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Questa è l’analisi semantica di un segnale comunicativo. Si raccolgono un certo numero di situazioni, reali

o inventate, in cui quel segnale può essere usato; per ogni situazione bisogna scrivere ogni informazione

che possa servire all’interpretazione di quel segnale; bisogna formulare una parafrasi verbale di ciò che

quel segnale significa in quella situazione; in base alle parafrasi attribuite al segnale nelle diverse situazioni

e alle informazioni su scopi e conoscenze del mittente nel produrlo si possono ipotizzare le regole e le

restrizioni che ne governano l’uso; per verificare se l’ipotesi è giusta, bisogna costruire una situazione in cui

quelle regole o quelle restrizioni sono violate, e poi provare a usare quel segnale, e se risulta inaccettabile

allora l’ipotesi è plausibile e quindi si è trovato il significato corretto del segnale; si deve infine provare a

usare nelle stesse situazioni altri segnali di significato simile chiedendosi in quali situazioni i due segnali

sarebbero perfettamente intercambiabili.

2.7 - Alcuni esempi

2.7.1 - La mano a tulipano

•• La mano a tulipano è un gesto-frase, ma è ance polisemico, con un significato letterale di

domanda (che vuoi?, allora?) e un significato indiretto di informazione o valutazione negativa (o

pseudo-domanda: ma che vuoi?, ma che stai dicendo? = macché!, non è vero quello che dici). Il

contesto ci permette di disambiguare il gesto, oppure la mimica o il modo in cui eseguiamo la mano

a tulipano (la misura dell’allungamento e del rallentamento della mano a tulipano può essere in

rapporto diretto con la misura dell’enfasi con cui si fa una pseudo-domanda).

2.7.2 - Parole di sopracciglia

•• L’innalzamento di sopracciglia ha quattro significati: sorpresa, enfasi (nell’argomentazione: indica

la parte più importante della frase), avversativo (se innalziamo le sopracciglia mentre diciamo “ma”,

“tuttavia”, “invece”, “al contrario”) e dubbio (quando diciamo ma soprattutto quando ascoltiamo

qualcosa di cui non siamo convinti). Comune a tutti i quattro significati è l’elemento semantico di

una informazione nuova che non può essere inferita dalle conoscenze precedenti (nella sorpresa e

nell’avversativo, la nuova conoscenza è in contrasto con le conoscenze date; nel dubbio il contrasto

tra conoscenze date e nuove causa una perplessità; nell’enfasi c’è semplicemente una conoscenza

nuova che non necessariamente contrasta dalle conoscenze date, ma è comunque diversa dalle

altre).

•• L’aggrottamento di sopracciglia si usa quando: fai una domanda; non riesci a capire una cosa;

vuoi comunicare al tuo interlocutore che non capisci ciò che dice; vuoi comunicargli in modo

indiretto che non sei d’accordo; guardi qualcosa molto attentamente; cerchi di ricordare qualcosa;

dici qualcosa con sicurezza, facendo capire che non stai scherzando; sei preoccupato per

qualcosa; sei arrabbiato; dai un ordine perentorio. Questi dieci casi si raggruppano in grandi

significati: mancanza di conoscenze; attenzione; emozione. Oppure in un solo grande caso, che è

la concentrazione. L’innalzamento aumenta la quantità della vita, l’aggrottamento aumenta la qualità

della visione. Sono questi i significati originali dei due segnali.

2.8 - Libertà di comunicare

•• Il costruzionismo sostiene che la tua conoscenza e la tua comunicazione non dipendono da te, ma dal

contesto, dagli altri e dalla tua interazione con loro. Poggi è anti-costruzionista. È vero che la conoscenza si

costruisce insieme e nasce dall’interazione di varie menti. Ma interagire significa comunicare. Quindi la

conoscenza viene dopo la comunicazione. La mia comunicazione con X non avviene grazie a X. Al

massimo, nel mio comunicare tengo conto di X e il mio modo di comunicare è determinato da X (ma non

ciò che voglio comunicare!). Secondo Poggi, una prospettiva costruzionista estrema espropria il mittente

dei suoi scopi comunicativi, del suo libero arbitrio. Secondo i costruzionisti, io penso quel che penso solo

perché c’è X. Certo, X è lì perché io tengo conto di lui, ma non è lì all’origine del mio pensiero. Il fine è

esprimere i miei scopi comunicativi, mentre tenere conto di come è lui è un mezzo per farglieli capire. Sono

l’unico responsabile dei miei pensieri. Secondo i costruzionisti, tutto il significato è negoziato insieme e

nessuno è completamente padrone del significato che intende. Infatti, la mia comunicazione, anche se

determinata dal contesto, è anche determinata dalla mia mente, dai miei scopi e dalla mia intelligenza.

Riconoscere al mittente piena responsabilità di quello che dice implica presumere che il modo in cui lo ha

detto sia fedele al suo pensiero. Il significato esiste e possiamo trovarlo anche nelle silenziose ed eloquenti

parole del nostro corpo.

3 - I gesti

3.1 - Gesti comunicativi e non

•• Un gesto è qualsiasi movimento fatto con le mani, le braccia o le spalle. Un gesto è comunicativo se la

forma e il movimento delle nostre parti del corpo hanno lo scopo di comunicare. Un gesto comunicativo (da

qui in avanti, solo “gesto”) è insomma una coppia segnale-significato (il segnale è collegato al significato in

maniera codificata o creativa).

