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LA SFIDA DEI BAMBINI CHE ODIANO

Che cos'hanno di tanto speciale i “bambini che odiano”? Tutti i bambini

sviluppano sentimenti negativi anche verso le persone che amano e di cui

hanno fiducia?Questi bambini si distinguono dai loro coetanei meno disturbati

per due caratteristiche. Sono bambini che non riescono a far fronte ai compiti

della vita quotidiana senza divenire un inestricabile groviglio di pulsioni. E tra

gli svariati impulsi che essi non sanno sottomettere e padroneggiare,

spiccano, indipendentemente dallo sfondo sociale che forma la trama del loro

ambiente di vita, le tensioni e gli impulsi che abbiamo classificato sotto il

concetto di odio. Da questa loro incapacità di costruire una sintesi tra i loro

impulsi interiori e un ordine sistematico delle cose, basato sui valori e sulla

realtà, nasce la sfida che essi rappresentano per noi.

Lavorando a contatto con questi bambini abbiamo scoperto che ciò che non

riescono a padroneggiare non è soltanto l'odio: di odio ne hanno in

abbondanza; fiumi,oceani di odio che allaga incontrollato e incontrollabile il

terreno della loro vita quotidiana.

Nell'esaminare lo stato in cui si trovavano nei momenti di disgregazione,

abbiamo scoperto che quello che la psichiatra chiama il loro Io è affetto in

molte aree delle proprie funzioni da una gravissima incapacità di svolgere i

propri compiti. Con il termine Io, intendiamo quella parte della personalità che

ha il compito di mantenerci in contatto con la “realta” e ci aiuta a regolare

l'espressione degli impulsi in modo che essa rimanga entro i limiti dettati da

tale realtà. Dove la questione viene complicata da esigenze etiche si ha la

stessa cosa, solo resa più complicata dalla relazione esistente tra la

coscienza morale e l'Io e tra queste due istanze e gli impulsi.

E' possibile ricorstruire la mappa approssimativa dei compiti quotidiani dell'Io

in cui questi bambini presentavano gravi carenze. Quasi ad aggravare la loro

già enorme difficoltà nel fare fronte al loro Sè interiore corroso dall'odio, c'era

una reazione in cui tutto si accumulava e tutto finiva: l'odio. L'odio si

esprimeva come un impulso primario, fondamentale, che trascendeva di gran

lunga qualunque idea di normalità; e si presentava come reazione secondaria

di fronte all'insuccesso nello svolgere compiti che in sé stessi non avevano

molto a che fare l'odio.

Questi bambininon sono capaci di fare fronte alla paura, all'angoscia o all'insicurezza

senza cadere in forme di aggressività disorganizzata. Non sono in grado di fare fronte ai

sensi di colpa provocati dal loro comportamento senza cadere in preda all'aggressività e

senza ripetere di nuovo i medesimi atti che inizialmente avevano dato origine a quel

senso di colpa. Se si trovano di fronte alla prospettiva di un'attività piena di piacere, non

ne sanno cogliere l'intrinseca promessa di piacere e si rifugiano in un comportamento

impulsivo distruttivo. Essi sono terribilmente impazienti: qualunque cosa vogliano,

bisogna dargliela immediatamente, e se non l'ottengono la loro tumultuosa ostilità si

scatena di nuovo.

Se si è gentili con loro, se li si circonda di affetto, di giocattoli e di buon cibo e di adulti

disposti ad aiutarli, allora è come se pensassero che quel poco di ragionevolezza che

sono riusciti a mantenere possa ora essere buttata al mare: ora possono pretendere

qualcunque cosa, possono pretendere tutto, più di quanto qualunque adulto ragionevole

può o deve concedere. E e l'adulto non risponde, ecco all'ora l'inevitabile esplosione di

odio. Un altro interessante e particolare problema dei bambini che odiano: non sanno

quando chiedere aiuto all'adulto o al mondo esterno in generale. Qualunque fallimento

provocava in loro esplosioni di aggressività contro quanto stava loro attorno, oppure li

faceva rinchiudere in sé stessi in preda alla depressionepiù nera. Di fronte a momentanei

successi, poi, divenivano irritanti con il loro continuo vantarsene, e sviluppano deliri di

grandiosità.

Quello stesso Io così incapace di fare fronte agli impulsi,inaspettatamente,

con esasperante e sorprendente efficienza, riece a svolgere compiti

sovraumani per assicurare a tutti i costi la gratificazione degli impulsi. Invece

di svolgere la sua funzione, ossia di cercare una sintesi tra desideri, esigenze

di realtà e forza dei valori sociali, in questi momenti l'Io sta tutto dalla parte

dell'impulsività.

Lotta con la propria coscienza morale, il nemico interiore delle licenze,

1. dell'impulsività, della libertà tanto ambita a odiare e distruggere. La

forza della coscienza morale può variare da bambino a bambino, ma

noi non ne abbiamo mai trovato alcuno in cui fosse del tutto assente. I

bambini che odiano, inventano vari modi per rimuovere l'intenzione che

può esistere dietro un atto inaccettabile.

Ricerca di sostegni alla propria impulsività delinquenziale; si sviluppano

2. così speciali capacità diagnostiche nell'individuare altri bambini

“ideologicamente” affini. Persino il guardare dentro di sé per trovare

quali parti della propria personalità possono meglio essere sfruttate a

questo fine diventa una capacità d'introspezione così raffinata che mai

ci si aspetterebbe da un Io per altri versi tanto cieco.

