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C O N
D A A R T
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L C , A S
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L
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P
P
O O G
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V O F
F E
T T I
V
O E O C
I
A
L
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Lo studio del modo in cui il bambino conosce il mondo, passa attraverso l'analisi di quattro aspetti dei
processi cognitivi: la capacità di percepire, di apprendere e memorizzare, di organizzare la conoscenza
tramite simboli (soprattutto linguistici) e di agire intelligentemente. Viene studiato l'evolversi di queste
capacità in un periodo ristretto e denso di esperienze cha va dalla nascita all'inizio dell'adolescenza.
Conoscere l'ambiente, le persone e noi stessi, ed essere consapevoli di queste conoscenze può essere
considerata la caratteristica più distintiva del nostro essere uomini.
Capitolo 4
Lo Sviluppo Cognitivo
4.1. I riflessi
L'essere umano sin dalla nascita sa fare molte cose solo apparentemente elementari: reagire con
movimenti riflessi a degli stimoli, percepire il mondo esterno, piangere. I riflessi sono risposte
organizzate e automatiche a stimoli specifici, sono innati nella nostra specie e hanno funzione
adattativa. Alcuni riflessi sussistono per tutta la vita, come il riflesso pupillare, lo starnuto o lo
sbadiglio, mentre altri scompaiono dopo i primi mesi, quando le loro funzioni vengono sostituite da
azioni volontarie. Alcuni di essi sono al servizio della nutrizione (rotazione del capo, suzione), altri
svolgono un ruolo di preadattamento (marcia automatica, prensione), ma non vi è evoluzione diretta,
in quanto i riflessi scompaiono prima che emergano le attività volontarie (camminare, afferrare
saldamente). Di alcuni riflessi, come quello di Moro (inarco della schiena e allargamento delle braccia
quando non gli si sostiene il capo o si produce un forte rumore) e di Babinsky (stendere e ritrarre le dita
quando si sfiora il piede dall'alluce al tallone) non è nota la funzione, ma essi sono comunque
importanti in quanto la presenza e la qualità dei riflessi alla nascita e la loro scomparsa a tempo debito
sono elementi diagnostici importanti per la salute del bambino, la cui assenza o il protrarsi possono
segnalare danni al sistema nervoso centrale. La presenza dei riflessi è il primo indizio del fatto che il
bambino reagisce a informazioni dal mondo esterno e non solo alle sensazioni propriocettive, ossia
quelle che derivano dai suoi stati interni (fame o sonno).
4.2. La percezione
La capacità di registrare informazioni con gli organi di senso può essere considerata la base della
conoscenza umana. La percezione ci fornisce informazioni di prima mano sulla realtà, limitate a ciò con
cui abbiamo a che fare "hic et nunc", ma indispensabili per rapportarci alla realtà e costruire forme di
conoscenza più complesse. Gli studiosi continuano a discutere sulla misura in cui la percezione implichi
processi cognitivi complessi, dato che la nostra mente non si limita a registrazioni passive, ma
seleziona e organizza le informazioni sensoriali. Un punto di vista influente è quello della teoria della
Gestalt, formulata da Max Wertheimer, secondo cui la percezione è organizzata non in virtù di un
azione mentale che agisce sui dati grezzi inviati al cervello dagli organi di senso, ma in virtù di un'innata
corrispondenza tra strutture percettive e realtà. La percezione è una modalità primaria dell'esperienza,
i cui costituenti sono in larga parte innati e consentono all'essere umano di essere in sintonia con il
mondo esterno. Anche per i coniugi Gibson, impegnati nello studio dello sviluppo percettivo, percepire
il mondo non richiede un'attività mentale integrativa o ricostruttiva, perché le stimolazioni sensoriali
possiedono un ordine intrinseco che l'organismo umano è predisposto a cogliere. Il compito evolutivo
del bambino non è mettere ordine in un caos di informazioni frammentarie, ma affinare strategie che
permettano di selezionare informazioni rilevanti. In questo modo il bambino riuscirà a cogliere una
realtà esterna ricca di risorse percettive, cioè relazioni tra le proprietà degli oggetti e la possibilità di
azione offerte da queste proprietà. Il neonato ha già cominciato a sperimentare il mondo che lo
circonda all'interno dell'utero materno: in quel guscio protettivo il piccolo percepisce sensazioni tattili
e gustative succhiandosi il pollice, e ascolta alcuni suoni, soprattutto la voce materna. I neonati hanno
anche gusti definiti: preferiscono il dolce al salato e imparano in brevissimo tempo a riconoscere
l'odore del latte materno. Riguardo ai suoni, i neonati hanno una soglia uditiva più alta (limite minimo
che uno stimolo deve superare per essere percepito), cioè sentono in modo un po'più attutito rispetto
agli adulti. I piccoli sembrano attratti dai rumori che riescono a sentire e tendono a volgere gli occhi
nella direzione da cui proviene il suono. Interessante è il fatto che i neonati distinguono la voce umana
da altri stimoli sonori, una voce dall'altra e, già a 3 giorni, preferiscono la voce materna, forse perché
percepita durante la vita prenatale. La possibilità di recepire e ricordare cose udite nel grembo
materno è avvalorata da alcuni esperimenti (favola letta dalla mamma). Il preadattamento ai suoni e
ai ritmi del parlato ha un evidente valore funzionale, in quanto pone il bambino immediatamente a
contatto con l'universo della comunicazione e agevola l'acquisizione del linguaggio.
