è ESITO DI CIRCOSTANZE ATTUALI E PASSATE. NON SOLO PASSATE.
FORTI CONTRASTI SU AMBIENTI SOCIALI E DI VITA (SCUOLA, FAMIGLIA ETC.)
il contributo della teoria evoluzionista ci dice che l'adattamento, analizzato in termini di
riproduttività e continuità della specie, sta ad indicare l'esito dei processi dinamici di interazione
tra specie e ambiente.
Il contributo degli etologi tende a considerare l'adattamento come adattività,per indicare la
capacità di adattamento per la costituzione biologica di una specie e fa riferimento al preciso
contesto ambientale in cui la specie si è evoluta.
Un carattere adattivo, può rivelarsi disadattivo in altri contesti che non siano il suo, con
conseguenza che ogni specie ha un suo carattere specie-specifico.
Adattamento (in etologia) può essere inteso come funzione dinamica dell'interazione fra: corredo
biologico, caratteristiche dell'habitat e forma dell'apprendimento individuale; e come
contesto.
Piaget spiega la mente umana accostandosi alla biologia: le strutture interne di un organismo si
modificano e si adattano pr risolvere i problemi posti dall'ambiente.
L'adattamento implica due modificazioni: l'assimilazione e l'accomodamento. Nella prima
l'interpretazione dell'esperienza si avvale di una conoscenza già posseduta. Nella seconda, è
necessario modificare le strutture in base a ciò che si presenta come nuovo.
Queste due funzioni rappresentano l'equilibrio tra essere umano ed ambiente esterno.
L'adattamento è considerato quindi un processo in cui l'essere umano mette in atto tutte le
conoscenze già apprese in passato per fronteggiare i problemi attuali, adattarsi, usando
comportamenti e strategie.
Nel paradigma comportamentista la nozione di adattamento diventa sinonimo di socializzazione
riuscita: si è riusciti ad acquisire conoscenze utili a partecipare come membri di una società.
In questo paradigma l'interpretazione individuo-ambiente è vista come un modellamento delle forze
esterne esercitato sull'individuo al fine di poter indirizzare il suo comportamento verso delle mete
attese e condivise dal gruppo sociale di appartenenza.
Negli anni 70' questo modello è stato criticato perchè perchè la positiva realizzazione di una crescita
adattata e adeguata doveva ricodursi unicamente al potere modellante delle forze sociali, viste con
potere attivo e assoluto, che intralciava il percorso di crescita.
È giusto pensare solo a caratteri esterni o solo a caratteri interni? È produttivo assolutizzare?
Domanda che si è posta la psicopatologia evolutiva per capire perchè se un individuo nasce in un
ambiente a rischio può crescere ''normale'', mentre un individuo nasce in un ambiente normale o
anche con condizioni vantaggiose, può crescere deviante e sviluppare sintomi patologici e disturbi
del comportamento.
La psicopatologia evolutiva non pone il focus solo su bambini e adolescenti, ma su tutto il percorso
di vita, perchè visto come relazione oscillante tra situazioni positive e negative che potrebbero
compromettere di continuo lo sviluppo delle persone.
Gli scopi sono quindi comprendere quali elementi diano come risultato un successo evolutivo, e
quali no. Come evolvono durante lo sviluppo le caratteristiche specifiche di un individuo.
Per questo serve un modello teorico che analizzi sia l'individuo che il contesto, usando il contributo
di diverse discipline.(Questa analisi si può applicare anche allo studio di una cellula.)
Gli esiti di adattamento e disadattamento infatti, non dipendono totalmente dall'individuo stesso
o totalmente dalle circostanze, ma dal tipo di relazione che l'individuo instaura con l'ambiente
circostante.
Nell'indagine si controlla sempre il legame fra normale e patologico, e si usa il termine normale per
studiare popolazioni atipiche.
L'obiettivo è quello di scavare a fondo per capire cosa abbia influenzato, e non di basarsi solo
sulle cause attuali.
L'adattamento infatti è l'esito delle circostanze attuali e di quelle passate.
Quattro punti caratterizzanti questo settore di studi sono :
• il riferimento alle teorie classiche dello sviluppo e i risultati sullo sviluppo normale
– l'approfondimento su popolazioni a rischio
– l'integrazione di prospettive cliniche con quelle antropologiche, sociologiche e
psicologiche
– la preoccupazione di integrare programmi preventivi o terapeutici.
Questa preoccupazione ci spiega infatti il forte interesse per i contrasti sociali e gli ambienti di
vita: la scuola, la famiglia etc, influiscono molto sulle caratteristiche del bambino, e
interagiscono fra di loro.
L'adattamento allora è il risultato di situazioni che impegnano le capacità del bambino, influenzano.
Gli esiti dei processi e le competenze del bambino non sono fattori estremamente personali,
ma sono situati in un preciso contesto storico, culturale, e dipendono dalle situazioni.
Il bambino è pensato intrinsecamente attivo: esso costruisce sfide, rappresentazioni, si adatta, e
perde la dicotomia interno vs esterno.
