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IL LEGAME TRA MENTE E CERVELLO
Secondo la teoria dell’identità (o parallelismo), il rapporto mente/cervello può esser spiegato nella
misura in cui il comportamento e l’esperienza possono essere spiegati facendo riferimento a
processi mentali o fisiologici, laddove ambo le prospettive sono valide.
Nella sua costruzione di un modello NP della schizofrenia, Frith mette in evidenza come alcune
spiegazioni causali dei sintomi siano inadeguate, ad ex.:
“le allucinazioni sono causate da un’attivazione inappropriata dei neuroni DAergici” si
- tratta di una possibile associazione spuria, dal momento che non si sa quale sia esattamente
il ruolo dei neuroni e non vi è chiarezza circa la natura delle allucinazioni e del processo
sottostante. Una concezione dualistica di mente e cervello potrebbe spiegare le allucinazioni
come indotte da una stimolazione casuale e non naturale dei neuroni, ovvero da uno scambio
di “messaggi” tra cervello e mente, laddove il primo, attraverso un’attività parossisitica,
determinerebbe esperienze mentali anomale; questa prospettiva, però, non spiega come
solitamente sia fatta una distinzione tra esperienze mentali naturali e non;
“le allucinazioni vengono sperimentate perché l’em dx sta comunicando con quello sx”
- se è vero che nel cervello ci sono moduli cognitivi che comunicano tra loro e che molti di
quelli deputati all’elaborazione di stimoli linguistici uditivi si trovano nell’emisfero sx, è
altrettanto vero che un’asserzione come quella su citata fa percepire le allucinazioni come
un linguaggio esterno che viene sentito dal cervello, mentre così non è. L’udire delle voci,
3 infatti, è un’esperienza soggettiva, che ricade nel dominio mentale e non è ridotta all’attività
cerebrale.
Frith intende fornire delle spiegazioni psicologiche ai sintomi della schizofrenia, contando sul
progressivo supporto che deriva da nuove scoperte in ambito neurofisiopatologico. Psicologia e
fisiologia, ovvero mente e cervello, infatti, si influenzano reciprocamente.
Alcuni segni della schizofrenia (ex. comportamento stereotipato) possono esser studiati anche su
modelli animali, mentre altri (ad ex. quelli inerenti l’area del linguaggio o le esperienze soggettive
dei sintomi +) no: tuttavia, la comprensione dei processi cognitivi sottostanti un certo sintomo
permette di studiarli anche su campioni animali. Un ex. di ciò è dato dalla scoperta da parte di Gray
et al. dell’inibizione latente, che consiste in una lentezza, da parte di soggetti che hanno
sperimentato in precedenza un dato stimolo come irrilevante, a concettualizzarlo, in un momento
successivo, come associato ad un evento importante. L’inibizione latente è stata riscontrata sia in pz
con episodio psicotico acuto che in animali trattati con amfetamina: essa non costituisce, però, un
vero e proprio processo cognitivo, ma piuttosto la definizione di un certo tipo di compito. Gray e
coll. han cercato di analizzare le componenti di questo task ed hanno collegato l’inibizione latente ai
sintomi per mezzo dei concetti di “rilevanza dello stimolo” o di “regolarità del passato”. Questo pdv
permette, ad ex., di spiegare l’iperattenzione come una difficoltà a selezionare solo quegli stimoli
che, per esperienza, si sa essere rilevanti; le allucinazioni, invece, sono definite come intrusioni
nell’esperienza concia di materiale proveniente dalla memoria LT ed attribuito, però, ad una fonte
esterna. Vari altri modelli sono stati elaborati sulla falsariga di quello dell’inibizione latente, ma
sempre partendo dall’adattamento sull’essere umano di compiti formulati per gli animali. Frith si
propone un approccio opposto, che dai processi cognitivi vada a spiegare i sintomi e non viceversa.
Il fatto di soffrire di una patologia cronica determina, chiaramente, delle conseguenze psicologiche.
Il trattamento farmacologico della schizofrenia è spesso ad alte dosi e prevede l’associazione di
antipsicotici con altri farmaci, come gli anticolinergici, che possono esser causa della
compromissione cognitiva osservata nei pz, in particolare per quel che riguarda i d. della memoria.
E’ anche vero, però, che non vi è certezza che tutti i sintomi cognitivi siano provocati dalla tp e
l’impossibilità di sottoporre a test psicologici pz in acuto ed ancora scoperti, così come la possibile
non rappresentatività dei pz che han sospeso la tp e si sono resi disponibili per gli studi, fa sì che
non si possa giungere a conclusioni certe; i pz di Kraepelin, inoltre, pur non essendo ancora trattati
farmacologicamente, esibivano un decadimento cognitivo. Lo stesso discorso può esser fatto in
merito all’istituzionalizzazione. Da un pdv metodologico, una difficoltà proviene dal fatto che il
gruppo di controllo ideale non esiste, dal momento che è impossibile trovare persone non
schizofreniche che siano state istituzionalizzate e sottoposte a tp farmacologica: i risultati degli
studi, dunque, vanno presi con cautela. Anche la diagnosi stessa di schizofrenia non è univoca, vista
l’estrema variabilità con cui questa malattia può presentarsi: nelle ricerche, dunque, è sempre bene
specificare i criteri diagnostici applicati.
