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VIOLENZA E DEMOCRAZIA
Capitolo 1
Psicologia contestualizzata vs. decontestualizzata, non si può pensare ad una psicologia che non
consideri il contesto e il tempo storico. Anche nel tema della violenza bisogna tenere conto del
tempo storico, dei vincoli imposti su cosa è accettabile e cosa non lo è. Oggi il concetto di
violenza violazione
si avvicina sempre più a quello di (di sfere individuali inattaccabili).
“Violenza e democrazia” tratta del tema della violenza nel contesto attuale, democratico.
Lo stato si sarebbe appropriato della violenza individuale; il nostro sistema è un sistema non
giustizia,
violento (es. un poliziotto è un “non violento”). Vengono introdotte categorie, come la
per risolvere delle questioni che nascono tra esseri umani in maniera non violenta. Nel sistema
L’uso della forza
in cui siamo inseriti abbiamo una serie di obblighi, divieti, diritti, ecc. è previsto
all’interno di un contesto che rispetta un regolamento: è un potere regolato diverso da un potere
sregolato.
Lo stato democratico è costituito da un sistema di istituzioni (politiche, amministrative,
giudiziarie, militari e poliziesche) che ha l’obiettivo di mantenere e tutelare la pacifica
convivenza e la sicurezza dei suoi cittadini. L’ordine sociale si fonda inevitabilmente su obblighi
e divieti. Lo stato attraverso i suoi organismi è chiamato a esercitare un adeguato controllo
sociale e a garantire il massimo grado di libertà dei cittadini. Qualsiasi restrizione si voglia porre
alla libertà dei cittadini comporta la considerazione del rapporto esistente tra diritto e consenso;
una libera convivenza disciplinata dal diritto è possibile mediante un’adesione soggettiva che
non abbia bisogno della costante presenza del bastone del comando.
Il diritto come farmaco della paura: l’azione dei mass media contribuisce alla percezione del
pericolo, influenzando l’opinione pubblica circa cosa e come va pensato ciò che su ritiene
criminale e deviante. Il diritto ha sia la funzione di contrastare e reprimere concrete azioni
criminose, ma ha anche una funzione psicologica, perché si prende cura delle paure costruite
attraverso la comunicazione sociale; le legislazioni d’emergenza per neutralizzare, a parole, il
“pericolo” incombente (es. immigrazione), nella sostanza sono più attente a lenire le ansie e le
reato di clandestinità
paure collettive (es. in Italia per contrastare gli immigrati irregolari come
esemplificazione dell’uso del diritto come tranquillante – inoltre il termine clandestino da una
parte indica una persona che entra illegalmente in un paese, quindi etichettato come estraneo e
dall’altra segnala un’intenzione comportamentale potenzialmente deviante o criminale,
reato di negazionismo
inducendo sospetto e distanza sociale). Altro esempio: (es. “le camere a
gas non sono mai esistite”), come funzione di pillola morale (no ansiolitico come clandestinità),
diritto come agente di moralizzazione.
LIBERTA’ E COERCIZIONE → Le democrazie sono caratterizzate da continuo scontri in merito a
ciò che va punito e ciò che va concesso, a ciò che è giusto e ciò che è sbagliato. Non solo i
cittadini, ma anche lo Stato è regolato da leggi e può esercitare le sue funzioni di comando
solo seguendo certe regole, come ad esempio il rispetto e la tutela dei diritti dei cittadini. Senza
la Costituzione si avrebbe un potere sregolato; ogni stato costituzionale è quindi uno Stato
che autolimita il proprio potere, riconoscendo la presenza di diritti inviolabili. Ma lo Stato
democratico, nonostante sia rispettoso del quadro giuridico di riferimento, è anche uno Stato
dotato di apparati coercitivi, ovvero norme vincolanti, risultato di un patto collettivo che
presuppone che qualcosa non rientri nella sfera dell’arbitrio soggettivo. Una simile dinamica
comporta una qualche costrizione delle volontà individuali. Lo sforzo democratico è quello di
coniugare le aspirazioni degli individui a una vita propria con un sistema di regole valide per la
società nel suo complesso. La democrazia è un sistema di governo che prevede la coesistenza
conflittuale di libertà e coercizione, le quali rappresentano le due facce di una stessa
medaglia, chiamata cittadinanza.
CONFLITTO E NONVIOLENZA → In un sistema democratico abbiamo una componente di
coercizione libertà
(es. pagare le tasse) e una parte di → la relazione con l’altro può anche essere
terzo
conflittuale, se non si trova un’intesa come si risolve il conflitto? C’è sempre un (es.
giustizia) che cerca di risolvere queste situazioni. I sistemi democratici in cui siamo inseriti sono
non violenti ma conflittuali
sistemi : nel sistema democratico le persone possono assumere
posizioni diverse tra loro che possono generare conflitto. Siamo una società altamente
conflittuale, perché gli esseri umani rivendicano le proprie posizioni. Ma non deve
essere un conflitto distruttivo ma un conflitto che si risolve seguendo determinate norme (es.
mediazione tra le parti). Quindi siamo in una società conflittuale che però spinge alla
risoluzione non violenta di tali conflitti.
