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La Cognizione Sociale Controllata
Siamo gli unici ad avere la capacità di impegnarsi in una riflessione conscia su sé stessi e sul mondo, per risolvere problemi e pianificare. Lo facciamo grazie al pensiero controllato che è conscio, intenzionale (le persone possono attivarlo e disattivarlo in maniera consapevole), volontario e che richiede sforzi. Pensiero controllato e libero arbitrio: Wenger dimostra l'illusione di libero arbitrio, secondo cui il pensiero conscio è la conseguenza di un processo inconscio e non la causa della nostra decisione. Il nostro desiderio inconscio innesca l'azione senza nessun intervento del pensiero conscio. Può esserci una disconnessione tra la percezione conscia del grado in cui stiamo determinando le nostre azioni e quello che accade realmente (sovrastimiamo le nostre azioni). Il pensiero controfattuale: pensiero controfattuale è il ragionare su cosa sarebbe potuto succedere se le cose fossero andate diversamente.Questo tipo di pensiero influenza le nostre reazioni emotive agli eventi, è conscio e richiede sforzi e non è positivo. Può essere utile se si concentra su aspetti che possono aiutare le persone nella gestione della loro vita futura. Come potenziare il pensiero umano: - Non avere eccessiva fiducia nei nostri giudizi - Insegnare/imparare alcuni dei principi statistici e metodologici fondamentali relativi al ragionamento corretto nella speranza che poi li applichino alla loro vita quotidiana Capitolo 3: La percezione sociale: come arriviamo a comprendere gli altri. La percezione sociale è lo studio del modo in cui creiamo impressioni e formuliamo giudizi riguardo agli altri. Comunicazione non verbale: si riferisce al modo in cui le persone comunicano, intenzionalmente o non, senza parole (espressioni, tono, gesti, movimenti, sguardo). Esprimere le emozioni con il viso: - Espressioni facciali: tutti gli esseri umani esprimono (codificano) queste emozioni e tutti.possono interpretare (decodificano). In una prospettiva evoluzionista, i costi e guadagni della percezione di rabbia e felicità variano a seconda del fatto che chi decodifica sia uomo o donna. La tesi darwiniana dell'universalità delle espressioni facciali rimane valida per rabbia, felicità, sorpresa, paura, disgusto e tristezza. Le culture occidentali mantengono rigide le barriere nell'utilizzo delle sei, mentre in Asia tendono a sovrapporsi. Esistono poi le emozioni miste, usate per esprimere con diverse parti del corpo diverse emozioni. Infine, c'è l'effetto combinato in cui una parte del volto esprime un'emozione mentre l'altra ne esprime una diversa che causa diverse implicazioni. La decodifica delle espressioni facciali è spesso imprecisa perché la stessa espressione può avere implicazioni diverse in base al contesto e ad altri indizi. La cultura dei canali non verbali Esistono delle regole di esibizione che sonoLe culture, attraverso le loro norme sociali, prescrivono quali tipi di espressione emotiva vadano mostrati. Questo include lo sguardo, il contatto visivo, la posizione nei confronti dell'interlocutore e l'uso dello spazio interpersonale. Alcune culture preferiscono un basso contatto, ovvero disporre di uno spazio aperto intorno a sé, mentre altre culture favoriscono un alto contatto, dove le persone possono toccarsi anche se sono sconosciute. Gli emblemi sono gesti che hanno definizioni chiare e facilmente comprensibili, ma non sono universali. Le prime impressioni che ci facciamo degli altri si basano spesso solo sul loro viso e possono formarsi in meno di cento millisecondi. Le teorie implicite di personalità sono un tipo fondamentale di schema, che consiste nelle nostre idee su quali tratti di personalità si accordino tra loro. Esistono due tipi di schemi generali: il giudizio di calore umano, dove una persona calorosa viene percepita come generosa, affidabile e responsabile, e il giudizio di competenza, dove una persona viene valutata in base alla sua competenza.competente è vista come potente e dominante. Entra in gioco anche la credenza della perseveranza, ossia il rimanere convinti delle conclusioni iniziali anche se una serie di informazioni successive ci dicono il contrario. Queste teorie si sviluppano lungo un arco di tempo e in base alle nostre esperienze con una forte componente culturale. Decodificare i comportamenti non verbali e collegarli alle teorie implicite di personalità è un processo automatico, spesso non siamo consapevoli di usare queste informazioni. Attribuzioni casuali anche se il comportamento non verbale a volte sembra interpretabile con facilità esso non cancella ambiguità sostanziale sul vero significato del comportamento degli altri. La teoria dell'attribuzione studia le modalità con cui inferiamo le cause del comportamento degli altri. Natura del processo di attribuzione secondo Heider le persone sono come scienziati naïves che cercano di comprendere il comportamento.deglialtri assemblando varie informazioni finché non arrivano a una spiegazione o causa ragionevole. Quando cerchiamo di decidere perché le persone si comportano in un certo modo, possiamo compiere:- Attribuzione interna: disposizionale (personalità, atteggiamenti, carattere)
- Attribuzione esterna: situazionale (spiegazione esterna del comportamento)
- Consenso: si riferisce al modo in cui altre persone si comportano nei confronti del medesimo stimolo
- Specificità: si rivolge al modo
- coerenza: riguarda la frequenza con cui il comportamento osservato fra lo stesso attore e il medesimo stimolo si verifica nel tempo e in varie circostanze. Quando la coerenza è alta, consenso e specificità permettono di fare delle attribuzioni interne chiare. Quando c'è un elevato livello di consenso, specificità e coerenza, viene compita più facilmente l'attribuzione esterna.
