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Bruner afferma che “la nozione del sé non nasce,nel bambino,da un’essenza interna,

relativamente indipendente dal mondo sociale,ma da un’esperienza matura in un mondo di

significati,di immagini e di rapporti sociali,in cui ognuno si trova coinvolto”. Pensiamo ad un

neonato: quando viene al mondo si trova inserito in una serie di eventi di natura sociale (viene

preso in braccio,viene lavato) e con chiari significati culturali (in alcune culture viene separato per

un po’ dalla mamma in altre è a stretto contatto) che lo rendono partecipe di situazioni che

possono essere recepite soggettivamente dal punto di vista percettivo; infatti il neonato dimostra

preferenze per alcuni stimoli,e l’insieme di tali preferenze è una prima organizzazione del sé. In

questa prima fase non possiamo ancora parlare di coscienza del sé, infatti il bambino impara a

conoscere se stesso conoscendo l’altro,che si occupa di lui e gli consente di costruirsi una serie di

aspettative sociali. La costruzione del sé si può descrivere come un prodotto sociale e culturale

che si realizza nelle situazioni interattive,alle quali il bambino è introdotto fin dalla nascita. È con le

interazioni con gli altri che si creano le credenze sul sé. E i gesti sono i meccanismo base delle

azioni che rendono possibili le interazioni. In un primo tempo, è evidente l’asimmetria fra madre e

bambino nella capacità di padroneggiare i gesti, ed è quindi l’adulto a fornire al piccolo i significati

dell’azione; successivamente il bambino interiorizza le combinazioni di gesti possibili e i significati

che tali conversazioni veicolano ed è quindi in grado di comprendere il ruolo di sé e degli e degli

altri e di partecipare attivamente alla situazione sociale. pian piano emerge sempre di più la

duplice natura del sé: l’IO e il ME. La possibilità di interazioni aumenta ovviamente con la

comparsa del linguaggio verbale. L’intreccio fra sviluppo del linguaggio e costruzione del sé è

costante; il linguaggio è lo strumento più utile attraverso il quale passano in modo esplicito i

messaggi.

-la teoria dell’attività- (prospettiva socioculturale)

Nella prospettiva socioculturale,la cultura gioca un ruolo cruciale nell’organizzare l’esperienza

sociale umana, in particolare nel corso dei quotidiani scambi simbolici fra adulti e bambini.

Sviluppata in Russia nella prima metà del ventesimo secolo, la “teoria dell’attività” è stata ripresa in

anni recenti. Questo approccio teorico è interessante perché consente di comprendere come

l’importanza della cultura nello sviluppo umano sia comprensibile solo nelle azioni dei membri di

una comunità. Si fonda su tre premesse:

- Prima di tutto sottolinea come il comportamento sia concreto e diretto ad uno scopo. I

bambini crescono e apprendono nel corso di attività pratiche organizzate dalla comunità

culturale a cui appartengono. Una ricerca relativa all’uso quotidiano di abilità matematiche

in bambini brasiliani di strada aveva dimostrato come essi, nella loro attività di vendita di

caramelle, riuscissero a compiere operazioni matematiche anche complesse (ad es

proponendo sconti per incrementare le vendite) mentre non si dimostravano capaci a

compiere operazioni più semplici nel contesto scolastico.

- Lo sviluppo umano è il prodotto della storia sociale e culturale a cui l’individuo partecipa.

La storia individuale è rintracciabile nei materiali o strumenti che ognuno utilizza durante le

attività quotidiane, ed essi a loro volta riflettono la storia più ampia del gruppo di cui

l’individuo è membro.

- Infine lo sviluppo è un processo mediato socialmente, in quanto le persone hanno accesso

al mondo in modo indiretto. Gli strumenti e le pratiche sociali sono mediatori conduttori del

comportamento umano,quindi rendono possibile il collegamento fra bambino che cresce e il

mondo degli ogg e delle persone. Questo avviene attraverso la guida di membri culturali

esperti.

Capitolo 3

Le teorie sulla socializzazione infantile

Un’ importante ricerca dei cambiamenti storici riguardanti i bambini e i loro genitori è stata condotta

alla fine degli anni 50 da Brofenbrenner che ha condotto la sua ricerca inerente il ruolo genitoriale

tra gli anni 20 e 50. Le ricerche riguardavano un’ampia gamma di pratiche: la durata e le modalità

di allattamento, i modi per istruire i piccoli al controllo degli sfinteri, gli stili disciplinari. L’autore

concluse affermando che i cambiamenti storici riguardanti i bambini sono da rintracciarsi

nell’intreccio di due variabili: la classe di appartenenza e le modifiche storie del ruolo dei genitori.

Ad es i genitori di ceto medio passarono da uno stile improntato alla severità tipico degli anni 20 a

uno stile più liberale degli anni 50 basato sul ragionamento e l’appello ai sensi di colpa dopo un

comportamento sbagliato da parte dei figli; invece i genitori appartenenti alle classi più basse

andarono in una direzione inversa. tra gli anni 30 e 60 possiamo rintracciare due importanti

correnti di studio che hanno analizzato il ruolo dei genitori nel processo di socializzazione infantile:

-la prima corrente è legata allo studioso Baldwin che avviò le sue ricerche con una serie di

interviste ai genitori,osservando le interazioni con i bambini. Influenzato sia dalla teoria degli stadi

formulata da Piaget sia dalla teoria di Ledwin sulla leadership democratica, Baldwin riuscì a

mostrare delle connessioni fra atmosfere familiari e qualità delle relazioni sociali dei bambini nei

contesti extrafamiliari, e identificò nei climi orientati alla democrazia quelli più favorevoli.

