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RIFLESSIONI LEGATE ALLA PROPOSTA DI AFFIDO ETEROFAMIGLIARE
La legge sull’affido eterofamigliare prevede che esso sia temporaneo ed orientato al recupero della
famiglia di origine. Presuppone che ci sia stata una valutazione in certa misura positiva sulla
recuperabilità della famiglia naturale. La soluzione dell’affido eterofamigliare viene suggerita anche
nei casi in cui i minori siano già grandi, o anche non in grado di tagliare completamente i rapporti
con la famiglia naturale. Il consulente tecnico viene chiamato a dare il proprio parere professionale
in situazioni sempre più complesse che richiedono determinate competenze ed articolate dal punto di
vista diagnostico, della conoscenza delle dinamiche famigliari e relazionali. È importante
un’approfondita conoscenza dei bambini e del loro mondo interiore. L’affido eterofamigliare è una
via di mezzo tra l’adozione e il rientro in famiglia. L’affido è una proposta allettante per il Consulente,
abbastanza libera da ansie decisionali e meno costosa. Il buon esito richiede l’impiego di competenze
forti negli operatori che lo promuovono, oltre che un lungo monitoraggio. Privo di queste condizioni
è l’affido eterofamigliare che può facilmente fallire confermando la radice abbandonica che ne è
all’origine e per questo motivo, richiede anche da parte degli operatori psicosociali, vicinanza e
accudimento. L’affido è una condizione psico-relazionale ed emotivo-concreta complessa per tutti e
richiede competenze emotive e prerequisiti particolari soprattutto nel bambino che viene affidato. Si
presta più attenzione alla conoscenza e valutazione degli adulti, che delle competenze psico-
relazionali e emotive-concrete del bambino. Si valutano con accuratezza le competenze della famiglia
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affidataria e le incompetenze della famiglia naturale, per far si che il bambino abbia le risorse di cui
ha bisogno e che gli vengano date. Ma non è cosi. Occorre domandarsi quale sia la qualità e la
caratteristica specifica dell’affido e quali le competenze emozionali che il bambino deve possedere
per affrontarlo con speranza reale. La caratteristica psicodinamica più importante è la scissione e di
conseguenza la competenza emotiva indispensabile è per il bambino, la capacità di governare la
scissione.
Cosa vuole dire sperimentare la scissione e governarla
L’affido è una condizione di copresenza e confronto fra due nuclei famigliari, due stili di vita. A
differenza dell’adozione che taglia totalmente i rapporti con la famiglia naturale, l’affido prevede
invece, che il bambino mantenga nella scena mentale e nella realtà della esperienza di vita contatti
con la famiglia naturale o con alcuni membri di essa. È previsto che tenga dentro sé realtà e
comportamenti fra loro dissimili, dove ci si aspetta che gradualmente, riesca ad adattarsi e adeguarsi,
e infine identificarsi con il modello famigliare più efficace. Spesso si può avere l’impressione che il
bambino sovrapponga questi due mondi famigliari diversi, come se ai due mondi famigliari
corrispondessero due bambini diversi: quello della famiglia naturale e quello della famiglia
affidataria. Questo tema è legato a quello della scissione cioè della scomposizione della unità dell’Io.
Ciò può accadere quando il bambino è esposto ad uno stress identificatorio troppo intenso o a un
conflitto di lealtà troppo drammatico o quando il suo Io sia troppo debole o non ancora pronto per
affrontare l’esperienza dell’affido. I primi due problemi sono affrontabili con un monitoraggio
dell’affido, ma la valutazione delle risorse dell’Io è una questione che riguarda lo psicodiagnosta. La
scissione potrebbe sembrare una soluzione semplice e rassicuratoria rispetto alla difficoltà di tollerare
l’ambiguità, l’incertezza, e l’ambivalenza nella condizione di essere un bambino affidato. Spesso si
tratta di bambini che hanno subito maltrattamenti, abbandoni e abusi sessuali, sono bambini che
hanno subito esperienze famigliari nocive e dannose per l’integrità della loro persona e del loro Io.
La scissione e la frammentazione, che possono essere condizioni a rischio di seria patologia, possono
costituire per i bambini valide protezioni al dolore e alla consapevolezza della propria storia
personale. La scissione è consueto e quasi fisiologico per quei bambini esposti a pregiudizievoli
eventi famigliari. L’affido è un’esperienza tessuta di elementi scissionali, e una quantità significativa
di bambini che hanno bisogno dell’affido eterofamigliare usano la scissione come fondamentale
movimento difensivo. Il rischio è che il bambino si rafforzi talmente tanto in tali casi, che da adulto
non riesca a raggiungere una composizione unitaria del Sé. È importante che il Consulente del
Giudice valuti lo stato di salute dell’Io del bambino, come una microdiagnosi all’interno della
diagnosi di affidabilità del bambino. L’affidabilità cioè la capacità di governare la complessità
dell’affido non c’entra nulla con il fatto di averne bisogno, anzi esiste una proporzione fra avere
bisogno dell’affido eterofamigliare e l’essere un bambino con funzionamento mentale scisso. La
valutazione della capacità di tenuta dell’Io e della tendenza alla scissione, diventa fondamentale nel
suggerire l’affido di un minore.
