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3.2 L’INTERAZIONE COME MEZZO E NON COME OGGETTO DI STUDIO
Il focus group non può essere utilizzato per studiare le interazioni per due motivi:
La discussione è troppo breve per far emergere tutte le possibili sfaccettature di una naturale
interazione in gruppo
La natura artificiale del gruppo può portare ad assumere atteggiamenti e comportamenti diversi da
quelli assunti in situazioni naturali.
L’analisi dell’interazione deve essere finalizzata ad riprodurre il modo in cui si formano le idee nel
gruppo e a porre l’attenzione sugli argomenti rilevanti tra quelli trattati.
Il controllo della fedeltà delle informazioni:
L’osservatore per controllare può svolgere una serie di azioni sia durante che dopo la discussione:
Può tracciare una mappa segnalando le postazioni tenute durante la discussione, per controllare
se questo può influenzare il modo in cui i partecipanti intervengono o interagiscono con gli altri.
Può ricorrere ad una matrice delle adiacenze; riportando la frequenza con la quale un partecipante
ha rivolto la parola ad un altro o ha reagito ad un suo intervento.
Si può creare un sociogramma: individui rappresentati con dei cerchi e sono siglati da un numero
identificativo, le relazioni vengono rappresentate con delle frecce (più o meno spesse a seconda
della frequenza con cui si interagisce).
Preparare una tabella prima della discussione che individui i possibili rischi comunicativi e cognitivi
che si possono riscontrare (es. Tizio caio è disgustato, annoiato, confuso ecc.)
Ponderare le tematiche trattate
Bisogna tener conto della diversità con la quale vengono trattati i temi; vi sono temi affrontati con
superficialità (magari da pochi individui rispetto a quelli partecipanti) e temi trattati in ogni sfaccettatura.
Per poter attribuire il giusto peso ai diversi temi, l’osservatore può rilevare tramite una tabella:
1. Il grado di estensione di un tema
2. La frequenza con cui viene trattato un tema
3. Chi propone e come viene proposto un tema
3.3 LA COMUNICAZIONE NON VERBALE
I comportamenti non verbali (pause, cambi di umore, entusiasmo, distrazione ecc.) sono informazioni che
possono essere raccolte solo durante la discussione dall’osservatore.
Essi presentano 4 componenti:
1. Prossemica: riferita all’uso dello spazio interpersonale per comunicare; segnala il grado di attenzione,
di interesse e di imbarazzo.
2. Cronemica: riferita alle pause più o meno lunghe; segnala imbarazzi o momenti di riflessione.
3. Cinesica: riferita ai movimenti del viso o del corpo; segnala le emozioni come imbarazzo o rabbia
tramite rispettivamente il rossore o l’agitarsi sulla sedia.
4. Paralinguistica: riferita al tono della voce e all’enfasi di un’affermazione; può indicare un maggiore
coinvolgimento o un momento di imbarazzo o di disinteresse.
Nb. L’osservatore per prendere nota dei comportamenti non verbali può avvalersi di una tabella come
nei casi precedenti.
Capitolo 4: IL GRUPPO COME FONTE DI INFORMAZIONE
4.1 UNA COLLETTIVITÀ COSTRUITA AD HOC
Il gruppo solitamente non è naturale, ma costituito a seconda degli obiettivi da raggiungere. Viene usato
come fonte di informazioni su un determinato tema di interesse.
Nb. Si ricorre a gruppi naturali quando si vogliono studiare le dinamiche e le interazioni all’interno del
gruppo stesso.
Una collettività per essere considerata tale deve avere determinate caratteristiche:
Secondo alcuni autori tra cui Bales, si può parale di gruppo quando tra i partecipanti vi è un livello
minimo di interazione
Secondo alcuni autori tra cui H. Gerard, si può parlare di gruppo quando i partecipanti stanno
assieme per realizzare un obiettivo comune.
Secondo altri, si parla di gruppo quando si ha l’auto-categorizzazione e il riconoscimento esterno;
dunque quando più individui si percepiscono come gruppo o quando più soggetti vengono
riconosciuti come tale da persone esterne.
Il gruppo di un focus Group non è un gruppo di appartenenza ma una collettività. Merton in particolare
vede la collettività come “una struttura sociale composta da individui che condividendo valori comuni
hanno acquistato un senso di solidarietà e un senso di costante obbligazione morale a soddisfare
aspettative di ruolo”
Per facilitare il processo di riconoscimento esterno del focus group, si devono scegliere dunque persone
con esperienze di vita simili. Per soddisfare ciò, devono esser seguite due indicazioni:
1. Gli invitati devono essere esperti del tema oggetto di studio, per avere una maggiore familiarità e
coinvolgimento.
2. Vi deve essere un giusto livello di omogeneità ed eterogeneità nel gruppo; questo permette di
avere un ambiente confortevole, elevata collaborazione dovuta ad una spontaneità maggiore. In
particolare:
Il livello culturale e socioeconomico, la posizione sociale e la nazionalità devono esser simili
per evitare situazioni di imbarazzo.
Alle volte anche il genere, l’età differenti possono creare spiacevoli situazioni.
4.2 L’AMPIEZZA DI CIASCUN GRUPPO
Non è previsto un numero preciso di partecipanti, essi possono variare, specialmente perché non
tutti gli invitati poi si presentano. Vi è chi pensa che per una buona qualità di risultati si debba avere
un numero di partecipanti compresi tra 6 e 10, altri dicono tra 4 e 12.
