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7) STORIA DI UN DECESSO
Viene presentata la storia del decesso di un paziente.
Da questo racconto si può evincere che:
È bene opporsi all'uso del camice bianco ed è preferibile utilizzare una divisa
• particolare o di diverso identificazione;
È necessario per il musicoterapeuta elaborare queste difficili esperienze, i sentimenti
• ambivalenti di vita di morte proiettati nel paziente;
La paura paralizza, ammutolisce, e ci riempie di panico
• In queste circostanze la presenza, la continuità, e la ricettività sono condizioni
• indispensabili;
È necessario riconoscere e farsi portare dal tempo biologico, per accettare ciò che
• sta accadendo al paziente;
Se il paziente è abbandonato di fronte alla morte, anche i parenti sono abbandonati
• di fronte alla vita. Nessuno si occupa più dei familiari dopo la
morte del paziente. Lavorare con i parenti più vicini anche dopo, sarà un contatto di
breve durata, ma fra il pregio di aiutare ad elaborare il lutto, per coloro che devono
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continuare a vivere.
8) CONCLUSIONI
Applicazione della musicoterapia nei malati terminali produce: fluidificazione dei canali di
comunicazione sclerotizzati, ristrutturazione e apertura di nuovi canali, diminuzione della
sensazione di dolore, diminuzione dei bisogni di medicinali, maggiore possibilità di riposo e
sonno,sostituzione di sensazioni corporali e dolorose con altre più piacevoli, stimolazione
dell'istinto di vita.
Cap. 13 – MUSICOTERAPIA NEL GRUPPO FAMILIARE.(15)
La tecnica descritta, nata per il lavoro con bambini autistici o psicotici, si adatta
perfettamente ad ogni famiglia che abbia u bambino disturbato.
Una delle regole fondamentali per integrare e recuperare un bambino malato (mentale o
fisico) è il lavoro simultaneo e parallelo con il suo gruppo famigliare.
Sarebbe inutile infatti aprire nuovi canali di comunicazione senza che le persone più vicine
al paziente ne siano a conoscenza e lo applichino a loro volta.
Queste famiglie creano quotidianamente un sistema di comunicazione stereotipato che si
trasforma negli anni e che è chiamato “cisti di comunicazione”, ovvero forme ripetitive di
messaggi , la maggior parte verbali, che i genitori usano con il bambino autistico. Queste
cisti non si creano con il linguaggio non-verbale.
Tali cisti hanno una doppia eziologia :
un'indiosincrasia patologica della famiglia che trasforma il gruppo familiare in un
– terreno fertile per questo tipo di incistamento;
l'assenza di risposta da parte del bambino a questo tipo di espressioni o messaggi
– dei genitori.
Tra le differenti forme di incistamento e caratteristiche di ciascun gruppo familiare, se ne
possono distinguere 4:
1) L'assenza quasi totale di stimoli. I genitori vedono il bambino come un essere sordo
e non in grado di comprendere i messaggi. Perderanno presto lo stimolo a
comunicare con lui e lo trasformeranno in un essere isolato all'interno del suo stesso
gruppo familiare.
2) L'iperstimolazione. Sono quei genitori che si sforzano di ripetere qualunque tipo di
messaggio e stimolo, senza dar modo al bambino di dare una risposta. Il bambino,
anche in questo caso, si trova incapsulato nel nucleo familiare
3) Una serie di messaggi e stimoli quotidianamente ripetuti,nelle stesse circostanze,
che diventano degli stimoli stereotipati. Tipico di genitori che hanno una condotta
ossessiva e uniforme.
4) Stimoli stereotipati che si trasformano in vere e proprie anomalie di messaggio e di
stimolazione. Questo schema è valido per genitori che a causa delle caratteristiche
della loro personalità, trasformano i loro messaggi in stimoli stravaganti. Esempi
sono quei genitori che parlano come se il bambino fosse sordo, modulando
esageratamente le parole con le labbra o ripetendo ogni parola lentamente e più
volte.
Uno degli obiettivi più importanti della musicoterapia in questi casi è diagnosticare le cisti
di comunicazione del gruppo familiare, romperle e strutturare nuove forme di messaggi al
loro posto.
Berenzon, nella sua esperienza con gruppi di questo tipo ha elaborato alcune regole:
1) prima di cominciare il lavoro con il gruppo familiare, è importante dare un periodo di
lavoro individuale con il bambino, all'interno dell'istituto in cui il bambino trascorre
la maggior parte della giornata ed in collaborazione con una equipe
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multidisciplinare. Questa fase è necessaria per conoscere a fondo il bambino e
tentare di aprire il maggior numero di canali di comunicazione. L'oggetto
intermediario utilizzato inizialmente è l'acqua, per ricercare i suoni che tocchino l'io
del bambino e successivamente viene introdotto lo strumento musicale più
appropriato.
2) Fin dall'inizio è necessario lavorare in coppia terapeutica con la maestra
specializzata che impersona la madre sostitutiva e successivamente con un'altra
musicoterapista. La continuità della coppia terapeutica nel lavoro con il gruppo
familiare facilita la comprensione e la scoperta delle cisti di comunicazione.
3) Parallelamente al lavoro individuale con bambino, si prepara il gruppo familiare,
lavorando con i genitori senza la presenza del bambino, in modo da stemperare
l'ansia e le difese reattive.
