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CAPITOLO 3 – QUELLO CHE IL CERVELLO CI DICE DEI NOSTRI CORPI
Ogni volta che usiamo uno strumento, il nostro corpo estende i confini del mondo circostante e
questo è stato provato attraverso l’esperimento della scimmia a cui è stato dato un rastrello. Nel
cervello della scimmia, si attivano i neuroni della corteccia parietale ogni qual volta essa veda
qualcosa di raggiungibile: se le viene data la possibilità di utilizzare un rastrello, i neuroni in
questione si attivano anche a fronte di oggetti situati a distanze maggiori. Un fenomeno analogo
accade, anche, nell’uomo: è come se lo strumento di cui si dispone diventasse un prolungamento del
corpo.
Un altro esempio interessante di come il cervello ci permetta di conoscere o meno il nostro corpo e
la sua attività, è dato dal fatto che, contrariamente a quanto possiamo pensare, non sempre siamo
consapevoli di quel che stiamo facendo; in un esperimento, è stato chiesto ai partecipanti di
disegnare una linea retta verticale su un monitor muovendo la mano, senza poter vedere la loro
mano ma potendo visualizzare esclusivamente la linea da essa tracciata sullo schermo, linea che è
stata distorta, a loro insaputa, dal computer: i soggetti hanno modificato la traiettoria del loro
movimento per raddrizzare la linea, il tutto senza rendersene conto. Un altro esperimento ha
richiesto al campione di afferrare un’asta, che ha iniziato a muoversi poco dopo l’inizio dell’azione
dei soggetti, i quali hanno corretto la loro traiettoria senza accorgersene, in modo tale da portare a
compimento il compito: il cervello, pertanto, corregge automaticamente i nostri movimenti.
Libet ha dimostrato come la consapevolezza di voler mettere in atto una determinata azione o
movimento non abbia luogo nel momento stesso in cui si opera la decisione. Monitorando l’EEG
del suo campione, ha chiesto ai soggetti coinvolti di muovere un dito in un qualsiasi momento, ma
di dichiarare, prima, di essere sul punto di farlo. Ha così potuto osservare come la dichiarazione
dell’intenzionalità preceda la messa in atto del movimento di circa 200 ms, ma i cambiamenti di
attività cerebrale sembrano manifestarsi ancor prima, circa 500 ms in anticipo rispetto all’azione…il
che significa prima ancora che il soggetto sia consapevole e possa verbalizzare la sua intenzione!
Nel momento in cui pensiamo di compiere una data azione, dunque, pare che il nostro cervello
abbia già operato una sua scelta, che diventa, quindi, la nostra: ciò non significa che non esistano
scelte libere ma, semplicemente, che non si è consapevoli della scelta nel preciso istante in cui la si
opera. Sono scelte inconsce, equiparabili alle inferenze inconsce di von Helmoltz: non siamo
consapevoli dell’azione che stiamo per eseguire fintanto che il nostro cervello non compie una
scelta inconscia su che azione eseguire. Daniel Weyner ha suggerito che noi potremmo non aver
modo di sapere se causiamo o meno le nostre azioni, che, forse, possiamo solo sapere di avere
l’intenzione di agire e che, in seguito, ha luogo l’azione. Quindi, se un’azione viene messa in atto
dopo un’intenzione cosciente, allora ci si ritiene responsabili di essa.
Nell’ambito della patologia, sono possibili altre illusioni circa il nostro corpo, tra cui la sindrome
dell’arto fantasma, l’anosognosia nei pazienti emiplegici e la mano anarchica. La sindrome dell’arto
mano fantasma insorge, di solito, a seguito di un’amputazione o, più raramente, di una lesione
cerebrale e, in questo ultimo caso, ci può essere la percezione di un arto in sovrannumero (una terza
gamba e/o un terzo braccio). Dopo l’amputazione di un braccio, i neuroni corrispondenti non
ricevono più stimoli dalle afferenze ma non muoiono: vengono utilizzati per altri scopi. Accanto ad
essi si trovano i neuroni collegati al viso: l’area della mano viene, quindi, controllata da quella del
volto, con il risultato che, se si tocca il viso del soggetto, egli avverte parte della sensazione anche
alla mano fantasma. In pazienti emiplegici con anosognosia, può esserci la percezione (e la
convinzione) di poter ancora muovere l’arto paralizzato. Nella sindrome della mano anarchica, una
mano sfugge al controllo intenzionale dell’individuo, che può anche sentirsi molto infastidito dalle
sue azioni e cercare di impedirle servendosi dell’altra mano.
La gerarchia della conoscenza del nostro corpo, si articola su tre livelli, ognuno dei quali è passibile
di errori. Essi, dal più basso al più elevato, sono:
1. la conoscenza della posizione del corpo e delle sue parti nello spazio;
2. la conoscenza di come e quando vada eseguito un particolare movimento;
3. la consapevolezza di essere l’attore che sta eseguendo i movimenti in quel dato momento
gli esempi più estremi di individui che mettono in atto delle azioni senza rendersene conto
provengono dall’ipnosi, la quale è figlia del mesmerismo, una pratica ideata da Mesmer, da
cui prende il nome. Mesmer era convinto di aver messo a punto una tecnica terapeutica
basata sulle teorie del magnetismo animale, ma gli effetti positivi ottenuti con questa pratica
sono, in seguito, stati attribuiti unicamente a suggestione e non, come invece egli riteneva, a
qualche forza di natura fisica.
