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TRA FRATELLI
L'attenzione per i fratelli
La relazione tra fratelli costituisce un ambito rispetto al quale confluiscono
interessi di carattere generale e universale, e si configura come una tematica
trasversale e diverse discipline, intorno alla quale si intrecciano variabili
differenti: genitiche,sia individuali sia familiari, emotive, cognitive e sociali.
La relazione fraterna si costruisce all'interno della famiglia, permette ai piccoli
di sperimentare le prime forme di interazione tra pari, che troveranno poi la
loro massima espressione nei legami amicali. Tale rapporto sia un vero e
proprio prototipo di quello con i coetanei e permetta un passaggio più mediato
dalla socializzazione familiare a quella extrafamiliare. La relazione tra fratelli è
caratterizzata da elementi che la accomunano al rapporto coi genitori: essa
presenta un alto livello di coinvolgimento emotivo-affettivo, una condivisione di
spazi e tempi nella quotidianità pari soltanto a quella vissuta con caregiver,e
un'intimità fisica e psicologica profonda. La relazione con il fratello si configura
a volte in una dimensione di verticalità, simile a quella con il genitore, sia per
quanto riguarda la trasmissione degli affetti e il legame di attaccamento che si
viene a creare tra i partner.
La relazione tra fratelli presenta anche tratti di orizzontalità comuni al rapporto
tra coetanei: la collaborazione nel gioco,la condivisione di oggetti, lo scontro
per il possesso degli stessi, la negoziazione in situazioni di conflitto, l'aiuto
reciproco. Essa si differenzia da entrambe le altre relazioni.
Brunori (1996), sottolinea il conflitto fraterno può essere espressione del
conflitto di tipo edipico, e quindi come tale vissuto e risolto rispetto alle
pregresse e attuali modalità di porsi nei confronti dei genitori. Al di fuori del
contesto familiare, la relazione coi coetanei, risente meno di tali dinamiche
genitoriali.
La relazione tra fratelli, sia nella sua dimensione di rivalità, sia di aiuto
reciproco, compare già nella tradizione dei miti e delle fiabe,
assolvendo,secondo Brunori, la fondamentale funzione di aiutare i popoli da
un lato e gli individui dall'altro a proiettare all'esterno, e quindi esorcizzare, i
conflitti, le paure e i bisogni vissuti all'interno.
Nei racconti biblici le rivalità o al contrario i sodalizi tra fratelli prefigurano i
contrasti o le coalizioni tra i popoli che derivanno dalla loro discendenza,
oppure esprimono sentimenti e stati d'animo vissuti universalmente, quali la
gelosia per il “fratello preferito” e la vendetta nei suoi confronti.
Nelle tradizioni orientali i fratelli, e le coppie di gemelli, sintetizzano il concetto
del “doppio” e possono rappresentare due componenti complementari, in
parte simili e in parte diverse, dalla cui unità, soltanto, può derivare l'armonia
del mondo. Le fiabe, secondo la più nota tradizione psicodinamica,
svolgerebbero per il bambino la stessafunzione che i miti assolvono per i
popoli. Le vicende narrate aiutano i piccoli a ripercorrere in forma fantastica
sentimenti e stati d'animo vissuti,più o meno consapevolmente, nella propria
realtà interna ed esterna. La relazione tra fratelli o tra sorelle appare una
costante nelle storie per i bambini: si esprime come rivalità e competizione
rispetto al primogenito ( tre porcellini), come aiuto esterno in situazioni critiche
Barbablù), come collaborazione attiva nella sconfitta del male e
nell'emancipazione dalla famiglia ( Hansel e Gretel), come odio e riscatto e nei
confronti delle sorellastre ( Cenerentola e tre nanetti del bosco). In tutti i casi,
la relazione fraterna sembra,proporre ai bambini il modo per realizzare il
proprio distacco al mondo adulto, spesso portatore del male.
Dalle variabili individuali ai fattori “non condivisi”
Il nuovo focus delle ricerche divenne la relazione in sé, e l'obiettivo erano le
“specificità”, cioè ciò che rende ognuna di esse unica e irripetibile. Le variabili
di status non perdono il significato, ma divengono parte di un insieme di altre
variabili che nel loro complesso spiegano la peculiarità e la qualità di una
relazione.
Furman e Buhrmester (1985) si sono proposti di individuare una serie di
variabili da cui potesse emergere la qualità della relazione fraterna.
Quest'ultima sembrerebbe essere la risultante dell'intreccio di alcuni fattori:
le caratteristiche individuali dei bambini, di tipo cognitivo,sociale e
• temperamentale;
variabili familiari, riguardanti l'età dei fratelli, il genere,l'ordine di nascita
• e l'ampiezza della famiglia;
le relazioni presenti tra i genitori e i singoli fratelli, compresa la modalità
• di gestione, da parte degli adulti, delle interazioni tra i bambini.
Nell'ambito delle variabili genitoriali è stata indagata la qualità della relazione
genitore – figlio ai fini di una comprensione della qualità della relazione
fraterna:e la prima è positiva, si rilevano nella relazione fraterna alti livelli di
affettività e di comportamenti di aiuto e di sostegno reciproco. I modelli
operativi interni elaborati rispetto alla relazione col caregiver guiderebbero la
costruzione del legame fraterno, così come i pattern di comportamento
utilizzati durante le interazioni genitore-bambino verrebbero generalizzati
anche alle interazioni coi fratelli.