Il primo passo è un'intervista, durante il quale raccontiamo il lavoro che facciamo
con il bambino ed i suoi risultati. Dopo di chè chiediamo la loro collaborazione, con
la registrazione dei messaggi che compaiono quotidianamente nel contesto
familiare. Questo tipo di registrazione permette di scoprire: i messaggi stereotipati
che i genitori inviano al bambino; le cisti di comunicazione; facendo ascoltare le
varie registrazioni ai bambini possiamo osservare le differenti risposte alle voci ed ai
messaggi del padre o della madre. Dopo sei nove mesi, i genitori vengono di nuovo
convocati, gli si fa nuovamente ascoltare i messaggi registrati e li si informa della
reazione del bambino. Poi gli si chiede una nuova registrazione, specificando che
deve essere diversa dalla prima, che devono immaginare che il bambino abbia
incrementato i suoi livelli di comprensione e che non devono utilizzare forme di
espressione forzate. Questa seconda registrazione porterà nuovi risultati: al
riascolto della registrazione, i genitori si rendono conto di alcune difficoltà nel modo
in cui comunicano col bambino; dà ai genitori la possibilità di identificare e sbloccare
ciò che reprimono, per timore di non essere compresi dal bambino; questo lavoro
permette di valutare la capacità potenziale del gruppo familiare nell'affrontare la
scoperta delle cisti di comunicazione e la ricostruzione dopo la rottura.
4) Dopo circa un anno di lavoro in questo modo, si po' procedere all'integrazione del
gruppo familiare nel lavoro del bambino con la coppia terapeutica.
Alcune regole elaborate da Berenzon attraverso la sua esperienza sono:
a) Il contratto di lavoro deve avere una durata limitata, a breve termine, in modo da
evitare la resistenza dei genitori a questa forma di attività.
b) Si deve affrontare il gruppo familiare come un laboratorio sperimentale, con obiettivi
chiari e consegne semplici.
c) Durante la seduta di musicoterapia con il gruppo familiare si procede in tre fasi:
Prima fase, D'OSSERVAZIONE: inizia quando il bambino è condotto dalla sala al
– posto in cui aspettiamo. In questa fase possiamo osservare gli stereotipi del
contatto e visualizzare le cisti di comunicazione che erano
state registrate.
Seconda fase, di DIMOSTRAZIONE: la musicoterapeuta lavora col bambino allo
– stesso modo in cui lo fa nell'istituto, in modo che i genitori possano osservare i
progressi compiuti, i nuovi canali di comunicazione aperti;
Terza fase, D'INTEGRAZIONE: comincia dopo 15-20 minuti dall'inizio della
– seduta. Si propone ai genitori di partecipare al lavoro con la musicoterapeuta
utilizzando gli stessi canali di comunicazione. E' il punto più importante e
gratificante della seduta, nel quale l'identità terapeutica è rafforzata al massimo.
Infine, il bambino ritorna in sala e noi restiamo con i genitori, dopo aver
osservato la separazione del bambino da loro.
d) Non diamo ai genitori alcun tipo di interpretazione dei meccaniscmi inconsci o
latenti che possono essere messi in gioco ma cerchiamo di rafforzare la creatività e le
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capacità ricostruttive dell'io dei genitori. Gli obiettivi sono: gratificazione e
comprensione del tempo del bambino, rottura delle cisti di comunicazione e
ricostruzione.
e) Utilizziamo un linguaggio semplice, di uso comune per commenti , spiegazioni
e suggerimenti per le prossime sedute, riferendoci esclusivamente al qui ed ora.
Il gruppo familiare resiste meno in musicoterapia, piuttosto che in psicoterapia: è come se
la musicoterapia non si confrontasse direttamente coi nuclei inconsci temuti dal gruppo
familiare.
Per questo motivo sarebbe più indicata prima la tecnica musicoterapica, per affrontare
meglio quella psicoterapica.
Cap. 14 – MUSICOTERAPIA DIDATTICA.
La musicoterapia didattica è una tecnica non-verbale che si utilizza nella formazione di
professionisti che lavorano nell'ambito della salute, dell'educazione specialistica e della
comunicazione tra gli esseri umani, con l'obiettivo di sviluppare la capacità di gestire i
fenomeni della comunicazione analogica svolti nell'interazione.
Attraverso quest'esperienza il professionista impara: ad aumentare la percezione dei
fenomeni non-verbali nelle diverse relazioni terapeutiche; a usare espressioni corporee,
sonore e musicali; a manipolare creare strumenti che servono come oggetto intermediari,
a riconoscere la propria identità sonora (Iso) gestaltica, culturale e gruppale; A controllare
l'evoluzione degli stati di comunicazione regressiva. Non-verbale non significa assenza di
parola, vuol dire tutto quello che non si interpreta simbolicamente, comunicazione
analogica in contrasto con comunicazione digitale.
Contenuto Manifesto
E contenuto manifesto è composto da diversi strati che integrano i sistemi espressivi
dell'individui che affrontano una musicoterapia didattica. La disposizione spaziale, il
movimento, l'uso degli strumenti, i gesti, le parole sono alcuni degli elementi specifici che
si osservano nel contenuto manifesto.
Contenuto Latente
Il contenuto latente e tutto quello che contemporaneamente accade sotto, dietro, davanti
a ciò che non si vede e si percepisce del contenuto