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Approcci terapeutici
Sebbene studi controllati abbiano suggerito che la terapia cognitivo-comportamentale e la terapia interpersonale possono essere utili nel trattamento della bulimia nervosa e del disturbo da binge-eating, le evidenze relative alla psicoterapia dell'anoressia nervosa sono molto più deboli. I risultati di una meta-analisi suggeriscono che per gli adolescenti con anoressia nervosa il trattamento basato sulla famiglia è probabilmente superiore al trattamento individuale e può essere raccomandato come intervento di prima scelta.
I clinici che hanno in trattamento pazienti con anoressia nervosa sono d'accordo nel ritenere che gli obiettivi terapeutici non debbano essere focalizzati strettamente sull'aumento di peso. Un approccio "a due vie", raccomandato da Garner e collaboratori, prevede una prima fase di ripresa dell'alimentazione per acquistare peso. Una volta raggiunto questo obiettivo, può iniziare la seconda fase.
Fase dell'intervento psicoterapeutico. Le pazienti anoressiche mostrano miglioramenti più marcati quando l'approccio terapeutico comprende una combinazione di psicoterapia familiare e psicoterapia psicodinamica individuale, rispetto a quando vengono trattate semplicemente con misure educazionali centrate sul controllo del peso. La psicoterapia espressivo-supportiva a tempo indeterminato è la pietra miliare del trattamento. Finchè non vengono presi in esame il sottostante disturbo del Sé e le connesse distorsioni delle relazioni oggettuali interne, la paziente seguirà un percorso di ripetute ricadute e di continui ricoveri ospedalieri. I membri dello staff di un reparto devono prestare una particolare attenzione ai tentativi inconsci del paziente di rimettere in atto nell'ambiente ospedaliero le battaglie familiari. In questi casi devono riuscire a trasmettere il proprio interesse nei confronti della paziente e aiutarla a riacquistare peso.
essere risolto possono essere percepiti come minaccianti e possono aumentare la resistenza della paziente.2) Concentrarsi sulle emozioni e sui sentimenti della paziente, piuttosto che sul suo comportamento alimentare. La terapia dovrebbe aiutare la paziente a comprendere le radici emotive dell'anoressia e a sviluppare strategie per affrontarle in modo più sano.3) Creare un ambiente terapeutico sicuro e di sostegno, in cui la paziente si senta accettata e compresa. Questo può favorire l'apertura e la fiducia necessarie per affrontare i problemi sottostanti.4) Collaborare con altri professionisti, come dietisti e medici, per garantire un approccio multidisciplinare e un supporto completo alla paziente. È importante sottolineare che ogni paziente è unica e richiede un approccio personalizzato. La terapia dovrebbe essere adattata alle esigenze specifiche della paziente e tenere conto dei suoi obiettivi e delle sue risorse.essere risoltoriducono la loro possibilità di formare una valida alleanza terapeutica. All’inizio della terapiapuò pertanto essere utile chiarire che l’obiettivo principale del trattamento è quello dicomprendere il sottostante disturbo emotivo della paziente piuttosto che il problema delrifiuto del cibo. I terapeuti devono riconoscere il fatto che per la paziente l’autodisciplinaassociata all’anoressia nervosa rappresenta in qualche modo un dato positivo, ma nellostesso tempo sottolineare che un miglioramento dello stato nutrizionale porta anche a unamigliore capacità di pensare e di comunicare.2) Evitare interpretazioni precoci nella terapia. Le interpretazioni di paure e desideri inconsciverranno percepite dalla paziente anoressica come una ripetizione della storia della sua vita.Qualcun altro le sta dicendo quello che lei realmente sente, mentre la sua esperienzacosciente viene minimizzata e invalidata. Al contrario, il compito
Il compito del terapeuta dovrebbe essere di validare ed empatizzare con l'esperienza interna della paziente. Il terapeuta dovrebbe mostrare un vivo interesse per ciò che lei pensa e sente; dovrebbe trasmettere il messaggio che la paziente è una persona autonoma che ha il diritto di avere le proprie idee sulla malattia. È di fondamentale importanza aiutare la paziente a definire i suoi stati affettivi. Le azioni e le decisioni che originano da questi sentimenti devono essere legittimate e rispettate. Il terapeuta può aiutare la paziente a esplorare varie opzioni ma dovrebbe evitare di dirle cosa fare. Questo approccio empatico, supportivo, costruttivo dell'Io nelle prime fasi della terapia faciliterà l'introiezione dello psicoterapeuta come oggetto benigno.