4.3 LA SCELTA DEI PARTECIPANTI
Bisogna comprendere se vi è la possibilità di considerare la totalità delle persone ritenute rilevanti
oppure se si deve ricorrere ad un campionamento. Il campionamento più utilizzato è quello a strati
perché permette di mantenere un controllo sulle caratteristiche che i partecipanti devono avere. Tutto
ciò non è ben visto da chi ritiene che non si debba avere una procedura probabilistica, la più diffusa
procedura non probabilistica è quella per quote.
4.4 IL NUMERO DEGLI INCONTRI
Gli incontri non hanno un numero prestabilito, ma si tende a dare un idea orientativa di quanti
potrebbero essere gli incontri in base agli obiettivi da raggiungere (sono preferibili numerosi incontri
per ricerche con scopi esplorativi e ridotti per ricerche con scopi di approfondimento).
Vi sono anche autori che non concepiscono un numero di incontri prestabilito, ma si debba usare il
metodo della saturazione; ovvero fare incontri fino ad esaurimento informazioni.
4.5 AVVICINARE I PARTECIPANTI
Per reclutare i partecipanti si usano:
Liste esistenti: sono liste da cui si ha un’estrazione casuale delle persone da includere nella ricerca.
Il random telephone screening: processo attraverso il quale si contattano le persone
telefonicamente, partendo da una lista e chiedendo loro se hanno i requisiti corretti per
partecipare e se sono disposti a farlo.
Reti di contatto: ci si può basare sulle reti di conoscenza dei possibili partecipanti.
Nb. Rischio: persone con più relazioni vengano scelte nella maggior parte dei casi.
L’intercettamento: ci si può dirigere nei luoghi frequentati dai possibili partecipanti per ottenere
persone interessante all’argomento oggetto di studio.
Capitolo 5: GLI STRUMENTI DEL FOCUS GROUP
5.1 LA TRACCIA
È lo strumento principale del fg, grazie ad essa il moderatore sostiene e rilancia la discussione.
Deve esser organizzata tenendo conto, oltre delle domande che devono essere formulate in modo da esser
rivolte alla collettività e non hai singoli, di 3 criteri:
1. Livello di strutturazione: indica il grado di dettaglio e il livello di approfondimento con cui la traccia
prevede di trattare i vari argomenti. Questa proprietà varia in un continuum.
Solitamente:
Le tracce con un basso livello di strutturazione si hanno quando si vuole puntare l’attenzione sulle
prospettive della popolazione e non come essa reagisce agli schemi del ricercatore.
Le tracce con un medio livello di strutturazione si hanno quando il tema da trattare è articolato in
vari aspetti, a partire dai quali il moderatore genera delle domande all’istante.
Le tracce con un alto livello di strutturazione si hanno quando si vogliono raccogliere informazioni
dettagliate. Essa presenta domande prestabilite dal gruppo di ricerca che potranno essere
modificate. Solitamente queste tracce sono utilizzate per approfondire conoscenze pregresse.
2. Livello di complessità: la traccia deve essere costruita secondo un criterio di complessità crescente
degli argomenti proposti. Si parte da domande semplici e generiche, che non richiedono particolare
attenzione, per poi arrivare a domande più complesse che centrano l’argomento oggetto di studio.
In base anche all’attenzione da porre, le domande possono essere classificate in:
OPENING QUESTIONS: sono domande semplici e generiche, che mettono il partecipante a
proprio agio, rompendo il ghiaccio.
INTRODUCTORY QUESTIONS: hanno lo scopo di presentare l’argomento di studio, sono
domande generiche che favoriscono la conversazione.
TRANSITION QUESTIONS: domande che introducono l’argomento principale.
KEY QUESTIONS: sono le domande sostanziali che permettono di individuare le informazioni
necessarie per rispondere agli obiettivi prestabiliti. Sono previste dalle due alle cinque
domande.
ENDING QUESTIONS: finalizzate a terminare la discussione. Kruger individua tre modi in cui è
possibile chiudere:
A) si sollecitano gli invitati a riflettere su ciò che è emerso identificando la posizione definitiva
del gruppo
B) il moderatore riassume ciò che è emerso chiedendo ai partecipanti una loro opinione
C) si chiede conferma agli invitati se sono stati toccati tutti i punti del temqa o se vi sono
sfaccettature non analizzate.
3. Livello di salienza: secondo il principio di salienza in una traccia vanno inseriti solo gli aspetti
veramente rilevanti del fenomeno indagato, altrimenti risulterà poco efficace e richiederà maggiori
energie.
5.2 LE STRATEGIE DI CONDUZIONE
Per sostenere il dibattito, il moderatore può usare diverse strategie.
Si possono classificare in:
REATTIVE: osservatore propone intenzionalmente degli stimoli ed offrono un informazione
rilevante all’argomento di studio. Si dividono a loro volta in dirette e indirette. Le dirette vengono
espresse con domande caratterizzate da un linguaggio semplice e comprensibile dall’intervistato.
NON REATTIVE: non producono stimoli o quanto meno non nella medesima quantità delle reattive.
Presentano diverse funzioni:
1. Stimolare la discussione: sono dette strategie di probing (o esercizi di focalizzazione), finalizzate a
far porre l’attenzione dei partecipanti sul tema centrale e ad approfondire gli argomenti affr