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RELAZIONI FAMILIARI:

Prime competenze sociali nel rapporto madre-bambino:

0-2 mesi: interazioni schematiche con alternanza dei turni e quindi definibili come

 protodialoghi. L’adulto dirige lo scambio, attribuendo significato ai comp. del b. e

fornendo risposte coerenti. Agisce “come se” il b. stesse comunicando i propri bisogni,

facendogli assumere un ruolo attivo nello scambio. La quotidianità degli scambi e le

routine conducono a regolazione dei ritmi del b.

4-6 mesi: interazioni che coinvolgono gli oggetti. Il b. non è in grado di condividere

 l’attenzione, l’adulto nota l’interesse del b. verso l’oggetto e lo stimola.

8-9 mesi: comunicazione intenzionale e attenzione condivisa. Uso del gesto di indicare

 con funzione sia richiestiva che dichiarativa. Il b. mantiene il focus attentivo su oggetto

e adulto contempor.. Primi dialoghi fondati sull’intenzione comunicativa del b.

11-24 mesi: b. riconosce sé a altri come entità separate, acquisisce il linguaggio e

 amplia le proprie possibilità di relazione, non solo con la madre e familiari ma anche

con altri adulti e coetanei.

Nei primi 2 anni di vita il b. impara a regolare i propri ritmi nell’interazione quotidiana con

l’adulto. Acquisisce un senso di fiducia in sé e negli altri, legato all’aspettativa che i propri

bisogni siano soddisfatti.

2-3 anni: b. sviluppa un senso di autonomia. Sa muoversi nell’ambiente e acquisisce il

controllo dei propri movimenti e il controllo sfinterico. Apprende le competenze per

potersi autoregolare, partecipando a routine sociali sia in casa che al nido. L’affermazione

dell’autonomia passa attraverso l’opposizione e i no verso l’adulto.

Relazione con i fratelli: caratterizzata da diversi aspetti.

-numero di fratelli -ordine di genitura

-genere del fratello -differenza d’età tra i fratelli.

I fratelli presentano molte differenze, legate a:

Temperamento individuale

 Trattamento genitoriale in relazione alle caratteristiche individuali

 Influenze ambientali condivise e non condivise.

La relazione è ambivalente: presenta elementi di condivisione affettiva e di conflitto allo

stesso tempo. Questa relazione è laboratorio per l’apprendimento l’esercizio delle

competenze relazionali. Bambini con fratelli maggiori mostrano competenze relazioni più

precoci e raffinate. Gli interessi, la familiarità, la condivisione dell’intimità rendono più abili

nel comprendere come confortare, prevedere reazioni e umori dei fratelli.

Relazione con i nonni: risorsa sia per i bambini che per i nonni, che assumono così ruolo

significativo nella famiglia. Molto importante nell’età prescolare e può sostituirsi al nido,

ma mantiene valore anche con il crescere dell’età.

Famiglia come sistema: famiglia ha ruolo centrale nello sviluppo.

La famiglia nel corso della storia ha assunto forme differenti. Fino agli anni ’50 il modello di

famiglia era quello della f. patriarcale e numerosa. Negli anni ’50 vediamo l’esordio della

famiglia nucleare, composta da coppia genitoriale + uno o più figli ed è tutt’ora la

tipologia più diffusa. Nei tempi odierni la “famiglia” ha lasciato il posto alle “famiglie”

(Scabini). Vi sono numerose tipologie di f. e la classica si presenta disgregata e ricomposta.

Essa è un’organizzazione complessa di relazioni di parentela che segue un suo sviluppo: si

può parlare di ciclo di vita familiare.

La famiglia viene concettualizzata come sistema aperto che scambia continuamente

informazioni al suo interno e con l'esterno e che segue nel suo funzionamento i principi di:

• Totalità: ila famiglia non coincide con la somma delle parti e non è un semplice

aggregato delle caratteristiche dei suoi membri, ma un gruppo con una storia che

trascende le caratteristiche dei singoli dando luogo ad una organizzazione del tutto

peculiare dalla somma delle caratteristiche dei suoi membri. I sottosistemi familiari non

funzionano in modo indipendente, ma coordinato e in relazione con gli altri sottosistemi.

• Equifinalità: qualità secondo il quale le modificazioni nello stato di un sistema non sono

dettate dalle condizioni di partenza, ma dalla natura del processo e dalle regole

organizzative. Diversamente da quanto avviene nei sistemi chiusi nei sistemi aperti il

comportamento equifinale è indipendente dalle condizioni iniziali. Quindi condizioni iniziali

diverse possono produrre lo stesso risultato finale, così come risultati diversi possono

essere prodotti da condizioni iniziali uguali.

• Autoregolazione: compresenza di processi di trasformazione e di tendenze omeostatica

che garantiscono un equilibrio tra stabilità e cambiamento.

Relazioni triangolari: intersoggettività: aspetti attraverso cui i membri della famiglia

condividono stati interni, con stabilità del contatto emotivo, negoziazione, capacità di

affrontare incertezze, condizioni necessarie per mantenere l’equilibrio tra coesione

familiare e autonomia individuale. Questa posizione presuppone che le relazioni siano

triangolari e richiede capacità di cogliere la molteplicità delle relazioni. Gli autori osservano

che i b. sono capaci sia di relazioni triadiche, dove vi è interazione con un'altra persona

tramite gli oggetti, sia triangolari, riferite alla dinamica in cui sono implicate tre persone.