CAPITOLO 4 – TUTTO BENE PER CHI SA PREDIRE
La legge dell’apprendimento per condizionamento classico, formulata da Pavlov, viene anche
chiamata “legge dell’apprendimento associativo”, dal momento che ciò che si apprende è
l’associazione tra uno stimolo arbitrario ed uno stimolo che ha, invece, la valenza di ricompensa o
di punizione. Si tratta di un meccanismo fondamentale per acquisire conoscenze sul mondo e che ci
consente di discriminare ciò che è piacevole da ciò che non lo è. Uno stimolo arbitrario assume,
così, importanza soltanto se è predittivo del fatto che, dopo la sua presentazione, accadrà qualcosa
di gradevole o sgradevole: se, invece, si limita a seguire l’evento significativo, allora non ha
nessuna rilevanza.
Thorndike ha, invece, descritto l’apprendimento per prova ed errori. Un gatto messo in una puzzle
box non impara che azione mettere in atto per far aprire la gabbia per ostensione od imitazione, ma,
semplicemente, per prova ed errori: questo significa che impara ad associare una certa azione
(nell’esperimento, tirare una cordicella) alla ricompensa (uscire dalla gabbia), quando questa azione
è stata messa in atto, inizialmente, in modo casuale. Attraverso questo tipo di apprendimento,
quindi, noi siamo in grado di stabilire quale tra le nostre azioni sia in grado di influenzare le
condizioni future.
Skinner ha osservato il fenomeno dell’apprendimento superstizioso in un campione costituito da
piccioni, i quali imparano a ripetere qualsiasi azione abbiano messo in atto poco prima dell’arrivo, a
dire il vero casuale, della ricompensa (il cibo). Questo tipo di apprendimento è possibile anche negli
esseri umani. E’ di particolare rilievo il fatto che l’apprendimento superstizioso sia possibile solo se
l’individuo non ha consapevolezza di esservi esposto, ossia di trovarsi nella situazione di
apprendere delle associazioni tra i suoi comportamenti casuali e delle conseguenze ambientali.
L’apprendimento associativo ci consente, quindi, di conoscere il futuro. Nel processo di
apprendimento hanno un ruolo importante i neuroni dopaminergici, che sono stati chiamati “cellule
di ricompensa”, in ragione del fatto che aumentano la loro scarica subito dopo l’ottenimento di una
ricompensa (per l’animale, acqua o cibo). L’individuo che mette in atto un’azione che sa essere
associata ad una ricompensa, stimola questi neuroni e finisce per trovare questa autostimolazione
più piacevole ancora di quella che deriva dall’ottenimento della conseguenza desiderata. Schultz ha
scoperto che, in verità, i neuroni dopaminergici non sono vere e proprie cellule di ricompensa,
poiché, col passare del tempo ed il consolidamento di quanto appreso, cominciano a comportarsi
come predittori della ricompensa, aumentando la loro attività prima ancora che essa venga ottenuta:
la loro attività, quindi, sembra, piuttosto, indicare se siano o meno presenti degli errori nelle
predizioni inerenti la ricompensa, poiché aumenta quando si attende il rinforzo e diminuisce nel
momento in cui questo dovrebbe essere arrivato ma non c’è. Se la nostra predizione sul mondo è
sbagliata, allora abbiamo la necessità di fare qualcosa che ci consenta di migliorarla.
Il nostro cervello apprende ad attribuire un certo valore, positivo, negativo o neutro, ad ogni
elemento della realtà circostante, in base alla ricompensa, punizione o mancanza di rinforzo ad esso
associata. Attraverso l’apprendimento associativo siamo in grado di stabilire che cosa abbia valore e
che cosa no, ma questo non è sufficiente a darci un’idea di come ottenere quello che desideriamo. Il
meccanismo che fa sì che possiamo risolvere questo problema è l’algoritmo della differenza
temporale (DT) o modello critico-attore; l’attore sceglie che azione eseguire ed il critico valuta la
sua utilità e commenta il cambiamento di valore da una situazione all’altra (ecco perché si parla di
differenza temporale): il valore risulta più elevato, quando l’azione avvicina alla ricompensa.
Attraverso l’apprendimento associativo, quindi, il nostro cervello costruisce una mappa di valori del
mondo, in cui ogni elemento viene posizionato ad un dato livello di valore che è alto se avvicina
alla ricompensa e scarso se non è associato alla possibilità di ricevere la ricompensa. Sulla mappa
sono riportate, anche, quali azioni ad alto valore siano più probabili condurre al successo e quali
azioni a basso valore porteranno, più facilmente, al fallimento.
Nei rapporti con il mondo fisico, pertanto, non abbiamo esperienza di noi stessi come parte
integrante della realtà fenomenica, dal momento che le nostre menti si focalizzano su contenuti più
elevati della materia, quali le nostre speranze ed i nostri desideri. Il nostro cervello ci crea
l’illusione di essere inseriti in un mondo che resta costante ed attraverso cui possiamo muoverci
liberamente. Possiamo scegliere di focalizzarci sulle varie componenti del nostro corpo, sulla loro
posizione e sul loro stato di quiete e di moto, ma, il più delle volte, non lo facciamo e preferiamo
rimanere inconsapevoli. La nostra capacità di prevedere il futuro per mezzo di associazioni ed
attribuzioni di valore, ci fa provare la sensazione di detenere il controllo e, quindi, di non aver
bisogno di preoccuparci eccessivamente del mondo fisico delle azioni e delle sensazioni, il tutto a
vantaggio del