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CAP 7- INFLUENZE COMPORTAMENTALI SUGLI ATTEGGIAMENTI

PERCHE’ L’HO FATTO?

ESPLORAZIONE COMPORTAMENTALE

Vi sono diversi modi in cui le persone apprendono dalle esperienze comportamentali dirette con

oggetti di atteggiamento; Regan e Fazio (1977) in un esperimento chiesero ai partecipanti di

svolgere un’attività con dei puzzle.

Un primo gruppo era in una condizione sperimentale per cui doveva spendere 20 minuti

giocando con i puzzle e familiarizzando con essi; l’altro gruppo era invece in una condizione per

cui doveva leggere un foglio contenente le informazioni sui puzzle.

In seguito tutti i partecipanti dovettero indicare il proprio atteggiamento verso i puzzle ed

eseguire un compito, dopo che lo sperimentatore lasciava il laboratorio: i risultati mostrano

che i partecipanti che avevano formato gli atteggiamenti tramite esperienza diretta con gli

oggetti (1° condizione sperimentale) hanno riportato atteggiamenti che erano migliori

predittori del reale ammontare di tempo speso giocando con i puzzle.

GIOCHI DI RUOLO

Alcuni dei primi esperimenti sugli effetti del comportamento sugli atteggiamenti, hanno

esaminato l’impatto dei giochi di ruolo; ad esempio in un esperimento fu chiesto ai partecipanti

di interpretare il ruolo di una persona a cui era stato diagnosticato un cancro terminale ai

polmoni: emerse che i fumatori che avevano casualmente interpretato quel ruolo, riportarono

in seguito maggiori atteggiamenti negativi verso il fumo.

Altri studi hanno rilevato che le persone assegnate casualmente ad una discussione in favore di

un dato argomento, in seguito diventano più favorevoli verso la posizione che avevano

supportato nel gioco di ruolo; Janis e King (1954) hanno suggerito che ciò si verifica in quanto

i giocatori di ruolo cercano nella memoria le conoscenze pregresse che supportano il loro ruolo.

Tale ricerca porta a esplorare argomenti che supportano la posizione che si sta sostenendo,

ignorando gli argomenti che la contraddicono.

AUTO-PERCEZIONE

Il processo di condizionamento operante ha ispirato una teoria del cambiamento di

atteggiamento che enfatizzata il fatto che le persone possono dedurre gli atteggiamenti dal

loro stesso comportamento.

Secondo Bem, autore della Teoria dell’Auto-Percezione, vi sono condizioni in cui un nostro

atteggiamento è debole e non sappiamo cosa sia: in questi casi siamo nella stessa posizione di

qualsiasi altro osservatore esterno.

Secondo l’autore, occorre affidarsi alle azioni per cercare di scoprire l’atteggiamento, proprio

come farebbe un osservatore.

L’EFFETTO DI BASE: I CARTONI SONO DIVERTENTI PERCHE’ RIDIAMO?

La Teoria dell’Auto-Percezione fornisce una prospettiva sul come gli atteggiamenti possono

essere modellati; Bem (1965) istruì i partecipanti a mentire sul grado di divertimento con

diversi cartoni:

- mentivano, se compariva una luce verde; - dicevano la verità, se compariva una luce ambra.

In seguito i partecipanti erano istruiti ad affermare “questo cartone è divertente/non è molto

divertente” per un’altra serie di cartoni, ma stavolta le luci erano continuamente accese, a

causa di un presunto malfunzionamento.

Infine veniva chiesto ai partecipanti di valutare il loro vero atteggiamento verso i cartoni;

l’ipotesi era che essi avrebbero dovuto imparare a fidarsi delle loro affermazioni quando era

accesa la “luce della verità”: come atteso gli atteggiamenti erano influenzati dall’esposizione ad

una o l’altra luce.

In coerenza con la Teoria dell’Auto-Percezione, i partecipanti deducevano il loro divertimento

dal loro atteggiamento e dal contesto in cui avveniva.