Per studiare le relazioni triangolari si sfrutta il costrutto di alleanza familiare: capacità di

collaborare nelle interazioni quotidiane che coinvolgono madre, padre, bambino. Essa

implica la capacità dei partner di partecipare, organizzare l’attività in base ai propri ruoli e

focalizzare. Si studiano attraverso il Lausanna Trilogue Play, in cui i genitori devono giocare

con il b. in diverse modalità: uno inizia il gioco mentre l’altro osserva, poi l’altro prosegue,

entrambi giocano ed entrambi distolgono l’attenzione dal b.

Alleanze funzionali: cooperative, dove collaborazione e armonia prevalgono sulle

 difficoltà, e in tensione, che richiedono il superamento di ostacoli che non impediscono

però di perseguire l’obiettivo.

Alleanze disfunzionali: collusive, dove la coalizione tra i genitori è ostile ed esplicita o

 nascosta, rischiando il trasferimento del conflitto sul b., che diviene intermediario fra i

due o capro espiatorio. Quelle disturbate, al conflitto si aggiunge l’ambiguità, dove

affetti negativi sono coperti da pseudo-positività.

Conflitto coniugale e le influenze sull’adattamento dei figli: numerosi studi d

hanno rilevato che i b. coinvolti nei conflitti tra i genitori presentano problemi e forme di

disagio che possono sfociare in problemi sia di internalizzazione sia esternalizzazione.

Ulteriori ricerche hanno cercato di individuare le condizioni che mediano l'impatto del

conflitto. È emerso che la frequenza, l'intensità, il contenuto e le modalità per affrontare il

conflitto svolgono un ruolo determinante. In particolare l'intensità e la frequenza elicitano

le emozioni di rabbia, tristezza, preoccupazione, paura, sensi di colpa e propensione a

coinvolgersi e intervenire, difficoltà comportamentali, scolastiche e nell'adattamento

psicologico. Anche il contenuto del conflitto ha una notevole importanza: conflitti child-

related inducono a maggiori livelli di tensione, di vergogna e colpa. Quando il conflitto è

limitato nel tempo e ha come esito una riconciliazione non produce effetti negativi sui figli.

Altro aspetto importante è relativo a come i b. percepiscono il conflitto e lo valutano.

elaborazione del conflitto

Quando il b. assiste al conflitto si attiva un processo di ,

portandolo a chiedersi “cosa succede? Perché? Cosa posso fare io?”. Con l’elaborazione

prima il b. ricava info sul livello di negatività, minaccia e rilevanza del conflitto e nella fase

di elaborazione secondaria cerca di individuare delle strategie per far fronte ad esso. Il tipo

di elaborazione dipende anche dal livello di sviluppo.

Se l’esito dell’elab. fa valutare il conflitto come non pericoloso l’attenzione è distolta; se

percepito come pericoloso, si prosegue con l’elaborazione per comprendere come far

fronte; il b. tenta di stabilire il motivo del conflitto, chi è il responsabile e quali sono le sue

possibilità di affrontarlo con successo.

Bambini in età prescolare non riuscendo ad immaginare che avvenimenti antecedenti

possono avere causato il disaccordo tra i genitori, concludono erroneamente che il loro

comportamento sia la causa del conflitto. A 7/9 anni cominciano a considerare cause

esterne, legate ai genitori. Tra i 5 e 9 anni muta la percezione dei diversi ruoli di genitore e

figlio che consente di valutare le diverse posizioni dei genitori, valutazione assente nei più

piccoli che tendono ad assegnare torti e ragioni e a schierarsi con un genitore contro l'altro

dando luogo alla triangolazione, fenomeno che indica la presenza di un'alleanza di due

componenti della famiglia diverse contro un terzo.

Non è da sottovalutare il ruolo che, nella valutazione del conflitto, gioca la sicurezza

emotiva, che media l’effetto negativo del conflitto e permette risposte di coping efficaci.

Bambini emotivamente sicuri hanno fiducia nella stabilità e nella prevedibilità della

relazione coniugale, si aspettano che eventuali conflitti giungano ad una soluzione e

sentono di poter comunque contare sulla disponibilità psicologica e fisica dei genitori. I

bambini emotivamente insicuri percepiscono i litigi come particolarmente minacciosi per il

proprio benessere psicologico.

OLTRE IL MICROSISTEMA FAMILIARE: per differenziare il rapporto con adulti da quello

con i coetanei si fa riferimento alla struttura: il rapporto con l’adulto ha struttura verticale,

deputata a fornire cure, protezione, garantire apprendimento; quelle con i coetanei sono

orizzontali, fondate sulla reciprocità. Nel corso dello sviluppo l’importanza di queste

relazioni aumenta e l’importanza dell’adulto, seppur fondamentale, decresce con l’età.

Teorie tradizionali consideravano la socialità tra bambini a partire dall’età della scuola

elementare.

Freud: la relazione sociale più importante nell’infanzia è quella con i genitori; i rapporti fra

bambini sono ignorati.

Piaget: egocentrismo come tratto essenziale della psicologia infantile; ogni relazione che il

b. intraprende in età prescolare è connotata da questo tratto.

Quali metodologie di ricerca sono stati impiegati?

Metodi clinici retrospettivi: focus sui ricordi.

Metodi sperimentali in contesti non naturali o ce

Dettagli
Publisher
A.A. 2018-2019
76 pagine
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SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-PSI/04 Psicologia dello sviluppo e psicologia dell'educazione

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher irislvcia di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Psicologia dello sviluppo e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Torino o del prof Begotti Tatiana.