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Se pensiamo alle crociate, comprendiamo che le chiese sono state (e rimangono) tour operator
formidabili e redditizi. Solo con l’apparizione delle ferie pagate, il turismo conoscerà il suo
momento di gloria, ma la rivoluzione turistica deve molto all’effetto combinato della rivoluzione dei
trasporti e delle comunicazioni, perché senza mezzi di trasporto, senza albergo o agenzia il
viaggiatore/turista moderno sarebbe ancora un avventuriero o un esploratore.
Il termine turista nasce nel 1816 da tour ossia il viaggio che i giovani aristocratici inglesi
generalmente intraprendevano in Europa nel 1700. Il termine turismo invece nasce nel 1841 come
azione di viaggiare per il proprio piacere, distinto dalle escursioni o dai soggiorni lunghi più di un
anno.
I quattro elementi principali che determinano il turismo sono: la domanda di viaggio; gli intermediari
turistici; le destinazioni; gli impatti.
All’origine delle vacanze e del turismo in generale vi sono le tre funzioni dello svago, ossia
rilassarsi, divertirsi e sviluppare la personalità.
Edgar Morin sostiene che la vacanza dei valori faccia il valore delle vacanze: l’ozio non è mai ben
visto e appena nato il tempo liberato viene ripreso dalla società industriale e da quella dei consumi.
In pratica il tempo libero è soltanto una versione non remunerata del tempo lavorativo. Per vivere il
turismo ha bisogno di tutto e del contrario di tutto: città e campagna; costruzioni tecnologiche e
monumenti storici; ricchi e poveri; civili e selvaggi; nord e sud. La povertà esotica affascina e ci è
più tollerabile semplicemente per la sua estraneità, la sua distanza geografica. Anche il turismo
nasce dal malsano bisogno di constatare altrove che a casa propria in fondo non si sta così male.
A seconda degli studiosi sono state individuate varie categorie turistiche (es. balneare, climatico,
montano, rurale, di salute, culturale, religioso), ma qui ne osserviamo solo due importanti:
- Di svago, comprendente quelli balneare, di crociera, di montagna, sportivo, di distrazione;
- Culturali e naturali, comprendenti quelli etnici o etnologici, storici e archeologici,
d’avventura o di scoperta, ecologici, fluviali
Una terza categoria meno importante riguarda i turismi d’affari.
Oggi la riflessione turistica è alimentata da due filoni: il primo affronta il divario fra un discorso
negativo sui turisti e uno positivo sui flussi e prodotti turistici, il secondo tratta il dislivello tra gli
effetti negativi del turismo e le forme positive di turismo alternativo e compatibile.
Il viaggiatore senza scopo che fu il turista di un tempo si è trasformato in un viaggiatore che ha
premura di raggiungere un obiettivo: ad esempio il fotografo è simile al cacciatore.
La vacanza nasce come assenza temporanea dal lavoro e quindi il turismo sembra voler liberare
l’uomo dai suoi impegni: in realtà la vacanza serve per poter ritornare a lavorare in modo più
redditizio. Ecco il meccanismo perverso del turismo che col pretesto di liberare l’uomo, lo sfrutta.
Tzvetan Todorov (filosofo e saggista bulgaro naturalizzato francese, morto circa 4 mesi fa) ha
delineato 10 ritratti di viaggiatori: l’assimilatore- il profittatore- il turista/vacanziere- l’impressionista-
l’assimilato- l’esotista- l’esiliato- l’allegorista- il disincantato- il filosofo.
Ascher invece propone 3 tipi di turisti, gli attivi, i prigionieri e quelli di lusso; Lanquar ne indica 4,
ossia il sedentario, il sedentario mobile, l’itinerante e il nomade.
Urbain ha individuato 4 figure che però possono anche combaciare: il viaggiatore, il turista, il
villeggiante e il clandestino. Cohen elenca 4 tipi distinti: il turista organizzato di massa, il turista
individuale di massa, l’esploratore che va fuori dai sentieri battuti e l’esploratore marginale che
cerca la novità ed evita il contatto con i turisti. Smith propone 7 categorie: gli esploratori, i turisti
elitari, i turisti fuori dai sentieri battuti, i turisti non abituali, i turisti di massa recenti e di massa, i
turisti charterizzati.
Le due cose che il turista disprezza di più sono vedere il proprio viso nello sguardo dell’altro e la
sovrappopolazione turistica. La sola opposizione che ha senso è quella tra turista-viaggiatore da
un lato e girovago-vagabondo dall’altro. Per il primo il viaggio è qualcosa di straordinario, mentre
per il secondo è un’arte di vivere, è la sua quotidianità (è il lavoro a rappresentare un’esperienza
non ordinaria).
Aprirsi all’altro significa accettare di dubitare di sé, l’alterità è un sentiero disseminato di pericoli.
Ancora troppo spesso nei gruppi di viaggiatori l’Altro è il nemico o non è niente, non è.
L’incontro attraverso il viaggio spesso induce allo scambio, alla condivisione, a volte persino alla
conoscenza. Il connubio delle culture e degli uomini è lì per darci più speranza che paura, più
soluzioni per il futuro che odio da perpetuare. L’ineguaglianza del mondo autorizza solo una parte
dell’umanità ad andare a visitarne un’altra, ma finché l’altro del viaggiatore continuerà a venire in
Europa solo per cercare lavoro, l’equilibrio necessario per una filosofia del viaggio più umana non
sarà che un’utopia.