Un’altra questione importante riguarda la differenza esistente tra la diagnosi ed i sintomi: mentre
occuparsi di una diagnosi implica pronunciarsi in merito all’etiologia della malattia, focalizzarsi sui
sintomi consente di considerare i processi cognitivi. Per ex., la sensatezza di studiare un’anomalia
cognitiva sottostante un determinato sintomo sta nel fatto che, fintanto che il sintomo viene
riscontrato, si può asserire che l’anomalia sia presente e questo sia nel caso in cui il pz sia trattato
farmacologicamente sia in quello in cui sia scoperto: questo perché tale anomalia cognitiva viene
ascritta direttamente alla patologia; al contrario, focalizzarsi su un deficit specifico (come può
essere un d. dell’attenzione) e, quindi, su una dimensione più “macro”, espone al rischio di non
sapere quanto questo sintomo sia determinato o meno dalla patologia o dalla tp, rendendo
necessario il reclutamento di un controllo che, come detto sopra, non potrà mai essere “ideale”.
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In quanto alla sintomatologia, i sintomi positivi sono considerati centrali, perché manifestati da tutti
i pz in qualche stadio della malattia, mentre altri sintomi sono considerati associati. Nella fase
avanzata, può capitare che i sintomi centrali vengano meno e restino solo quelli associati. Questi
ultimi non sono dirimenti ai fini della diagnosi, poiché possono esser presenti anche in altri d.. I
sintomi - possono presentarsi anche nelle fasi più precoci e sembrano essere associati ad alterazioni
strutturali del cervello. La compromissione intellettiva tipica della schizofrenia è in relazione con i
sintomi –, non con quelli +: è rapida e si concretizza del tutto entro 5 anni dalla diagnosi. L’amnesia
dello schizofrenico non è simile a quella del pz Alzheimer, ma piuttosto a quella della s. di
Korsakoff. I d. percettivi sembrano esser legati ad uno “stile di percezione”, che privilegia i dettagli
anziché la visione d’insieme. I d. del movimento involontario possono essere o meno legate alla tp,
come già detto. Altro sintomo frequente è il linguaggio incoerente. Secondo Frith, tutti questi d.
cognitivi e comportamentali sono legati ad alterazioni di sottostanti sistemi cerebrali.
Il test NP ideale è quello che risulta alterato solo se svolto da pz con lesione in una specifica area,
ma ben pochi strumenti di valutazione hanno questa caratteristica. Diversi test sono stati
somministrati a pz schizofrenici presumendo che la rilevazione di un certo deficit NP potesse far
intuire una specifica compromissione cerebrale: in vero, dai risultati si potrebbe supporre
un’alterazione pressoché globale del cervello. Inoltre, una spiegazione riduzionista è inadeguata a
livello sia fisiologico che psicologico: è fondamentale, infatti, conoscere in modo adeguato sia gli
effetto di una lesione cerebrale che i processi cognitivi chiamati in causa nello svolgimento di un
dato test. Frith intende partire da un’associazione tra segni e sintomi schizofrenici con processi
cognitivi coinvolti in specifici test per pervenire, solo allora, ad una correlazione con una funzione
cerebrale sottostante.
ANOMALIE COMPORTAMENTALI
Gran parte dei sintomi – sono anomalie comportamentali, cioè segni; la loro valutazione è più ostica
e meno attendibile di quella dei sintomi +, più eclatanti. I segni sono associati al declino sociale ed
alla compromissione sociale, oltre che a diversi segni neurologici (ex. i d. del movimento) ed
anomalie cerebrali strutturali (ex. ampliamento ventricolare): da ciò si deduce come i sintomi –
siano elementi primari della schizofrenia. Essi si caratterizzano per una mancanza di azione che si
manifesta in diversi domini (linguaggio, emotività, pensiero, azione ed interazione sociale). Sembra
che la mancanza di azione riguardi soprattutto quei casi in cui un’azione deve essere autogenerata:
un pz, ad ex., risponde alle domande che gli vengono poste, ma non fornisce informazioni di sua
sponte; questo fa pensare che le prestazioni siano migliori in quei test in cui è lo sperimentatore ad
indurre la risposta e presumibilmente questo non si verifica solo nel caso del linguaggio ma in tutte
le attività. Ad ex., in un test di fluenza categoriale, la prestazione di un pz sarà bassa a causa dei
sintomi -, dal momento che l’indicazione è molto generica e richiede, quindi, una generazione di
risposta autonoma da parte del pz. Secondo un modello cognitivo dei segni comportamentali,
mentre alcune azioni costituiscono una risposta a stimoli ambientali, altre sono spontanee ed
autogenerate: sulle prime possono intervenire i sintomi + (perché esse partono da una percezione),
mentre sulle seconde agiscono i sintomi -. In particolare, ai test di fluenza possono verificarsi tre
condizioni:
povertà d’azione alla fluenza, il pz fornisce poche o nessuna parola;
-
risposta ripetitiva, stereotipata si ha perseverazione, ovvero si continuano a ripetere
- risposte già date, anche nel caso in cui queste non siano appropriate;
comportamento stimolo-guidato risposta non appropriata al segnale ambientale. Ad ex., il
- pz fa associazioni indebite e, quando gli viene chiesto di dire tutti i nomi di animali che gli
vengono in mente, cita anche derivati animali.
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Il tipo di anomalia che si presenta, poi, dipende ovviamente dal test che viene proposto al pz. Dal
momento che nei test di fluenza verbale viene chiesto