-la seconda corrente è stata prodotta da Kohn che presentò alee madri una serie di situazioni

riferite a possibili trasgressioni da parte dei figli per vedere come si sarebbero comportate; le madri

provenienti dalle classi inferiori si rivelarono più inclini a punire i figli, mentre le madri della classe

media sembravano più orientate a far ragionare i figli per non ripetere quel comportamento.

Quindi entrambe le correnti arrivarono al risultato che i ruoli di genitorialità erano influenzati da

elementi connessi ai valori,alla cultura,alla classe. Tuttavia queste due correnti non furono prese

molto in considerazione, forse per il ruolo egemonico che ebbero in quel periodo le due grandi

teorie del comportamentismo (che proponeva modelli di premi e punizioni per rafforzare i

comportamenti desiderati e scoraggiare gli altri) e la psicoanalisi (secondo la quale i genitori

devono imporre restrizioni alla libera espressione dei desideri e impulsi dei figli e contenere la

rabbia che tali restrizioni possono scatenare; in questo processo i bambini sperimentano la rabbia

e l’amore per i genitori e questo conflitto si risolve con l’identificazione verso il genitore dello stesso

sesso che si accompagna all’adozione di comportamenti adeguati).

Tuttavia la rivoluzione cognitiva forzò l’abbandono dei modelli stimolo risposta proposti dai

comportamentisti. E la conseguenza di ciò fu l’elaborazione di tre aree tematiche:

1- Psicolinguistica. Nell’era del comportamentismo, Skinner affermava che il linguaggio era

una risp diretta agli stimoli verbali provenienti dai genitori. Fu il lavoro di Noam Chomsky a

demolire le posizioni deterministiche: i genitori sono certamente fonti importanti perché

consentono al bambino l’esposizione continuativa al linguaggio,ma lo sviluppo linguistico

non è spiegabile con l’imitazione delle produzioni verbali degli adulti. Chomsky postula

l’esistenza di un dispositivo innato per l’acquisizione del linguaggio; il bambino possiede

alla nascita capacità orientate allo sviluppo linguistico,quindi impara a parlare in modo

autonomo rispetto agli stimoli degli adulti.

2- Teoria dell’attaccamento. Anche in questo caso Bowlby parla di competenze innate, ma

questa volta in ambito sociale. per lui il bambino è biologicamente predisposto

all’interazione umana, senza la quale la sua sopravvivenza non sarebbe possibile. Solo il

piccolo che sa procurarsi e mantenere la vicinanza fisica di un adulto può sopravvivere.

Successivamente la posizione di Bowlby si discosta da una visione innatista per avvicinarsi

a una tipo sociocostruzionista,secondo la quale madre e bambino sono fin dalla nascita

impegnati in un duetto che consente l’interazione e l’alternanza dei ritmi in cui ciascuno dei

due può inserire le proprie risp.

3- Teoria dell’apprendimento sociale. con Albert Bandura ci fu la sostituzione del termine

“imitazione” che era centrale nel comportamentismo, con il termine “modellamento” e

dimostrò che i bambini acquisiscono nuovi comportamenti senza avere avuto rinforzi ma

solo con l’osservazione delle manifestazioni di altre persone. Ad es osservando i fratelli che

vengono puniti per certo comportamenti essi apprendono che tali comportamenti non sono

ben accetti dai genitori e quindi evitano di metterli in atto.

La revisione della psicoanalisi fu più tardiva. Fu orientata in particolare al concetto di

identificazione. Ci furono due importanti contributi teorici:

-modelli operativi interni. Dipendono dai modi in cui un individuo ripensa e organizza la storia

delle proprie relazioni di attaccamento nell’infanzia. Costituiscono un aggiornamento della teoria di

attaccamento.

- scaffolding. Le prime formulazioni di scaffolding risalgono a Kaye e hanno in comune con la

nozione di identificazione l’orientamento verso la possibilità di autoregolazione delle azioni da

parte dei bambini. il ruolo di scaffolding del genitore varia sensibilmente in relazione all’età del

bambino.

-Gli stili genitoriali-

Lo studio degli stili genitoriali risale alla fine degli anni 60, quando Diana Baumrind sviluppò la

distinzione fra diversi stili adottati dai genitori che avrebbero ricadute importanti sullo sviluppo della

personalità dei fogli. Per un certo verso riprende la nozione di genitorialità a cui era arrivato

Baldwin, ma aggiungendo qualcosa in quanto per lei lo stile ottimale doveva combinare aspetti di

democrazia e autoritarismo insieme. Per studiare gli stili l’autrice rileva,attraverso un questionario,

una serie di misure nei genitori relative a due dimensioni ( la richiesta di disciplina ai figli e il

sostegno affettivo), e arriva a mostrare 4 diverse tipologie di genitori:

-genitori autorevoli. Consentono ai figli molta libertà e sono fermi nel richiedere il rispetto di poche

ma importanti regole.

-genitori autoritari. Adottano uno stile rigido e i bambini godono di poche libertà e ricevono poche

gratificazioni.

-genitori perm

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Publisher
A.A. 2016-2017
8 pagine
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SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-PSI/04 Psicologia dello sviluppo e psicologia dell'educazione

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher AnnaSJ di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Psicologia dello sviluppo e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi "Carlo Bo" di Urbino o del prof Russo Emanuele.