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II PARTE
Vi sono esperienze che non hanno un oggetto come l'ansia, la depressione, la noia, il dolore o la
nausea ad esempio. Se si pensa all'intenzionalità come diretta sempre verso un oggetto si nega che
queste esperienze siano intenzionali. I fenomenologi hanno una concezione di intenizionalità più
ampia e la distinguono tra intenzionalità come diretta a oggetti e intenzionalità come capacità di
trascendersi. Gli stati d'animo come tristezza, noia e nostalgia devono essere distinti dai sentimenti
intenzionali come desiderio di un oggetto. Tuttavia anche gli stati d'animo, seppur non si riferiscono
ad un oggetto, hanno riferimenti al mondo e condizionano il modo il cui il mondo ci appare.
Heidegger sostiene che gli stati d'animo non sono fenomeni la cui funzione è quella di
accompagnare ma sono forme di apertura dell'essere-nel-mondo.
Sartre espone la sua analisi sul dolore e in particolare sul bruciore agli occhi. Il dolore secondo
Sartre non si manifesta come un oggetto di riflessione ma influenzando il modo in cui si percepisce
il mondo. Quindi il dolore non viene pensato come esperienza mentale ma come atmosfera che
influenza l'interazione intenzionale con il mondo. Merleau-Ponty sostiene che i colori ad esempio
non siano sensazioni ma sensibili e la qualità è una proprietà dell'oggetto non della coscienza.
Secondo Sartre la coscienza è vuota, l'essere della coscienza intenzionale consiste nel rivelare
l'essere trascendentale. In fenomenologia si sostiene che intenzionalità e fenomenicità siano
collegate ma la natura della relazione non è chiara ed è ancora oggetto di discussione. Gli autori
sottolineano l'importanza di distinguere tra l'effetto che fa l'oggetto al soggetto e l'effetto che fa
l'esperienza al soggetto. Questi non sono proprietà indipendenti. Ogni apparenza, in fenomenologia
è apparenza di qualcosa per qualcuno, sono dirette verso il mondo ma in contemporanea
coinvolgono la presenza del soggetto e quindi un punto di vista soggettivo. McGinn sostiene “se vi
si dice che si fa esperienza di qualcosa che somiglia ad una sfera scarlatta, sapete anche che effetto
fa averla; e se sapete che effetto fa averla, allora sapete anche cosa rappresenta”. Quindi se ciò di
cui siamo consapevoli è legato al modo in cui ci appare sorge la domanda se sia impossibile avere
una credenza inconscia.
Gli autori sostengono che vi sono diverse prospettive
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La mente fenomenologica Gallagher e Zahavi
1. Solo la coscienza possiede intenzionalità genuina. L'intenzionalità che gli oggetti come
immagini, segni, simboli ecc esibiscono non appartiene agli oggetti in sé ma è derivata. La loro
intenzionalità è tratta dal fatto di essere interpretati dalle menti. Le menti invece hanno una loro
intenzionalità intrinseca e non necessitano di atteggiamenti interpretativi di altri nei loro confronti.
Secondo Strawson una persona ha delle credenze anche se dorme.
2. L'intenzionalità non cosciente e quella cosciente sono diverse. Non è possibile spiegare
l'intenzionalità dell'esperienza senza spiegare l'aspetto fenomenico dell'esperienza, allo stesso modo
non è possibile spiegare l'aspetto fenomenico dell'esperienza senza riferirsi all'intenzionalità. Quindi
se una discussione della coscienza intenzionale esclude la coscienza fenomenica non è completa.
Internalismo: prospettiva secondo cui le credenze e esperienze di un soggetto sono costituite
interamente da quello che accade all'interno della mente del soggetto. Il contenuto degli stati
mentali non dipende da ambiente naturale e culturale. Ovviamente non si nega la causalità che
l'esterno ha verso alcuni stati come le percezioni ma si dice che gli stati interni determinano ciò di
cui siamo coscienti.
Esternalismo: gli stati mentali dipendono da ciò che esiste nell'ambiente fisico, sociale e culturale.
Tra questi due fronti dove si colloca la fenomenologia? Si sostiene che Husserl sia internalista
mentre Heidegger, Sartre e Merleau-Ponty favoriscano l'esternalismo. Ci sono alcuni ripensamenti
sul posizionamento di Husserl dati dall'importanza che dà al comportamento diretto verso entità già
pronte per l'uso.
Allo stesso modo Heidegger parla sì dell'essere-nel-mondo ma anche di una forma di
autosufficienza della vita esperenziale. Il Dasein (l'essere-nel-mondo) è intenzionalmente
strutturato di per sé ed è un errore interpretare l'intenzionalità come relazione tra soggetto psichico e
oggetto fisico. L'intenzionlità non è data dalla presenza reale degli oggetti ma dal percepire. Quindi
anche le percezioni errate, illusorie o allucinatorie sono atti intenzionali che coinvolgono il mondo;
il coinvolgimento del mondo non è un'aggiunta ma intrinseco agli atti. I fenomenologi respingono
l'internalismo come materialismo cartesiano e quindi l'idea per cui la mente è identificabile con il
cervello, si oppongono però anche all'esternalismo che riduce l'intenzionalità e il riferimento a
meccanismi causali.
L'intenzionalità è determinata da fattori interni o esterni alla mente?