L'Io si difende direttamente contro il cambiamento; un bambino che

3. viene “colto con la refurtiva” dopo un furto; il b”bottino” gli spunta

praticamente dalle tasche; sa benissimo che noi sappiamo quello che

ha fatto. Credete che confessi? Nemmeno per idea:improvvisamente

gli viene il “blocco di fronte alla confessione”, fa “scena muta”, non sa

più parlare. L'improvviso blocco della parola è voluto coscientemente,

anche se nasconde uno scopo ben preciso, anche se dietro c'è un

piano inconscio.

Per l'Io che voglia davvero far fronte alla minaccia di un cambiamento

4. non è sufficente sapersi destreggiare in una situazione; esso deve

perfezionare la propria capacità di manovrare le persone che

potrebbero far nascere tale situazione. Ecco dunque la guerra

automatica contro ogni agente di cambiamento, con lo spiegamento di

un intero arsenale di tecniche difensive dirette. E' uno spettacolo

vedere come l'Io, che sembra così tardo nel percepire la realtà sociale,

così “cieco sul piano sociale”, operi invece con tanta acutezza per quel

che riguarda i sentimenti e gli atteggiamenti dell'adulto.

Molti bambini vengono seguiti e aiutati con l'analisi infantili nei centri medici

psicopedagogici, dagli enti di assistenza alla famiglia, da ispettrici scolastiche

e altri consulenti speciali; perchè questi metodi non funzionano con tutti i

bambini? Dipende da alcune condizioni essenziali: un buon rapporto

terapeutico, canali di comunicazione adeguati, assenza di accessi di

comportamento aggressivo e distruttivo che possono disturbare il colloqui; in

caso contrario il metodo del colloquio fallisce.

L'entità e l'intensità dell'irrequietezza e dell'ostilità che questi bambini possono

esibire trascendono chiaramente tutte le risorse di chi conduce il colloquio e

della situazione stessa, e spingono il terapeuta a dover intervenire ancora

prima che si possa instaurare una vaga “nevrosi di traslazione”, cioè un

rapporto. La separazione esistente tra tra il ruolo del terapeuta e il resto della

loro vita costituisce un consistente vantaggio per le loro difese contro il

cambiamento. Ci saranno brevi periodi di “rapporto

positivo”, in cui essi portano materiale “significativo”; le probabilità che tale

materiale possa essere utilizzato sul loro comportamento nella vita di tutti i

giorni sono troppo scarse. Il loro Io manca a tal punto degli strumenti per fare

fronte ai compiti della vita quotidiana che essi sono incapaci di riportare nella

vita quotidiana quel po' di consapevolezza che possono avere acquisito dai

propri meccanismi o dalla realtà sociale che li circonda. La loro capacità di

trovare canali adeguati per ottenere soddisfazioni è così scarsa che sono

costretti a far ricorso a comportamenti primitivi dominati dall'impulsività,

suscitando reazioni ostili e punitive delle persone che sono presenti nella loro

vita quotidiana e che sfuggono al controllo del terapeuta.

La maggior parte delle persone con cui il bambino aggressivo e disturbato

entra in contatto quotidianamente si disinteressano completamente di lui o,

peggio ancora, hanno un atteggiamento negativo nei suoi confronti per il

modo distruttivo e ostile con cui si avvicina alla realtà circostante. E' evidente

che i bambini che odiano, provocano problemi tali sulla scena della loro vita,

che il terapeuta è del tutto impotente, nel colloqui, a fare fronte alle loro

conseguenze.

Se la disorganizzazione di questi bambini li rende inadatti al colloquio

psichiatrico, che è troppo distaccato dalla realtà del loro mondo, che cosa

accadrebbe se venissero esposti a un buon ambiente formativo, se venissero

circondati da adulti benevoli di trattarli con intelligenzaa e con affetto?

In teoria, essi dovrebbero lasciarsi alle spalle la loro tendenza alle cattive

azioni, alla distruttività e alle varie specie di vandalismo ostile. L'educatore

cercherà di vincere la loro cronica irascibilità e il loro odio fornendo loro i modi

e gli strumenti per riuscire in quello che fanno e per padroneggiare i loro

compiti. Perciò predisporrà sulla loro strada una serie di esperienze che li

possano “interessare e stimolare”.

Al “bambino cattivo” la vista dei compagni, felici e impegnati in attività

costruttive, dovebbe far venire voglia di modificarsi, perchè ha la possibilità di

vedere che esistono altre modalità di comportamento che garantiscono il

piacere e scarico delle tensioni.

Per completare il quadro di ciò che può offrire a questi bambini un “buon

ambiente formativo”, bisogna aggiungere che gli educatori non sono così

ingenui da credere che basti esporli a un tale ambiente per ottenere i risultati

desiderati.

Tutti i bambini hanno bisogno di qualche buona “iniezione ricostituiente” se si

vuole che il loro sistema motivazionale entri in azione e funzioni come

dovrebbe; per ottenere questo l'educatore fa ricorso alla sua riserva di “

tecniche didattiche”. Punizioni bonarie, critiche gentili, ricompense speciali,

promesse, incoraggiamenti costituiscono allora ulteriori incentivi per motivare<

Dettagli
Publisher
A.A. 2015-2016
14 pagine
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-PSI/04 Psicologia dello sviluppo e psicologia dell'educazione

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Martis93 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Psicologia dello sviluppo e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Libera Università Maria SS.Assunta - (LUMSA) di Roma o del prof Fiorilli Caterina.