3) Controllare attentamente il controtransfert. È facile che i terapeuti che lavorano all'interno di un'équipe terapeutica potranno iniziare a sentire che i colleghi
giudicano negativamente il loro lavoro se le loro pazienti non aumentano di peso. Questa preoccupazione controtransferale può portare il terapeuta a cadere nella trappola di identificarsi con i genitori della paziente. La situazione ideale per la psicoterapia individuale è che un altro terapeuta si occupi del problema del peso, lasciando lo psicoterapeuta libero di esplorare le sottostanti tematiche psicologiche della paziente. Con le pazienti affette da anoressia in generale l'alleanza terapeutica è molto più tenue di quanto appaia, e il terapeuta deve adattarsi alla frustrazione di sentirsi ingannato dalla paziente. Per gestire il controtransfert è utile ricordare che queste pazienti interpretano i progressi come sinonimi di crescita e separazione della famiglia, prospettive che sono entrambe fonte di grande inquietudine e paura. L'ansia del terapeuta è ulteriormente alimentata dal fatto che le pazienti anoressiche stanno in realtà.“giocando” con la morte, e la situazione è resa ancora più frustrante in quanto frequentemente esse negano di avere desideri suicidari.
4) Esaminare le distorsioni cognitive. Le errate percezioni della paziente riguardo al suo corpo e le credenze cognitive illogiche dovrebbero essere esplorate con la paziente in maniera non giudicante. Chiaramente, lo psicoterapeuta deve assumere un ruolo educativo con queste pazienti, aiutandole a comprendere gli effetti della denutrizione sulle capacità cognitive. Lo psicoterapeuta deve, tuttavia, cercare di educare senza porre alcuna richiesta di cambiamento.
Gli psicoterapeuti devono essere flessibili, insistenti e tenaci di fronte alla tendenza della paziente a “rinviare” continuamente il processo terapeutico nel tentativo di essere ancora una volta lasciata in pace. Le distorsioni dell’immagine corporea, che spesso assumono proporzioni deliranti, possono essere particolarmente refrattarie agli sforzi.
Educativi e terapeutici. I terapeuti devono stare attenti alla disperazione e alla frustrazione controtransferali che li potrebbero indurre a forzare la paziente a vedere le cose come sono realmente.
BULIMIA NERVOSA
Le pazienti con bulimia nervosa vengono generalmente distinte da quelle con anoressia nervosa sulla base di un peso relativamente normale e della presenza di abusi alimentari o abbuffate e di comportamenti compensatori quali vomito autoindotto e inappropriato uso di lassativi. I risultati di follow-up a lungo termine suggeriscono che con il passare del tempo l'anoressia nervosa può cedere il passo alla bulimia, mentre la modalità inversa è molto più rara.