- Il modello della covariazione ipotizza che le persone compiano attribuzioni causali secondo un atteggiamento logico o razionale (eccezioni: persone non utilizzano info di consenso, persone non dispongono di info rilevanti su tre dimensioni).
- Errore fondamentale di attribuzione è la tendenza a sovrastimare il punto fino al quale il comportamento delle altre persone è causato da fattori disposizionali e interni = bias di corrispondenza. È quindi la tendenza a interpretare il comportamento delle persone come un
Riflessione delle loro disposizioni e credenze invece che come condizionamento prodotto dalla situazione. Si commette perché solitamente quando si cerca di spiegare il comportamento di qualcuno l'attenzione si concentra sulla persona e non sulla situazione circostante.
La salienza percettiva è il nostro punto visivo di osservazione e ci aiuta a spiegare perché l'errore fondamentale sia così diffuso: quando cerchiamo di spiegare un comportamento umano, concentriamo l'attenzione sugli individui e non sulla situazione circostante, e così sottostimiamo l'influenza della situazione.
Autoattribuzioni: nostra tendenza a prenderci il merito dei nostri successi mediante attribuzioni interne e a darne la colpa agli altri, alle situazioni per i fallimenti, le compiamo quando la nostra autostima è minacciata.
Quali sono le ragioni delle autoattribuzioni? Le persone tendono a mantenere la loro autostima anche a costo di storcere la realtà.
modificandone la cognizione. Le attribuzioni difensive sono ad esempio l'ipotesi del mondo giusto cioè la credenza che le persone abbiano quello che meritano e meritino quello che hanno. Un'altra forma è l'ottimismo irrealistico riguardo al futuro, cioè un ottimismo eccessivo che è un modo che le persone hanno per proteggersi dalla spiacevole sensazione di essere mortali. L'ultimo tipo è il bias blindspot cioè il fatto che pensiamo che gli altri siano più inclini a errori di attribuzione di quanto lo siamo noi.
Differenze culturali nella percezione sociale:
- pensiero olistico vs. analitico
- pensiero analitico: implica la concentrazione sulle proprietà individuali degli oggetti o delle persone e la minore o per nulla attenzione al contesto o alla situazione che circonda l'oggetto
- pensiero olistico: ci si concentra sull'immagine completa, ovvero l'oggetto e il contesto che lo circonda.
così come sulle relazioni che intercorrono fra loro differenze culturali nell'errore fondamentale di attribuzione:- culture individualiste: attribuzioni disposizionali
- culture collettiviste: attribuzioni situazionali
Cultura e biases attribuzionali:
Il bias self-serving (a proprio favore) ha una forte componente culturale:
- culture individualiste: tendono verso il bias self-serving e quindi guardano fuori da sé, ovvero verso la situazione, per spiegare il fallimento
- culture collettiviste: tendono ad attribuire il fallimento a cause interne (quando qualcuno critica sé stesso gli altri offrono comprensione e compassione, il che rafforza l'interdipendenza dei membri del gruppo)
Il concettodi attributo personale. La nostra moralità influenza la nostra percezione di noi stessi e di coloro che ci circondano. Il concetto di sé è anche influenzato dalle esperienze di vita e dalle interazioni sociali. Le relazioni che abbiamo con gli altri, come amici, familiari, colleghi, influenzano la nostra autopercezione. Le opinioni e le aspettative degli altri nei nostri confronti possono plasmare la nostra visione di noi stessi. Inoltre, il concetto di sé può essere influenzato anche dalla società e dalla cultura in cui viviamo. Le norme sociali, i valori culturali e le aspettative sociali possono influenzare la nostra autopercezione e la nostra identità. In conclusione, il concetto di sé è un'entità complessa e in continua evoluzione. È influenzato dalle interazioni sociali, dalle esperienze di vita, dalla moralità e dalla società in cui viviamo. Comprendere e sviluppare una sana autopercezione è un processo importante per la crescita personale e il benessere psicologico.del sé individualista, incentrata sull'individuo e sul suo successo personale.2. Cultura orientale: visione del sé collettivista, incentrata sul gruppo e sulle relazioni sociali.