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Y.
•• Le leggi 3 e 4 sono due fondamentali modi di ingannare: (3) non far sapere il vero, privazione; (4) far
credere il falso (deviazione).
9.2 - Ambiguità dello “scopo di ingannare”
9.2.1 - Inganno “accidentale” o “colposo”
•• Non si riesce a spiegare lo scopo di ingannare, ma solo quello di far credere o di far non credere.
Per X lo scopo vero è far credere o non far credere qualcosa, e ingannare Y non è per X un fine, ma
solo uno scopo strumentale a influenzarlo, cioè a fargli fare quello che vuole. Neanche uno scopo
strumentale, ma solo una conseguenza necessaria dell’azione. L’ingannatore cognitivo conosce il
vero e quindi sa di mentire, ma il suo atto è colposo. È la forma accidentale e colposa dello scopo di
ingannare il caso più frequente, che lega l’inganno ai principi dell’influenzamento.
9.2.2 - Inganno “essenziale” o “intrinseco”
•• Esistono però anche dei casi di inganno essenziale, o intrinseco, dei casi in cui la meta di X non è
influenzare Y, ma solo ingannarlo (non fargli credere il vero). Sono i casi dello scherzo, della presa
in giro, e quelli in cui si vuole dimostrare la propria abilità nell’ingannare o si vuole provare il piacere
dell’inganno. Qui l’inganno è essenziale. C’è un tipo di scopo di ingannare intrinseco che si trova
nelle situazione di rivalità, ostilità, concorrenza, in cui Y è il nemico. C’è una legge 5 per questo: se
X crede che se qualcuno crede il falso o non sa il vero rilevante fallisce (i suoi scopi sono
compromessi) e X ha lo scopo generale che Y fallisca (Y è il nemico), allora X ha lo scopo
generalizzato (a una certa area di Conoscenze connesse a una certa area di Scopi) che Y abbia
credenze erronee (non sappia il vero o creda il falso). Insomma: se Y è nemico di X, X tenderà a
ingannarlo. Per questo le guerre (anche metaforiche) sono fonte inesauribile di casi e di strategie di
inganno.
9.3 - Eccezioni: quando sapere è un male
•• Nel principio di cooperazione di Grice (l’altruismo reciproco) dobbiamo ricordare che dire il vero è solo un
caso particolare dell’aiutare, del cooperare, e non è un principio assoluto.
Eppure, ci possono essere circostanze o scopi rispetto ai quali la conoscenza del vero è dannosa. Già i
principi di Grice ci dicono di dire la verità solo se pertinente agli scopi dell’altro, ovvero solo se interessante
per lui. Il resto della verità sarebbe dannosa.
Il rapporto tutorio (di colui che aiuta non superficialmente e si cura anche dei bisogni a lungo termine,
inespressi o ignoti dell’altro) non riguarda solo l’aiuto pratico, ma anche le conoscenze. I due protagonisti
dell’altruismo reciproco della conoscenza sono tra loro in un rapporto tutorio. Lo scopo di aiutare Y con le
conoscenze che gli si danno o no può entrare in conflitto con lo scopo di fargli sapere il vero (se sapere il
vero non è nell’interesse di Y, che devo fare io? sacrificare l’interesse di Y o sacrificare la verità?).
10 - Inganno e relazioni sociali: amore e odio, potere, scambio, immagine
10.1 - Altruismo e aiuto: inganni prosociali tutori
•• In quali casi la conoscenza del vero è un male? Quali sono le “buone” ragioni per non far sapere il vero?
Sofferenza (se l’altro soffrirebbe molto sapendo un fatto, e per noi lo scopo di non soffrire è molto
importante); interferenza emotiva e confusione (la conoscenza del vero indurrebbe nell’altro una reazione
emotiva che si risolverebbe in un danno per i suoi scopi - come disperazione, depressione, ansia e panico,
impulsività, infarto…); distrazione (la nuova conoscenza potrebbe aprire nuovi orizzonti, nuovi interessi e
desideri, che distrarrebbero dagli scopi e dai doveri); cortesia e rispetto (sottocaso dell’inganno per evitare
sofferenza: inganni per non ferire, per non offendere, per mostrare rispetto dell’altro).
10.2 - Odio e aggressività: verità per nuocere
•• L’eccezione alla legge che la conoscenza è vantaggiosa riguarda in modo capovolto anche i nemici: se
sottraiamo la conoscenza ai nemici se utile per loro (violando l’altruismo reciproco), allora abbiamo invece
motivo di dare la conoscenza ai nemici se è dannosa per loro. Insomma: tutte le buone ragioni per
nascondere il vero agli amici diventano buone ragioni per farlo sapere ai nemici. Vogliamo quindi far soffrire
il nemico, vogliamo mandarlo in confusione, vogliamo corromperlo e vogliamo offenderlo (provocarlo,
mancargli di rispetto, svergognarlo). Secondo Tommaso, infatti, non si deve credere al diavolo neanche
quando dice il vero. La verità può essere un’arma per l’influenza dannosa che può avere sulle nostre
decisioni o reazioni. Questo è un inganno più subdolo, perché come non possiamo credere a qualcosa che
sappiamo sia falso, così non riusciamo a non credere a qualcosa che sappiamo sia vero (come quando un
nemico ci dà una informazione vera su un nostro amico che ci ferisce, ma il nemico ce la dà solo per ferirci:
noi non possiamo non credergli, ma semplicemente sperare che menta; la menzogna del nemico è un
veleno a cui si può trovare rimedio smascherandola, ma la verità del nemico è un veleno senza rimedio).