Il viaggio prima di tutto deve essere un incontro se vuole restare un viaggio ma per il momento
sembra che siano pochi ad interessarsi di ciò per due motivi: è troppo complicato e troppo poco
remunerativo.
Riti e pratiche dei nomadismi
Nella sua opera sui riti di passaggio, di inizio ‘900, l’antropologo Van Gennep rileva che il viaggio è
innanzitutto una ricerca iniziatica, in quanto andarsene da casa propria rientra già nell’ordine del
sacro. Egli mostra che il viaggio è favorevole a ogni eccesso, cosa che lo accomuna alla guerra,
alla festa e al gioco.
Le fasi del viaggio corrispondono ai riti di passaggio:
- Separazione/rottura = partenza;
- Iniziazione/isolamento = periodo del soggiorno;
- Reintegrazione/aggregazione = ritorno.
La reintegrazione non è sempre facile: quando si rientra a casa, tornando alla normalità, si ritorna
innanzitutto alla moralità e il viaggiatore può avere momenti di vuoto.
Jafari, ispirandosi a Van Gennep suggerisce sei sequenze:
1. Prima della partenza, quando la cultura del turista è incorporata alla sua vita culturale
quotidiana;
2. Fase dell’emancipazione, quando vi è la partenza (sentimento di liberazione);
3. Periodo in cui il turista soggiorna ossia è in uno spazio-tempo non comune;
4. Sequenza del rimpatrio, cioè ritorno alla vita normale;
5. Fase dell’integrazione dell’esperienza turistica con la vita normale;
6. Tempo di sospensione della vita normale per l’assenza dal domicilio del turista.
Nei viaggi si assiste a uno scontro fra tre culture diverse, cioè quella del viaggiatore, quella del
visitato e quella della turistificazione delle due culture così gli altri scoprono di noi ciò che essi
vedono e non ciò che siamo. Selwyn distingue tre principali temi mitici:
- Rapporti centro-periferia inseribili nel quadro della dominazione ed emarginazione
- Le motivazioni di consumo
- La ricerca dell’autentico
Il sentimento di appartenenza al mondo è individuabile solo attraverso lo sguardo degli altri.
I riti del viaggio assomigliano a quelli della guerra (es. l’organizzazione minuziosa, la cadenza
delle visite e delle marce). Il turista è anche pellegrino (dal latino peregrinus): il viaggio visto come
rappresentazione del sacro suscita sia attrazione sia repulsione. Nel rinascimento viaggiare
rientrava sia nell’ambito religioso sia nell’ambito del lavoro (schiavitù, miniere, navigazione),
oppure il viaggio era “forzato” (deportazione ecc.)
Si assiste al fenomeno per cui il calo della pratica religiosa coincide col successo del turismo
religioso; mai come in questo momento stanno avendo successo i viaggi storico-religiosi. Anche
l’esoterismo adotta da tempo gli stessi criteri portando i propri adepti in viaggi costosissimi.
Comunque l’oriente rimane la destinazione principale, quando si vuole tornare alle origini; si parte
per partire alla riconquista di sé.
Questi viaggi sono una forma di vagabondaggio, una lettura sacra dello spazio e del tempo, di
ritualità e di rottura con il quotidiano. Il viaggiatore cerca così di minare la solitudine della
quotidianità tipica dell’occidente, in pratica egli vuol vivere altrove ciò che ritiene impensabile
realizzare in patria.
L’Autore ricorda tre esperienze: a Giava, le montagne sacre e il santuario buddista, in Bolivia la
processione della Madonna e in Vietnam le storie di spiriti. Il viaggio facilita l’elevazione spirituale
quanto la scalata della montagna. Il turismo possiede un vero potere di guarigione. Il viaggio a
piedi funziona meglio che mai: camminare obbliga a respirare e il tempo che rallenta incita a
riflettere e meditare. L’escursione è sacra nel senso che è epurata da ciò che la modernità ci
impone, ossia la velocità. Come abbiamo già accennato il turismo si lega all’universo del gioco e
della festa. Il viaggio permette di riprendere pratiche ludiche trascurate a causa del lavoro tanto
che Edgar Morin nel 1965 paragonò la vita della vacanza a un grande gioco. In Occidente la festa
si è desacralizzata e banalizzata negli ultimi decenni e Caillois è arrivato a distinguere due entità:
- Vacanze/turismo in cui prevalgono l’individualismo, il vuoto, la fuga, la laicità, il profano,
l’isolamento dal gruppo, l’avere;
- Festa/cerimonia sacra in cui prevalgono il senso di comunione, la pienezza, il
ricongiungimento, la religiosità, il sacro, il gruppo, l’essere.
In sostanza dove nasce il turismo sparisce la festa. Praticare lo spazio significa esserci, essere
altro e passare all’altro. Vi sono tre tipi di spazio ai quali corrispondono tre idee del nostro
immaginario:
- La città è associata al viaggio culturale;
- La campagna corrisponde al viaggio naturale;
- Il deserto/foresta rappresenta in viaggio d’avventura ma anche un turismo religioso o
comunque d’elevazione.
I luoghi sono prima di tutto luoghi di memoria e i due spazi della nostalgia per eccellenza sono il
mare e il deserto, ai quali si può aggiungere la foresta. L’altrove è un altro spazio e nello stesso
tempo è spazio dell’altro. Nel contesto di un viaggio, lo spazio è più emozionale che geografico.
Dal 1400 fino al 1800 l’America è stata l’archetipo dell’altrove ma oggi quest