3.2 - Tanti tipi di gesti

•• Ci sono quattro grandi gruppi di gesti: gesto deittico (che indica un oggetto o una persona); gesto iconico

(che raffigura nell’aria la forma o imita i movimenti tipici di un oggetto, di un animale o di una persona;

gesto simbolico o emblematico (in una certa cultura ha un significato facilmente traducibile in parole o frasi,

come il gesto della sigaretta o la mano a tulipano); gesto batonico (quando le mani vanno dall’alto in basso

per scandire ed enfatizzare il parlato). Possiamo anche suddividere i gesti in base a diversi parametri:

contenuto semantico (distinzione dei gesti se questi ci danno informazioni sul mondo, sulla nostra identità o

sulla nostra mente), tipo di scopo (individuale - come dare le indicazioni stradali facendo i segni con le mani

-, biologico - aprire le braccia per la sorpresa - o sociale - mettere la mano davanti alla bocca quando si

sbadiglia, che è una norma sociale), livello di consapevolezza (conscio, inconscio - gesti batonici, per

esempio o tacito), costruzione cognitiva (molti gesti sono codificati e memorizzati stabilmente in un lessico

gestuale, come se fosse un linguaggio a parte, autonomo dal parlato; esempio più estremo di lessico

gestuale, che ha valore di lingua perché ha anche regole sintattiche, sono le lingue dei segni usate dai

sordi), relazione segnale-significato (un gesto è motivato se il suo significato è in un certo senso inferibile

dalla sua forma o dal suo movimento: in un gesto iconico la relazione è di somiglianza-imitazione; in un

gesto naturale, come scuotere le braccia in alto per esultare, la relazione è di determinismo meccanico; un

gesto è arbitrario se chi non l’ha mai visto non può indovinare che cosa vuol dire: il gesto della mano a

tulipano inizialmente era arbitrario; spesso, soprattutto nelle lingue dei segni, i gesti arbitrari sono nati come

iconici e poi hanno perso la loro iconicità) e relazione con altre modalità (i gesti si distinguono in co-verbali,

quando si usano solo insieme con il parlato - come i gesti batonici -, e in autonomi, quando possono anche

sostituirlo completamente - come i gesti simbolici: gesto per indicare il telefono per dire “ci sentiamo per

telefono”).

3.3 - Gesti creativi iconici

•• Quando un gesto nasce è per forza un gesto creativo. Poi può essere codificato e memorizzato. Un

gesto creativo (ma anche una nuova parola) nasce quando ci si deve riferire a qualcosa di cui non si è mai

parlato prima. Il gesto creativo può essere iconico se rappresenta aspetti percettivi del significato da

comunicare. Ci sono quindi due modi per far capire all’altro di cosa si vuole parlare: indicare quel qualcosa

o dargli un nome. Dare un nome vuol dire attribuire un certo referente (= ciò a cui ci si riferisce) a una certa

classe, comunicando le caratteristiche distintive di quel referente.

3.4 - Dare nomi con i gesti

•• Infatti, per creare un nuovo nome con un gesto bisogna estrarre una o più caratteristiche distintive del

referente e rappresentarle con le mani. Se le risorse sono le nostre mani, dovremo scegliere quelle

caratteristiche che le mani permettono di rappresentare. Per dare un nome con un gesto, bisogna quindi

chiedersi se il referente ha una forma percepibile (disegnare un profilo di chitarra). Altro modo è

rappresentare non il referente stesso, ma le azioni che gli sono collegate (sia da parte del referente -

muovere le mani come ali per indicare un uccello - sia da parte del parlante - strofinare pollice, indice e

medio per indicare il sale). Altre volte ancora non si raffigurano forme né si imitano azioni, ma si indica il

luogo in cui in genere quel referente si trova (si indica in alto e in lontananza per dire “montagna”). Le

caratteristiche che si selezionano per rappresentare il referente devono però essere distintive e facili da

mimare. Alcune cose però non si possono rappresentare con le mani, per esempio le cose astratte. Per

fare questo bisogna collegare astratto e concreto attraverso alcune regole di inferenza: se non si può

rappresentare l’astratto, si rappresenta il corrispondente concreto (se non posso rappresentare una causa,

rappresento gli effetti): per rappresentare la democrazia, si parte dal mimare la dittatura, mimando dunque

Mussolini, e poi fare il gesto codificato per “no”; in questo modo si fanno tra inferenze: si individua l’opposto

di democrazia, si fa un esempio di dittatura e infine lo si nega. Oppure si fa Pinocchio per indicare una

bugia; o ancora: si indica la testa per dire di aver avuto un’idea. Questa regola permette anche di

rappresentare le caratteristiche ponte tra astratto e concreto in maniera ricorsiva: per indicare il tram

possiamo mimare di arrivare alla fermata correndo, indicando la fermata con un palo, poi l’attesa, il salire

sull’autobus e l’appendersi ai sostegni ballonzolando…

3.5 - I gesti simbolici

•• Tra i sistemi di gesti codificati, abbiamo i gesti simbolici (come il gesto del “non me ne frega nulla” o

quello per “sigaretta”). Un gesto simbolico è autonomo (si usa anche senza parlato), è codificato

(rappresentato stabilmente nella mente di chi lo usa ed è rappresentato come una regola di corrispondenza

tra una certa forma e un significato), è culturalmente codificato (è condiviso solo dai parlanti di una

de

Dettagli
A.A. 2016-2017
14 pagine
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SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-PSI/01 Psicologia generale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher simone.scacchetti di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Psicologia della comunicazione e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi Roma Tre o del prof Poggi Isabella.