10.3 - Inganno e potere
•• Chi ha più interesse a ingannare, il forte o il debole? Si pensa di solito che l’inganno sia dei deboli e la
forza dei potenti. Eppure, non solo chi è sottomesso, ma anche chi ha il potere ha motivo di ricorrere
all’inganno, proprio in ragione della sua posizione e del rapporto di dominio.
10.3.1 - I vantaggi della convinzione sulla costrizione: l’acquiescenza
•• Il domino basato solo sulla forza e sulla minaccia ha i suoi rischi: ci si sottomette solo per paura e
per costrizione, ma si cercherà di fuggire, di ribellarsi a una autorità ingiusta.
Allora, chi detiene il potere, per evitare di dover continuamente spendere energie per la
sorveglianza, per la minaccia, per la repressione, si tiene al riparo da rancori, invidie e ribellioni
(anche non ostentando la sua ricchezza e il suo potere) usando l’inganno. Chi viene influenzato può
prendere una nuova decisione o per coercizione o per convinzione. Con la forza puoi costringere
qualcuno a fare qualcosa che non vuole, ma per convincerlo devi dargli delle buone ragioni, cioè
fargli assumere certe conoscenze da cui lui possa concludere autonomamente che perseguire un
certo scopo è per lui utile. Dal punto di vista dell’influenzatore, la convinzione come mezzo di
influenzamento è più stabile della coercizione, e se è difficile trovare buone ragioni che siano vere
per fargli accettare spontaneamente un nuovo scopo, allora può fornirgli buone ragioni fittizie,
ovvero può ricorrere all’inganno. L’inganno è l’unico modo di influenzare attraverso la convinzione,
ovvero di evitare la coercizione cercando di arrivare alla convinzione anche se gli scopi sono
totalmente contrari agli interessi di chi si vuole influenzare. L’inganno è quindi l’alternativa “dolce”
alla coercizione. Ecco perché diventa conveniente, più che chiedere all’influenzato di aderire a
scopi che sa bene non suoi, fargli credere che gli scopi che gli si propone di adottare rispondono ai
suoi valori. Ecco perché anche i potenti tendono a ingannare i deboli: il dominino basato sulla
convinzione del dominato è per il potente molto preferibile al dominio basato sulla mera forza.
10.3.2 - Altri inganni del potere
•• Spesso i potenti usano l’inganno non solo come difesa, ma anche con lo scopo di sottolineare il
proprio potere, di aumentarlo, di non perderlo o di non sprecarlo. In questi casi chi ha il potere
inganna in quanto finge di non averlo. Altre volte invece il potente che tiene alla propria immagine,
finge di usarlo (l’amico influente che fa una blanda raccomandazione per non impegnarsi troppo e
non sprecare il suo potere). Eppure, la vera essenza dell’inganno di chi ha potere è il paternalismo,
in cui X cerca di convincere Y a perseguire un certo scopo perché “è per il suo bene”, mentre la
vera ragione è che serve agli scopi di X stesso. Insomma, il potente finge di non voler usare il suo
potere, ma nel caso in cui con l’inganno e la convinzione non riuscisse, userebbe senza dubbio la
coercizione.
10.4 - Inganno e scambio: “l’anima del commercio”
10.4.1 - Primum: “fregare” (non reciprocare)
•• Il rapporto di scambio si fonda sull’ipotesi di razionalità dei due attori che sono indifferenti agli
interessi dell’altro e si curano ognuno del proprio. Per definizione, nello scambio i due attori
dipendono l’uno dall’altro, ma per scopi propri e non comuni. Si parla in questo caso di agenti
razionali, che hanno come scopo comune solo la riuscita dello scambio, ma non che l’altro sia
soddisfatto. Anzi, se si riuscisse a barare o ad approfittarsi dell’altro, lo si fa senza problemi. Al
contrario, nel rapporto cooperativo una volta che l’altro abbia fatto la sua parte, io non ho alcun
interesse razionale a non fare la mia, perché in caso contrario farei del male a lui e a me.
Insomma: nel rapporto di scambio, gli attori razionali tendono a “fregarsi”, cioè a ingannare circa la
propria reciprocazione, a non dare quanto pattuito. Ogni scambio di questo tipo si fonda su una
profonda diffidenza. Per questo ci sono tanti vincoli e controlli.
10.4.2 - Secundum: non evitare di nuocere
•• Anche quando non cerco di non dare quanto promesso, il mio aiuto avrà un carattere molto
diverso dagli altri aiuti (non sarà cooperativo o tutorio). In un rapporto di puro scambio, l’altro non è
alla mia benevolenza che si affida, ma al mio gretto interesse. Se mi paga per una cosa che in
realtà non gli serve (analisi cliniche superflue) o gli fa male (come il fumo) perché dovrei
preoccuparmene o dovrei dirglielo? Sono affari suoi, è un individuo libero. Ma in questa omissione,
io lo sto ingannando (inganno per omissione): nel rapporto di scambio gli attori razionali tendono a
ingannarsi per omissione circa l’utilità per l’altro di quanto l’altro vuole.
10.4.3 - Tertium: truffare
•• I due attori decidono di scambiare o no in base alle loro credenza sulla vantaggiosi dello scambio.
Da una parte, uno scambio è tanto più vantaggioso quanto meno si dà all’altro e quanto più si
ottiene dall’altro. Dall’altra parte, l’altro si sottrae allo scambio appena crede che sia a suo
svantaggio