Si è arrivati a questa conclusione considerando il ruolo cruciale svolto da tre elementi:
1. l'insoddisfazione per la formulazione delle diagnosi psichiatriche in età evolutiva; (qui
manca la concezione di un'ottica evolutiva allo studio del disturbo)
2. l'insoddisfazione per i modelli eziologici relativi alle cause del disturbo; (presi in
considerazione i fattori di rischio e di disadattamento).
3. il contributo innovativo apportato dalla teoria dell'attaccamento.
I fattori di rischio
Le ricerche sui fattori di rischio intendono studiare le probabilità di esiti indesiderati tra membri
di una comunità storicamente e culturalmente data che condividono un certo numero di
caratteristiche e dei quali non si sa chi soccomberà alle condizioni rischiose e chi no.
Il termine rischio si usa facendo riferimento alla conoscenza di effetti dannosi per lo sviluppo;
alla conoscenza di un punto limite fra i valori di rischio e non rischio di un determinato fattore e
alla conoscenza delle condizioni in cui un fattore di rischio potenziale si trasforma in un danno
reale.
Ci si basa su tre modelli causali:
Il modello a causalità lineare o diretta
Il modello cumulativo
Il modello dinamico (divenuto il più importante).
Prendendo come esempio una patologia severa nel genitori la quale è associata a un rischio
maggiore di disturbo nei figli, delineiamo sei tipi di probabilità di conseguenze:
Genitore schizofrenico/figlio schizofrenico;
Genitore sch./figlio con un altro disturbo;
Genitore sch./figlio senza disturbo;
Genitore NON sch./figlio sch.
Genitore NON sch./ figlio con altro disturbo;
Genitore NON sch./ figlio senza disturbo.
I due estremi (punto 1 e punto 6), vengono considerati dal modello della causalità diretta, dove le
conseguenze sono ''scontate'', predette e sicure in base alla condizione del genitore.
È un modello piatto in cui il rischio è considerato in modo statico. Questo modello è il più
diffuso e tradizionale in ambito strettamente medico e si usa per identificare in modo
istantaneo un agente patogeno a cui attribuire la causa, come necessità imminente.
Questo modello ha tre peculiarità:
1. Lo stesso agente patogeno produrrà in tutti gli individui lo stesso disturbo;
2. i sintomi saranno presenti a tutti i soggetti indipendentemente dall'età;
3. disturbi specifici in età evolutiva avranno le stesse conseguenze in età adulta.
Essendo caratterizzato da limiti e usando quindi solo una causa (già solo in ambito medico), non
può essere utilizzato in ambito comportamentale.
Ad esempio il maltrattamento dei genitori verso i figli è visto come conseguenza diretta e unica del
maltrattamento subito da bambini da questi stessi.
Lo stesso modello lo troviamo in sociologia quando si vuole legittimare il comportamento deviante
di un soggetto considerando la sua situazione socioeconomica, o lo status della sua famiglia.
Rutter critica questo modello dicendo che nessuna variabile può essere presa singolarmente e dare
spiegazioni totali in un quadro cosi complesso come quello del maltrattamento.
Il modello cumulativo
In questo modello si considerano vari fattori che intervengono e vanno a definire il quadro finale di
un comportamento, in modo più attendibile che nel singolo fattore, come nel modello diretto.
Studiato da Rutter, il quale pensa che i modelli di rischio possano essere la conflittualità di
coppia genitoriale, la povertà, il sovraffollamento all'interno della famiglia allargata,
criminalità da parte del padre e disturbi psichici della madre, e collocazione dei bambini in
strutture esterne alla famiglia. Già con due di questi disturbi associati, la probabilità si alza
nettamente. considerare fattori che aumentano il rischio e altri che lo
Si possono qui
compensano (stabili o transitori): prematurità nel bambino, un disturbo
• i fattori potenzianti stabili possono essere la
psichico nel genitore o una malformazione o disabilità fisica nel bambino stesso.
• Quelli potenzianti transitori, stress, problemi di lavoro o di coppia, di salute, che
possono aumentare le probabilità di maltrattamento.
• I fattori compensatori continuativi, a carico del bambino (salute, bellezza, desiderabilità
del sesso) o a carico della coppia (relazione positiva o supporto della coppia).
• I fattori compensativi transitori sono condizioni che migliorano lo stato della famiglia che
possono proteggere dallo stress (promozioni lavorative, buon superamento delle fasi
evolutive del bambino).
importante considerare alcuni eventi separatamente, per il loro tipo
Resta comunque
di esito.
Ad esempio l'abuso fisico e sessuale dei bambini andrà a ripercuotersi sugli esiti psicologici e
comportamentali.
Mentre i disaccordi familiari sono associati a disturbi del comportamento.
Infine anche le forme di deprivazione sono associate a disturbi cognitivi.
Si considerano separatamente anche disturbi cronici o acuti, e situazioni familiari riguardanti solo il
bambino o tutta la famiglia.
Tutte queste situazioni, in senso cumulativo, alzano la sog