Brody (1998) nella considerazione delle “esperienze familiari”, cioè delle
variabili di tipo familiare che influenzano la qualità della relazione fraterna, ha
incluso il riferimento alla percezione che i fratelli possiedono riguardano al
trattamento dei genitori nei propri e altrui confronti.
Ogni fratello può avere un'esperienza diversa della relazione col genitore.
L'attenzione nei confronti di tale nuova variabile ha condotto alla
considerazione dei cosiddetti “fattori non condivisi”, i quali renderebbero conto
del perchè individui che condividono lo stesso ambiente e parte del patrimonio
genetico siano in realtà diversi tra loro.
Vari studi hanno rilevato che gli eventi che accadono all'interno della famigia
non possiedono lo stesso impatto sui singoli bambini; esiste una sorta di
influenza da parte dell'ambiente non condiviso. Il ruolo della famiglia
consisterebbe, nel rendere diversi i fratelli,piuttosto che simili.
Secondo Dunn e Plomin (1990) l'esperienza di crescere nella stessa famiglia
è un'opportunità di differenziazione piuttosto che di somiglianza: poiché ogni
individuo ha proprie caratteristiche, ed è diverso dagli altri, viene trattato
differentemente dai genitori, e di coneguenza ha una percezione diversa,
rispetto al proprio fratello, della relazione con essi.
Allo scopo di indagare in modo più preciso le diverse percezioni che i fratelli
possiedono delle relazioni familiari in cui sono coinvolti,Daniels e Plomin
(1985) hanno costruito uno strumento, il SIBLING INVENTORY OF
DIFFERENTIAL EXPERIENCE (SIDE), il quale permette di valutare il ruolo di
alcune esperienze “non condivise”. In particolare gli item relativi al rapporto
con il padre e la madre consentono di avere indicazioni sull'affetto e il
controllo percepiti,rispetto a sé e al fratello, gli item relativi al legame col
fratello, danno indicazioni riguaro alla perecezione di dimensioni quali
l'intimità, l'antagonismo,la cura dell'altro e la gelosia.
La prospettiva psicodinamica
Secondo Winnicott (1945), grande osservatore delle relazioni precoci in
ambito familiare, grazie anche alla sua consistente attività di pediatra di
famiglia, con la nascita di un fratello il bambino per la prima volta prova
consapevolmente il sentimento dell'odio. Si tratta di un'esperienza di
fondamentale importanza da diversi punti di vista:
1. gli consente di attribuire nuovi significati ai legami affettivi sino a quel
momento costruiti;
2. gli richiede di rivedere la propria posizione all'interno della coppia
genitoriale;
3. gli impone di individuare forme o espressioni di tale sentimento che
siano in qualche modo accettabili per il contesto di riferimento.
La riflessione di Winnicott permette di individuare alcuni dei temi classici che
caratterizzano la propspettiva psicodinamica rispetto allo studio dei fratelli.
L'ATTENZIONE,viene posta sulla dimensione della rivalità,della
• gelosia,dell'odio, sentimenti forti e universali;
DINAMICHE AFFETTIVE,sottostanno alla relazione fraterna sono
• affrontate in stretta connessione a quelle vissute nella relzione con i
genitori, al punto che da queste traggono origine e si configura l'ipotesi
che esista un vero e proprio “complesso fraterno”, comprensibile
esclusivamente rispetto a quello edipico;
PROSPETTIVA PSICOANALITICA,vede la socializzazione del bambino
• come una progressiva rielaborazione del conflitto tra le pulsioni
dell'es,dell'Io e del Super-Io ai fini di un buon adattamento sociale.
Secondo Kaes (2003), il “complesso fraterno”, concetto teorico e clinico
centrale già nelle riflessioni del primo gruppo di psicoanalisti riuniti intorno a
Freud, può essere definito come un'organizzazione inconscia di tipo
triangolare al cui interno si intrecciano legami consanguinei strutturalmente
diversi: i rapporti tra i fratelli, che si esprimono attraverso una struttura di tipo
orizzontale, si collocano, su un piano verticale rispetto alla generazione da cui
hanno origine, cioè genitori e nonni. Ne deriva un insieme organizzato di
relazioni, costruito a partire da rapporti intersoggettivi e da fantasmi,entro cui
ogni individuo si colloca come soggetto “desiderante” e oggetto
“desoderante”. All'interno di tale formazione triangolare ognuno si definisce
attraverso il rapporto privilegiato che intrattiene con ciascuno degli altri e
attraverso i rapporti da cui è escluso. Il complesso fraterno si configura come
un insieme di pulsioni positive, amorose, ma anche negative, aggressive,
rivolte in modo ambivalente verso il fratello o la sorella, verso i genitori e verso
se stesso.
E' lo stesso Sigmund Freud a descrivere il complesso fraterno (1921),
sottolineando come siano l'egoismo e la paura di perdere il possesso di beni
materiali ed affettivi a provocare nel primogenito la gelosia nei confronti del
nuovo arrivato.
Algini (2003) sottolinea come il tema della relazione fraterna sia,oltre che
“mentale”, in quanto connesso ai diversi fantasmi e immagini di fratello
presenti nella mente di ognuno di noi,soprattutto “corposo”, in quanto
derivante da un legame di sangue e costruito in un contesto di totale intim