La Teoria afferma che questo tipo di deduzione avviene quando si stanno formando

atteggiamenti deboli o ambigui, pertanto in caso di atteggiamenti forti non dovrebbero essere

influenzati dalla semplice percezione del nostro comportamento; questa ipotesi è stata

supportata da alcuni esperimenti.

Altre ricerche hanno mostrato alcuni modi unici in cui possono avvenire gli effetti dell’auto-

percezione; Albarracin e Wyer (2000) hanno testato se la mera credenza di aver eseguito un

comportamento è sufficiente a modellare l’atteggiamento.

Portarono i partecipanti a credere che in comportamenti passati, senza esserne consapevoli,

avevano espresso il loro supporto verso una particolare posizione (essi non avevano realmente

avuto tale comportamento); come atteso, i partecipanti riportarono atteggiamenti coerenti con

il presunto comportamento passato: le credenze sul comportamento passato avevano quindi

un effetto diretto sull’atteggiamento e sul conseguente comportamento.

Gli effetti dell’auto-percezione possono avvenire anche quando vediamo altri eseguire un

comportamento (auto-percezione vicaria); Goldstein e Cialdini (2007) hanno rilevato che

questa dipendeva da 2 condizioni:

- i partecipanti avevano un senso di identità unita con il target che eseguiva il comportamento;

- le azioni del target sembravano scelte liberamente.

DIMOSTRAZIONI PRATICHE: TRUCCHI DI VENDITA E TRASFORMAZIONE DEL GIOCO IN

LAVORO

La Teoria dell’Auto-Percezione ha guidato esperimenti su argomenti diversi, ad esempio può

aiutare a spiegare la tecnica del piede nella porta; questo nome (e le sue origini) riflette l’idea

che un atto lieve di condiscendenza (lasciare aperta la porta) aumenti la possibilità di aderire

ad una richiesta maggiore (comprare il prodotto).

La Teoria dell’Auto-Percezione ha anche spinto insegnati e genitori a rivedere l’uso delle

ricompense nell’insegnamento ai bambini; vi sono prove che la ricompensa a bambini per

l’esecuzione di compiti che apprezzano, renda quel comportamento meno apprezzato di per sé:

tale perdita di forza del rafforzamento intrinseco del comportamento, è chiamata effetto di

giustificazione.

DISSONANZA COGNITIVA

L’IDEA DI BASE: QUANDO LE COGNIZIONI VADDO IN GUERRA

La Teoria della dissonanza cognitiva di Festinger, suggerisce che le persone sentono una

dissonanza nell’avere una serie di credenze che non sembrano adattarsi fra loro; tali credenze

discrepanti possono sussistere quando, ad esempio, l’individuo agisce contro i propri

atteggiamenti senza ragioni sufficienti, generando così uno sconforto che cerca di ridurre

cambiando l’atteggiamento verso il comportamento.

GIUSTIFICAZIONE DELLO SFORZO: “PARLIAMO DEL SESSO, BAMBOLA… PARLIAMO DI TE E

ME…”

A volte gruppi prevedono dei riti di iniziazione con cui accogliere i nuovi membri; tali riti

colgono i nuovi membri in un momento di insicurezza e di maggiore desiderio di piacere agli

altri, pertanto chiedono loro di eseguire atti imbarazzanti.

Alcuni psicologi sociali hanno cercato di capire il perché di queste prove e sono arrivati ad

affermare che l’esecuzione di certi comportamenti da parte dei nuovi membri, aiuta ad

aumentare la loro simpatia per il gruppo e incentiva la coesione ed il successo di lunga durata

del gruppo.

Aronson e Mills (1959) hanno ideato un famoso esperimento, in cui alcune donne furono

reclutate per una discussione di gruppo sul sesso; alle partecipanti veniva detto che avrebbero

dovuto fare un test di screening preliminare (una sorta di prova di iniziazione), per provare la

loro abilità al prendere parte ad una discussione.