Dalla frammentazione verso l’unità
In un affido eterofamigliare per bambini che hanno subito maltrattamenti o abusi, è giusto precisare
che non si passi da una famiglia all’altra immediatamente. È necessario un periodo di decomposizione
e neutralità, nel quale i bambini attraverso piccoli gesti, parole, esperienze quotidiane, vengono
accostati a valori culturali nuovi per loro: l’idea della cura, della protezione, rispetto dell’intimità sia
fisica che mentale. Occorre che i bambini facciano una sorta di transito culturale, in questa fase
dolorosa ed incerta, i bambini non sono pronti a stare in una famiglia affidataria perché sono ancora
profondamente scissi, e hanno bisogno di mettere pezzi dei loro bisogni, desideri e delle loro paure,
su varie figure umane. La scissione è utile, terapeutica, per un bambino tradito da suo padre e da sua
madre, non si può attendere tutto da un’unica persona. I bambini fatti a pezzi dai genitori, devono
essere all’inizio, «messi insieme dalla comunità». Passare dalla violenza alla cura e alla protezione è
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un passaggio clinico e personologico, è un transito dalla frammentazione all’unità. In questo percorso
ai bambini si deve concedere il rischio di frammentare le loro relazioni. Bisogna valutare allora
quando il bambino sia sufficientemente unificato e ricomposto per affrontare una esperienza utile ma
difficile come l’affido eterofamigliare che espone al rischio della scissione e ha bisogno di una
sufficiente forza dell’Io per governarla.
Competenze di base che il bambino deve avere in funzione dell’inserimento in una
famiglia affidataria
Per essere inserito in una famiglia affidataria, è importante che il bambino non abbia un Io troppo
aperto e dissipato. Per proporre l’affido il bambino deve possedere due competenze umane ed
emotive: la competenza della figlità, cioè la capacità di relazionarsi e dipendere con fiducia con un
oggetto-persona unificato. Dopo che si è composto e unificato l’Io del bambino, inizia a credere che
ci sia qualcosa di buono nell’adulto e che può relazionarsi con lui come un bambino intero. Non è
facile comunque accogliere un bambino che viene da una comunità perché il bambino nella comunità
non avrà una sviluppata competenza nel fare riferimento ad un unico adulto e ancor meno ad una
coppia con funzioni simil parentali. Le differenze tra famiglia e comunità sono tante. È importante
ritrovare nel bambino la capacità di tenere insieme due realtà, senza ricadere in scissioni troppo
intense.
L’affido nel caso di bambini provenienti da famiglie fortemente conflittuali
Spesso ci si trova in casi in cui i conflitti hanno delle qualità intense a tal punto da non favorire la
crescita e il cambiamento ma al contrario, hanno la funzione patologica di autoalimentarsi. Questi
conflitti si fondano su narcisismi soggettivi molto intensi, su personalità poco o per niente disposte
ad uno scambio relazionale. Una posizione di elevata conflittualità comporta un coesistere di due
affetti, due pensieri, due modi di essere, ma che esistono o l’uno o l’altro. Il conflitto, quando è
patologico, è l’opposto dello scambio dialettico. In tali situazioni bisogna chiedersi fino a che punto
il bambino possa elaborare questa conflittualità cronica. La grave conflittualità cronica è considerata
fra gli abusi di ordine psicologico: un maltrattamento morale e relazionale, che procura gravi danni.
Anche nel caso in cui i bambini non sono coinvolti fisicamente nei conflitti dei genitori, si costruisce
dentro di loro una cultura mentale pericolosa che è quella della guerra e non del dialogo differenziato
e della alterità. A volte i bambini in questi casi, sono molto attivi, hanno un senso di onnipotenza,
carica di ambivalenza, perché il bambino ha bisogno di genitori potenti e solidali con lui. Il bambino
è molto confuso, tende a dividere il mondo, le persone, il suo mondo interiore e il modo di sentire.
È importante domandarsi quando il bambino sia pronto per l’affido, perché potrebbe trovarsi diviso
fra tante scissioni: la famiglia, il tribunale, i consulenti, i psicologi. Anche in tali situazioni sono
indispensabili periodi brevi di acquietamento dell’esperienza originaria, dove vengono fatti
affievolire sentimenti drammatici e traumatici, dove vengono attenuate competenze patologiche, e
acquisiti competenze diverse che partecipano alla competenza della «figlità».
La valutazione e la competenza della famiglia affidataria
Per il bene di un bambino non si può danneggiare una famiglia, bisogna trovare delle pagelline per
valutare le coppie. Occorre che la famiglia affidataria sia puntuale soprattutto nelle risorse e le difese
da mettere in campo. Quando i bambini provengono da contesti familiari altamente conflittuali
bisogna stare attenti innanzitutto che il conflitto originario non generi conflitto negli operatori stessi,
poiché il conflitto si contagia facilmente. Poi, è importante che questa tendenza non li renda meno
disposti e lucidi. Se la famiglia originaria è potente, bisogna trovare una famiglia affidataria sana ma
ugualmente potente e forte. E per potente e for