Questa domanda, secondo gli autori, sarebbe inadeguata in riferimento ad internalismo e
esternalismo. Infatti l'internalismo postula lo iato tra mente e mondo e l'esternalismo sostiene che il
mondo non è esterno alla mente. Se l'esternalismo lo si intende come teoria per cui mente e mondo
sono inseparabili appare ovvio che l'intenzionalità sarà determinata fattori interni. Quindi sarebbe
difficile distinguere dall'internalismo per cui l'intenzionalità è determinata da fattori interni.
La filosofia di Husserl, per alcuni, è il tentativo di scardinare la divisione mente-mondo. Anche
Heidegger sostiene che la relazione tra Dasein e mondo non può essere colta con i concetti interno
ed esterno.
Quindi la fenomenologia sembra non potersi schierare su una o l'altra fazione dato che internalismo
ed esternalismo rimangono legate ai concetti di dentro-fuori mentre la fenomenologia li mette in
dubbio. Secondo i fenomenologi mente e mondo non sono distinte ma entità legate assieme. La
relazione che vi intercorre non è esterna di causalità ma costitutiva, interna.
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La mente fenomenologica Gallagher e Zahavi
Capitolo 7 – La mente incarnata
Quanto il corpo è importante per la cognizione?
Dennett propone un esperimento mentale per cui si pensi ad un corpo (sano) e si inizi a “togliere”
con l'immaginazione tutte quelle parti che se assenti non implicano una modificazione della
cognizione. Un uomo senza un arto può comunque pensare, desiderare, immaginare, ricordare ecc?
Ovviamente sì. Senza due arti è capace ugualmente di svolgere queste funzioni? Ovviamente sì, se
si continua si arriva a immaginare l'esistenza di un cervello in una vasca che venga alimentato
artificialmente e stimolato attraverso elettrodi.
Questa visione è tipica del funzionalismo. La negazione dell'importanza cognitiva del corpo e
quindi una visione disincarnata della mente la si ritrova anche in Platone ed è propria delle scienze
cognitive classiche. Il corpo che i neuroscienziati prendevano in considerazione era quello
rappresentato nella corteccia somatosensoriale. La fenomenologia, per rispondere alla domanda che
apre il capitolo, parte dal fatto che empiricamente dimostrato che siamo incarnati e che le nostre
percezioni e azioni dipendono dal corpo, di conseguenza la cognizione risulta plasmata
dall'esistenza corporea. Ciò non significa negare l'importanza del cervello. Riprendendo l'esempio
di Dennett si nota che il cervello nella vasca (la mente disincarnata) ha comunque bisogno di ciò
che il corpo comporterebbe ed è per questo che deve essere nutrita artificialmente e necessita di
input che vengono somministrati attraverso gli elettrodi. Affinché la nutrizione sia davvero
equilibrata e gli input precisi tanto come gli stimoli sensoriali che il corpo percepisce il software
collegato al cervello in una vasca non dovrebbe far altro che simulare, nel modo più preciso
possibile, un corpo.
Il corpo ha grande importanza per la cognizione, le abilità percettive e pratiche e le conseguenze
che queste hanno nella cognizione, sembrano dipendere dalla posizione eretta del corpo umano.
Gibson sostiene che gli oggetti nel mondo consentono (afford) diversi tipi di azione dato il corpo
che abbiamo. Queste affordances sono legate alla forma del corpo e alle capacità che ne
conseguono di compiere azioni.
La posizione eretta ci permette di vedere orizzonti spaziali più grandi e inoltre, liberando le mani,
possiamo afferrare, manipolare, usare strumenti ecc, tutto ciò introducono complessità nella
struttura del cervello sia ad un livello filogenetico sia ad un livello ontogenetico. La posizione eretta
implica il fatto che la vista sia la capacità percettiva predominante (dato che ci siamo alzati dal
suolo non è più l'olfatto) . Vedere, anche in lontananza, ci permette di pianificare e progettare.
Inoltre avere le mani libere comporta che anche la bocca sia libera e questa oltre che per mangiare
viene usata, grazie allo sviluppo di muscoli fonetici sofisticati, per il linguaggio. Il cervello, sempre
pensato come il comandante deve sempre far riferimento al corpo perché non può autorizzare
movimenti impossibili per il corpo né elaborare informazioni che non siano arrivate dalla periferia.
Questo ragionamento trova conferma nella robotica. Se il primo approccio era quello di creare
intelligenze artificiali prima e dotarle di corpi dopo, ora si ritiene che sia più funzionale partire dal
basso e quindi creare robot fisicamente fondati, che fanno parte dell'ambiente fisico e che usano le
informazioni raccolte in tempo reale. Da un punto di vista filosofico questo modo di concepire è
Cartesiano. Cartesio infatti concepisce gli animali come robot, puramente fisici e privi di coscienza.
Nella prospettiva fenomenologica vi è però un concetto alternativo a quello di cognizione
incorporea. Tae approccio parte con il rifiuto di Merleau-Ponty dell'idea che “il corpo sia
semplicemente una macchina ben ripulita” (p. 205). La fenomenologia non indaga il corpo come
un oggetto tra gli altri ma come principio costitutivo coinvolto nella possibilità dell'esperienza.
L'analisi fenomenologica del corpo è di fondamentale importanza per comprendere la relazione
mente-mondo, mente-corpo e tra sé e l'altro. L'importanza data dalla fenomenologia al corpo
implica il rifiuto del dualismo cartesiano, ci&og