Erano previste due modalità del test, caratterizzate da diverse difficoltà emotive:

- condizione di iniziazione grave, il test prevedeva la lettura ad alta voce di descrizioni di

attività sessuale piene di parole oscene ed inusuali;

- condizione di iniziazione mite, le donne leggevano una lista di parole sessuali “educate”.

In seguite a tutte le partecipanti fu detto che il loro test era durato troppo e pertanto non

avrebbero potuto partecipare alla discussione, ma solamente ascoltarla per cuffia; la

discussione ascoltata consisteva in un noioso discorso sulle caratteristiche del sesso animale:

l’iniziazione delle partecipanti era avvenuta per un risultato indegno e noioso.

L’ipotesi era che le partecipanti della 1° condizione restassero con cognizioni del tipo “ho

sopportato molto imbarazzo per ascoltare questo”; come riconciliare questa dissonanza

cognitiva?

I risultati mostrarono che per fare ciò, l’opzione più immediata era di convincersi che il gruppo

di discussione ascoltato non era poi così male; questi risultati sono stati etichettati come

effetto della giustificazione dello sforzo.

Il potenziale valore pratico della giustificazione dello sforzo è considerevole e vi sono prove che

sussista anche tra gli animali; persone ed animali non sono a loro agio al pensiero di aver

impiegato molto sforzo per niente.

DIFFUSIONE POST-DECISIONALE: TI PIACEREBBE IL TOSTAPANE O LA TEIERA?

Un secondo tipo di effetto si verifica quando le persone si trovano a dover scegliere tra due

opzioni gradite o sgradite allo stesso modo; Brehm (1956) in un esperimento chiese ai

partecipanti di classificare le loro preferenze verso una serie di oggetti casalinghi, ed in seguito

disse loro che potevano scegliere uno dei due oggetti maggiormente preferiti per portarlo a

casa.

L’autore rilevò che i partecipanti, in seguito, aumentavano la preferenza verso l’oggetto scelto

a scapito di quello scartato: tale differenza è chiamata effetto di diffusione delle alternative di

scelta ed è considerata una prova della dissonanza post-decisionale.

La ricerca ha considerato diversi fattori e situazioni che possono influenzare l’effetto di

diffusione; uno dei fattori più interessanti è se gli individui in questione hanno l’opzione di

cambiare la loro idea una volta espressa la preferenza.

Nello studio di Brehm i partecipanti non potevano cambiare idea, così Gilbert e Ebert (2002)

hanno replicato l’esperimento inserendo questa possibilità; i risultati mostrano che

-soggetti cui era impedito di cambiare scelta (condizione irreversibile), mostravano i tipici

segni dell’effetto di diffusione, preferendo l’oggetto scelto e sminuendo quello scartato;

- soggetti cui era permesso di capovolgere la propria decisione (condizione reversibile) hanno

valutato l’oggetto scelto più negativamente rispetto a quello scartato.

Gli autori hanno spiegato ciò, ipotizzando che la possibilità di cambiare idea fa si che le

persone si focalizzino sui difetti dell’oggetto scelto.

SUPPORTO CONTRO-ATTITUDINALE: EFFETTI DEL DIRE QUELLO CHE NON CREDIAMO

Festinger e Carlsmith (1959) hanno mostrato che gli effetti del supporto contro-attitudinale

dipendono dall’incentivo offerto; svilupparono un esperimento che prevedeva 3 fasi.

Nella 1° fase, erano previste delle “misure di prestazioni” in cui ai partecipanti era chiesto di

svolgere compiti manuali noiosi e ripetitivi per un tempo prolunga

Dettagli
Publisher
A.A. 2018-2019
44 pagine
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-PSI/01 Psicologia generale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Aleunifi di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Psicologia degli atteggiamenti e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Firenze o del prof Stefanile Cristina.