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La teatro-terapia ha origini antiche e si fonda sulla natura stessa del teatro che ci può aiutare a
riflettere sul nostro mondo interiore e in cui la memoria degli oggetti, i vissuti emotivi e la possibilità
di auto-osservazione attraverso la rappresentazione e il controllo dell’espressività corporea
ripropongono una sintesi di situazione terapeutica. Tuttavia, l’accostamento del teatro alla terapia
ha anche sollevato problemi di ordine applicativo, mettendo in discussione alcuni modelli e
rendendo il quadro dell’offerta terapeutica più confuso rispetto ad altre forme di arte-terapia. Il
modello dello psicodramma rappresenta per molti versi un modello a sé stante in cui i presupposti
di tipo teatrale sono adattati a una particolare situazione. Tale modello oggi non è da tutti accettato
come una forma di teatro.
Quando si parla di teatro-terapia il riferimento allo psicodramma potrebbe essere fuorviante,
perché lo psicodramma si fonda essenzialmente su schemi psicoterapeutici nati nella situazione di
coppia paziente-terapeuta. La situazione di gruppo è assai diversa da quella che si sperimenta in
un gruppo teatrale, caratterizzato dall’operatività artistica. La differenza fondamentale tra
psicodramma e teatro-terapia è che nelle proposte di teatro in funzione terapeutica l’elemento della
rappresentazione artistica è ciò che dà coesione al gruppo. Nello psicodramma si arriva subito al
nucleo della nevrosi o della psicosi, mentre nella teatro-terapia la mediazione artistica permette un
percorso più sfumato, che non tende a interpretare subito i disturbi, ma mira a dare sostegno al
paziente che trova nel gruppo e nella sua operatività un contenitore delle sue angosce.
Dall’altra parte esistono alcuni modelli nell’ambito della teatro-terapia in cui non è facile cogliere il
ruolo e il setting terapeutica: si tratta più che altro di esperienze di laboratorio e animazione
teatrale in cui è difficile scorgere un preciso progetto terapeutico. Presi tra i due poli dello
psicodramma, troppo orientato a un modello terapeutico preciso, e dalla pura e semplice
animazione teatrale, i progetti di teatro-terapia non hanno quella visibilità presente in altre forme di
intervento di arti-terapie.
Non sempre queste esperienze teatrali hanno fornito metodologie univoche in senso terapeutico,
ma hanno evidenziato quegli aspetti di osservazione e auto-osservazione che sono alla base della
creatività individuale e un po' di tutte le arti-terapia.
Nel medito teatrale del “teatro oppresso” elaborato da Augusto Boal (1974) con riferimento alla
complessa situazione politica e sociale del Brasile negli anni Sessanta, si riferisce a una
condizione in cui non è possibile liberare energie creative. Inoltre, si afferma l’idea che il potenziale
terapeutico della rappresentazione teatrale avvenga nello “spazio estetico” della rappresentazione,
visto un po' in funzione di spazio transizionale di Winnicott, in cui non vale la tradizionale differenza
tra attori e spettatori, ma ognuno è sia l’uno che l’altro. La ricchezza di giochi ed esercizi di questa
tecnica teatrale, che implicano il coinvolgimento di più modalità sensoriali, sono funzionali
all’apprendimento di un linguaggio espressivo prevalentemente non verbale utilizzato prima per
osservare se stessi e il gruppo e poi per commentare i vissuti emotivi. L’intento di questa tecnica
teatrale sarebbe di ridare al corpo la sua vera capacità espressiva e al gruppo di gestire e
contenere i vissuti emotivi, liberi di trovare un canale espressivo.
Il modello del “teatro degli affetti” elaborato da Nava (1998) si presenta come un progetto che mira
ad evidenziare un percorso molto strutturato nello sviluppo del lavoro svolto dal gruppo,
dall’interazione iniziale alla definizione degli obiettivi, alla costruzione collettiva. Il conduttore viene
definito un “antiregista” poiché non esprime valutazioni e non dà indicazioni artistiche, ma crea i
presupposto affinché il gruppo sia in grado di condursi e di analizzarsi da sé. Le indicazioni di
lavoro sono dosate dal conduttore e sono suddivise in piccoli stimoli che si sviluppano in base alle
risposte in azioni dei partecipanti. Le singole stimolazioni date dal conduttore attivano in questo
modo un dialogo creativo con il gruppo.
Per concludere, nel mondo della teatro-terapia si stanno sviluppando molteplici iniziative per un
uso in senso terapeutico di tecniche teatrali che si discostano dal modello dello psicodramma. Si
tratta in alcuni casi di modelli interessanti, ma è ancora troppo prematuro dare una valutazione
obiettiva delle tante esperienze realizzate.
La poetry therapy
L’uso della scrittura rappresenta un valido ed essenziale aiuto per il terapeuta che di norma redige
un verbale delle sedute svolte: esso rappresenta una traccia concreta dell’osservazione svolta che
non può essere sostituita dalla videoregistrazione, perché dà conto del processo psichico del
terapeuta, di ciò che ha effettivamente osservato e dei problemi, delle difficoltà da risolvere. La
supervisione della terapia si basa anche sull’analisi di questi resoconti scritti.