COMPRENSIONE PSICODINAMICA
Mentre la paziente anoressica è caratterizzata da una maggiore forza dell'Io e da un maggiore controllo del Super-Io, alcune pazienti bulimiche possono soffrire di una generalizzata incapacità di posticipare la soddisfazione degli impulsi, a causa di un
Io indebolito e di un Super-Io meno forte. L'eccessiva ingestione di cibo e le successive condotte di eliminazione non sono solitamente problemi di controllo degli impulsi isolati; generalmente coesistono con relazioni sessuali impulsive e autodistruttive e con l'abuso di molteplici sostanze. Famiglia e fattori ambientali giocano un ruolo chiave nello sviluppo del disturbo. Nelle pazienti bulimiche è facile riscontrare problemi nel dialogo emotivo con i genitori e un pattern a costante di conflitti tra parti contraddittorie del Sé, indubbiamente influenzato da identificazioni conflittuali con i genitori. Inoltre, molte pazienti bulimiche vivono una mancanza di rispetto per i propri confini e un'intrusione grossolana nella loro privacy, che si manifesta con abusi fisici o psicologici. Una scarsa stima di sé potrebbe favorire un disturbo dell'alimentazione distorcendo la visione che le ragazze hanno del proprio aspetto fisico. Gli autori che hannoStudiato le origini evolutive della bulimia hanno rilevato notevoli difficoltà rispetto alla separazione sia nelle pazienti che nei loro genitori. Un tema comune nella storia infantile delle pazienti bulimiche è l'assenza di un oggetto transizionale che aiuta la bambina a separarsi psicologicamente dalla madre. Questa lotta evolutiva per separarsi può essere invece inscenata usando come oggetto transizionale il corpo: l'ingestione di cibo rappresenta il desiderio di fusione simbiotica con la madre e l'espulsione di cibo un tentativo di separarsi da lei. I genitori delle bambine destinate a divenire bulimiche si rapportano spesso alle figlie come se queste fossero estensioni di sé stessi. Le figlie vengono spesso usate come oggetti-Sé per validare il Sé del genitore. Le qualità inaccettabili dei genitori vengono spesso proiettate nella bambina bulimica, che diviene così l'unica depositaria della
“cattiveria”; identificandosi inconsciamente con queste proiezioni, la bambina diventa la portatrice di tutta l’avidità e l’impulsività della famiglia.
In molti casi quindi le pazienti bulimiche concretizzano i meccanismi di introiezione e proiezione delle relazioni oggettuali. L’ingestione e l’espulsione di cibo possono riflettere direttamente l’introiezione e la proiezione di introietti aggressivi o “cattivi”. A livello superficiale una simile strategia di gestione dell’aggressività può sembrare efficace, l’espulsione della cattiveria sotto forma di vomito consente alla paziente di sentirsi bene. Tuttavia, il sentimento residuo di “bontà” è instabile in quanto è basato sulla scissione, sul diniego e sulla proiezione dell’aggressività piuttosto che sull’integrazione del cattivo con il buono.
CONSIDERAZIONI TERAPEUTICHE
Il più importante
considerazione durante la pianificazione del trattamento. Inoltre, è importante coinvolgere una squadra multidisciplinare di professionisti, tra cui psicologi, psichiatri, nutrizionisti e terapisti occupazionali, per fornire un approccio completo e personalizzato al paziente. Durante il trattamento, è fondamentale lavorare sulla consapevolezza e sull'identificazione dei pensieri e delle emozioni che scatenano i comportamenti bulimici. Questo può essere fatto attraverso la terapia cognitivo-comportamentale, che aiuta il paziente a riconoscere e modificare i modelli di pensiero distorti e a sviluppare strategie di coping più sane. Inoltre, è importante stabilire un piano alimentare equilibrato e regolare, che includa pasti e spuntini regolari per evitare la fame eccessiva e la successiva abbuffata. Un nutrizionista può aiutare a creare un piano alimentare adatto alle esigenze individuali del paziente. La terapia farmacologica può essere considerata come parte del trattamento, soprattutto se il paziente presenta sintomi depressivi o ansiosi significativi. Gli antidepressivi e gli ansiolitici possono essere prescritti da uno psichiatra per aiutare a gestire questi sintomi. Infine, è importante fornire un sostegno continuo al paziente durante tutto il percorso di trattamento. Ciò può includere la partecipazione a gruppi di sostegno, la terapia familiare e il coinvolgimento di amici e familiari nel processo di guarigione. In conclusione, il trattamento della bulimia richiede un approccio personalizzato e multidisciplinare. La consapevolezza dei pensieri e delle emozioni, un piano alimentare equilibrato, la terapia farmacologica, il sostegno continuo e il coinvolgimento di una squadra di professionisti sono tutti elementi chiave per aiutare il paziente a superare questa malattia.