La democrazia è definita come un dispositivo nonviolento basato su un’equa e controllata
distribuzione del potere tra gruppi umani che convivono seguendo una pluralità di orientamenti
morali. I singoli riconoscono i vantaggi della nonviolenza e per questo le diverse crisi di
convivenza vengono affrontate e superate facendo ricorso a strumenti di libero accesso (es.
avvocati). Alla base della democrazia c’è inoltre il rispetto di chi è “diverso”. L’approccio
nonviolento alla vita sociale riguarda non solo la sfera del comune cittadino ma anche quella del
pubblico finanziario (militare, poliziotto). I cittadini sanno che la democrazia può essere usata per
sconfiggere la democrazia: come nel caso dell’invocazione di poteri eccezionali che alla fine
trasformano la democrazia in una dittatura. La vita democratica non è un’oasi di quietismo
esistenziale ma è il campo di un conflitto.
L’essere umano è un essere-in-relazione e per questo è chiamato a fare esperienza dell’incontro.
Incontro che può essere armonico, caratterizzato da fiducia reciproca, oppure conflittuale. Nel
secondo caso l’altro può avere desideri e interessi opposti ai miei, per questo nasce un conflitto
che può risolversi in maniera distruttiva oppure costruttiva. La tendenza della democrazia a
sbarazzarsi della violenza non equivale alla messa al bando del conflitto, ma la democrazia si
basa sulla gestione e negoziazione nonviolenta dei conflitti. Ogni conflitto prevede inoltre
l’esercizio della forza, e la giustizia permette di mantenere un equilibrio tra le forze
antagoniste in conflitto: permette di vivere insieme da concittadini in modo reciprocamente
vantaggioso e senza nuocere gli uni agli altri. Bisogna fare attenzione a non confondere la
forza con la violenza → insultare, umiliare, ferire, torturare e uccidere sono i modi di agire
della violenza; la forza di per sé non ostile, la violenza lo è sempre. Nella democrazia quindi la
violenza è vista come il ricorso illegale al potere e alla forza fisica.
VIOLENZA = uso intenzionale della forza fisica o del potere, minacciato o reale, che determini o
che abbia un’elevata probabilità di causare lesioni, morte, danni psicologici, compromissione
dello sviluppo personale o deprivazioni. Parlare di violenza significa parlare di ciò che è
censurabile, inaccettabile a livello interpersonale. La violenza è caratterizzata da
intenzionalità, poiché l’azione violenta è orientata ad uno scopo socialmente condannabile o
comunque discutibile. Il destinatario della violenza assume il ruolo di vittima, ovvero una
persona che subisce contro volontà, sperimentando una restrizione delle libertà individuali e un
certo grado di sofferenza, fisica o psicologica. Ma lo scopo, o intenzionalità dell’atto può sottrarre
argomenti a chi rivendica di essere vittima di violenza, come nel caso di un poliziotto che
percuote con un manganello un manifestante → pur essendo azioni discutibili, se condotta da un
poliziotto non sono abitualmente etichettate come “violenza” ma come “uso legittimo della
forza fisica”. Ma le forze dell’ordine, nonostante abbiano in dotazione potenti mezzi di offesa,
non li possono sfruttare pienamente se non vogliono oltrepassare i limiti che rendono la loro
azione forza legittima e non violenza. Importanza della violenza che continua dopo l’atto
(omissioni, non riconoscimento, ecc.). La violenza quindi non è un fenomeno discreto ma
continuo.
TRIANGOLO DELLA VIOLENZA E “VIOLENZA LEGITTIMA”
La “violenza legittima” è quella monopolizzata dallo Stato, mentre la “violenza illegittima” è
l’insieme delle condotte agite da singoli o gruppi per perseguire interessi o desideri al di fuori
dell’istituito patto sociale (es. criminalità organizzata, terrorismo politico, femminicidio, abuso
infantile, ecc). soggetto
Ai tre vertice del triangolo della violenza c’è: il
attivo, ovvero il perpetratore, colui che agisce direttamente o
soggetto passivo,
commissiona la violenza, il la vittima, e lo
spettatore, che assiste alla violenza credendosi neutrale,
approvandola o condannandola). Il ruolo del terzo è importante
poiché anche chi non fa nulla è comunque coinvolto
all’episodio di violenza, è impossibile porsi fuori, lo spettatore non è mai neutrale poiché è
impossibile non posizionarsi. Questi tre ruoli sono dinamici, ad esempio la vittima può anche
essere perpetuatore. Lo spettatore non è per forza fisicamente presente ma può intervenire
anche dopo. Il posizionamento dello spettatore può essere di azione o omissione. Oggi le più
grandi forme di violenza sono di tipo omissivo (il non fare). Altra forma di violenza è il mancato
riconoscimento di aver subito violenza (es. non sappiamo ancora come sia morto Cucchi). Se non
si passa attraverso un processo di riconoscimento. Lo spettatore, intervenendo o non
intervenendo (o intervenendo dopo) contribuisce a dare senso a ciò che è accaduto. Lo
spettatore guardando altrove diventa involontariamente complice dell’accaduto.
PUBBLICA OPINIONE → di fronte a fenomeni controversi i cittadini sono invitati a prendere
posizione.
Il RUOLO DEL VIOLENTO può essere:
- Ruolo “non professionale” → ad esempio il capoufficio che umilia e maltratta
l’impie