4.3. Vedere le forme
La modalità percettiva più studiata è quella visiva, perché è più facile controllare le caratteristiche
oggettive di uno stimolo visivo. La disponibilità di strumenti per registrare comportamenti anche
fugaci, come il volgersi dello sguardo, rappresenta un vantaggio per i ricercatori moderni rispetto a
quelli di non molti anni fa. Vi è comunque una difficoltà ineliminabile: l'incapacità del lattante di
comunicarci quello che vede. Oggi siamo in grado di guardare "con gli occhi dei bambini" e possiamo
verificare quanto sia infondata la convinzione che i neonati siano ciechi. Alla nascita l'apparato visivo è
infondato ma immaturo: il bambino non è capace di focalizzare entrambi gli occhi su uno stesso punto,
la sua capacità di distinguere con precisione i dettagli è limitata ed egli riesce a mettere a fuoco le
forme degli oggetti solo a breve distanza. Il bambino reagisce alle differenze di luminosità e al
movimento immediatamente dopo la nascita, dopo pochi giorni riesce a seguire con lo sguardo la
traiettoria di un oggetto in movimento nel campo visivo, forse distingue alcuni colori. Inoltre, il
lattante seleziona le cose da guardare (Robert Fantz riscontrò che a 2 giorni i bambini preferivano
osservare un disco a strisce colorate concentriche che un disco uniforme). La complessità è una delle
caratteristiche visive che risultano più attraenti per i bambini, altre sono la simmetria, la presenza di
curve e la mobilità perciò è automatico che il bambino sarà attratto dal volto umano. Guardando il
volto della madre e delle altre persone attorno a lui, il piccolo riceverà continue stimolazioni
intellettive e affettive e gratificherà chi lo accudisce con un atteggiamento che viene recepito come
partecipativo. Come il piccolo esploratore visivo guarda i volti è messo in evidenza dalla tecnica di
registrazione dello sguardo usata da Salapatek in riferimento al volto umano: a 2 mesi i bambini
esplorano il volto spostandosi rapidamente verso le parti centrali su cui si soffermano di più (occhi,
bocca). Grazie a questa abilità esplorative, a 6 mesi un bambino sarà capace di riconoscere la faccia di
una persona quando questa muta espressone o si presenta di profilo: potrà differenziare il significato
delle principali mimiche emotive e mostrare preferenze per volti giudicati attraenti.
4.4. L'orientamento spaziale
Vedere il mondo significa riconoscere le forme degli oggetti e individuare le relazioni spaziali tra un
oggetto e l'altro o tra sé e gli oggetti. In questo senso è cruciale cogliere le costanze percettive (gli
oggetti non cambiano se visti da prospettive diverse). Utilizzando la tecnica del condizionamento, Tom
Bower ha dimostrato che a 3 mesi i bambini sanno cogliere la costanza di forma, mentre la costanza di
grandezza si delinea intorno ai 4-5 mesi. Dai 2 mesi i bambini iniziano a riconoscere gli oggetti come
entità unitarie, distinte dallo sfondo e "costanti", ma il processo che porta l'infante a vedere il mondo
come gli adulti è lungo e graduale. Un aspetto importante è la percezione della profondità, da cui
dipende la possibilità di spostarsi senza causare danni all'ambiente. Su questo argomento è stato
svolto un esperimento (Gibson e Walk) su bambini che sanno gattonare, dai 6 mesi in su, che venivano
posti su un piano rialzato fatto di una solida lastra di vetro dalla quale si vedeva un panno a scacchi. I
risultati mostrarono che i bambini, spaventati, percepivano la distanza dal pavimento a scacchi. Per
scoprire la medesima competenza in bambini più piccoli, è stata registrata la frequenza del battito
cardiaco, i movimenti degli occhi e altri segnali per vedere se i lattanti si accorgono di trovarsi a
distanza dal suolo quando sono avvicinati al fosso visivo. A un mese di vita non si ha alcuna alterazione
mentre degli indizi di accresciuta attenzione sono rilevati dai 2 mesi in su. Tuttavia, le reazioni di questi
bambini non sono "di paura", come quelle dei bambini più grandi. Secondo Joseph Campos vi è, infatti,
una relazione funzionale tra l'acquisizione della locomozione autonoma, la percezione più precisa
della profondità e la comparsa di un'emozione appropriata.
4.5. Le capacità basilari di apprendimento
Le abilità innate del lattante sono sorprendenti, ma insufficienti a cogliere la complessità del mondo. I
bambini sono capaci di apprendere e ricordare. Per conoscere i meccanismi basilari
dell'apprendimento, bisogna considerare gli studi del fisiologo russo Ivan Pavlov, il quale elaborò la
teoria dei riflessi condizionati. Pavlov individuò un primo meccanismo di apprendimento, il
condizionamento ("classico"), che presuppone l'esistenza di comportamenti innati, in grado di
associarsi a stimoli nuovi grazie ad esperienze ripetute (es. salivazione del cane al suono del
campanello, associato al cibo. Questa procedura di associazione aveva generato una risposta appresa
che Pavlov chiamò riflesso condizionato). Poiché i neonati dispongono di riflessi, ci si chiede se li si
possa sottoporre con successo a condizionamento classico