La scrittura può essere inoltre un valido strumento di riflessione per il paziente; nei modelli
terapeutici che prevedono la stesura di diari in relazione a precisi vissuti o stimolazioni sensoriali è
fondamentale l’intervento del terapeuta che deve orientare la scrittura verso una migliore e più
mirata osservazione del sé.
Si può ipotizzare di impostare un intervento basato sulla scrittura in quanto tale, sfruttandone le
potenzialità riflessive e di auto-osservazione. Una simili ipotesi può portare alla creazione di
laboratori scrittura creativa, gestiti da operatori specializzati, all’interno di strutture istituzionali o
semi-istituzionali.
Esperienze di questo tipo sono state realizzate soprattutto negli Stati Uniti attraverso una tecnica
chiamata poteri therapy.
La poetry therapy ha trovato applicazioni più mirate, anche grazie agli studi di Pennebaker sul
valore terapeutico dell’espressione delle emozioni in forma scritta, nei lavori di DeSalvo e Mazza.
Quest’ultima ha individuato tre componenti nella poetry therapy: una componente
ricettivo.prescrittiva legata all’introduzione di materiale letterario all’interno dell’attività clinica o di
comunità, una componente espressivo-creativa legata ai processi di scrittura e composizione dei
pazienti e, infine, una componente simbolico-cerimoniale relativa all’uso di metafore, rituali in
genere alla narrazione nei medesimi contesti clinici o di comunità. Attraverso queste componenti
Mazza ha proposto e applicato in molti contesti un modello di intervento terapeutico in cui
l’espressività letteraria dei pazienti è utilizzata come uno strumento per controllare e regolare le
emozioni.
Le esperienze italiane ne campo della poetry therapysono agli inizi e piuttosto limitate. Alcune
cooperative includono tra le loro attività alcuni laboratori di poesia, Si tratta tuttavia di attività
ancora sporadiche e non vi sono sufficienti elementi per controllare la validità dei progetti
terapeutici. La formazione nelle arti-terapie
La situazione all’estero e i Italia
Nel campo delle arti-terapie la situazione italiana relativa alle varie figure professionali è molto
meno definita rispetto a paesi come gli Stati Uniti, Gran Bretagna, Germania e altre nazioni
extraeuropee come l’Australia.
Negli Stai Uniti sono presenti specifiche figure professionali riconosciute dallo stato e organizzate
in associazioni che richiedono precisi standard nella preparazione. Sono inoltre previsti esami volti
ad accertare l’idoneità professionale.
La situazione in Gran Bretagna prevede un riconoscimento statale dal 1997 con standard di
qualificazione simili a quelli presenti negli Stati Uniti, e cioè corsi di formazione a livello di master
universitario, supervisione e almeno 200 ore di esperienza clinica. Una situazione simile è
presente in Germania, dove i programmi di formazione in arti-terapie sono attivi a livello di master
universitari e di dottorati.
Tra le varie forme, la musico terapia e le arti-terapia che si avvalgono del supporto delle arti visive
sono quelle che vantano una migliore organizzazione a livello di società scientifiche: le altre forme
di arti-terapie sono più giovani e non hanno una diffusione così capillare.
La situazione italiana si è molto evoluta negli ultimi anni, come testimoniano la presenza sempre
più attiva di scuole, corsi di formazione e master universitari, ma siamo ancora lontani dalla pratica
e dagli standard degli Stati Uniti e di alcuni paesi europei. In particolare, la questione del
riconoscimento giuridico delle figure professionali che operano nell’ambito delle arti-terapie non è
stata in Italia finora risolta.
Il rapporto con altre figure professionali
Le arti-terapie implicano una complessa interazione e collaborazione tra più figure professionali:
l’offerta di un intervento avviene spesso all’interno di centri e contesti istituzionali in cui è
necessario avere rapporti con altri professionisti.
Bisogna inoltre stabilire quali sono le specifiche competenze e funzioni degli arti-terapeuti.
Esiste un primo livello legato alla tecnica operativa dell’arte-terapeuta: le varie figure definite
operatori sono collegate a un uso attento di tecniche espressive atte a predisporre uno spazio
creativo da condividere, spesso in presenza di altre figure professionali.
Il secondo livello o ruolo professionale comporta l’utilizzo di alcune tecniche operative, soprattutto
in funzione della creazione di un rapporto terapeutico con il paziente; l’aspetto tecnico espressivo
rimane preponderante ed è ancora l’obiettivo stesso della terapia, ma è anche considerato come
un fattore che dà vita a una relazione terapeutica e che deve fornire alla stessa i mezzi necessari
alla comunicazione e alla regolazione delle emozioni sia nel paziente sia nel terapeuta. Gran parte
degli arti-terapeuti rientra in questa categoria.
Possiamo poi delineare la figura dell’arte-psicoterapeuta interessato principalmente al rapporto
terapeutico, alle sue dinamiche e alla tecnica espressiva.
Infine, l’arte-terapeuta didatta è impegnato nella formazione dei suoi futuri colleghi.
Tali figure professionali si trovano a interagire talvolta fra loro, talvolta con altri professionisti che
operano nello stesso contesto di intervento, che può essere un ambiente ospedaliero,psichiatrico,
un centro di riabilitazione ecc.
All’interno delle sedute di arti-terapie è spesso presente una persona che affianca il terapeuta,