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MAGISTRALE
1 Una premessa di senso
In questo capitolo e nel successivo viene delineata una particolare concezione di colloquio:
Colloquio inteso quale dispositivo generale di analisi e di sviluppo della capacità del cliente
(individuo, gruppo o organizzazione) di regolare i propri scopi e le proprie azioni in relazione al
contesto e ai sistemi di pratiche in cui è immerso.
Con questa concezione vogliamo enucleare ed evidenziare, si da subito, almeno due elementi
principali:
a. il colloquio viene inteso come un sistema di indagine e conoscenza in quanto è volto
all’individuazione e all’elaborazione dei codici di significato con i quali i soggetti regolano il
proprio rapporto con l’ambiente;
b. il colloquio è anche concepito come un congegno psicologico che si rivolge – ed è strettamente
connesso – all’intervento sulle competenze del cliente – vale a dire che con esso si mira alla
verifica, allo sviluppo e al potenziamento dei codici proposti dal cliente stesso.
Un’ulteriore elemento che arricchisce la nostra tesi è la concezione del colloquio quale dispositivo
con duplice funzione:
a. da un lato il colloquio funge da meta-regolatore delle simbolizzazioni e delle azioni compiute
dal consultante. Il colloquio, in questo senso, funge da organizzatore dei processi psichici su
cui si interviene nella pratica clinica in quanto opera da cornice contestuale che orienta l’uso
delle strategie e l’applicazione degli strumenti di intervento professionale;
b. dall’altro lato, il colloquio si presta a essere trattato nei termini dei contenuti che si sviluppano
dentro lo scambio clinico: nello spazio del colloquio si producono, interattivamente e
intersoggettivamente, delle simbolizzazioni che vengono utilizzate per ordire la trama
narrativa in cui si sviluppa il lavoro psicologico.
Al concetto di colloqui si lega una complessa famiglia di modelli, tecniche e strumenti, spesso dai
contorni piuttosto sfumati, entro cui trovano posto teorie e prassi fra loro anche molto diversificate.
2 La psicologia come “scienza moderna”: individualismo, oggettività,
universalità e acontestualità
L’epistemologia tradizionale, fondata sui presupposti del pensiero classico e moderno avanzati da
autorevoli filosofi fra i quali Aristotele, Cartesio e Kant, ha a lungo orientato lo sviluppo dei concetti
e delle nozioni di tutte le diverse forme scientifiche e ne ha fornito i principali criteri necessari al loro
studio e a guidarne i metodi di ricerca. Secondo questa visione, i dati fenomenici potevano essere
studiati nelle loro caratteristiche intrinseche, indipendentemente dal soggetto conoscente, in un
processo conoscitivo per così dire estraneo all’implicazione dello scienziato nello studio dei
fenomeni. La validazione delle scoperte veniva, poi, assunta a criterio di spiegazione e di verità (o,
al limite, di falsificazione; cfr. Popper, 1972), per cui tutto quanto non fosse sottoponibile a
validazione o non fosse sperimentabile non veniva considerato scientifico.
Seguendo il suggerimento di Gergen (1994), possiamo dire che tutta la scienza moderna si sia fondata
sui tre assunti di fondo:
1. la credenza nell’esistenza di leggi generali, o principi, che governano le relazioni fra i
fenomeni osservabili;
2. la credenza nell’esistenza di leggi generali o principi concernenti la conoscenza scientifica
che siano coerenti con i riscontri empirici; 1
CAPITOLO 1 PSICOLOGIA CLINICA • A.A. 2016/2017
3. l’operare attraverso la continua verifica empirica delle proposizioni teoriche e delle deduzioni
da esse derivanti.
Anche la psicologia scientifica in quanto disciplina espressione di una prospettiva “moderna”, è nata
e si è sviluppata secondo le peculiarità che costituiscono l’ossatura dell’epistemologia delle scienze
naturali (cosiddette “dure). 1
La psicologia si declina quale scienza dell’individuo, si fonda su una concezione realista ed
2 3
essenzialista del soggetto e assume una prospettiva fondazionista della conoscenza su di esso
(Salvatore, 2003).
Un approccio psicologico “moderno” alla conoscenza è definibile secondo alcuni assunti principali:
• i fenomeni osservati dalla psicologia sono fenomeni “reali”, oggettivi e unitari: la realtà si
fonda sulle categorie di senso comune;
• i processi psichici e il comportamento degli attori vengono sostanzialmente riferiti alla
dimensione soggettiva e intraindividuale;
• i fenomeni psichici vengono interpretati come rispondenti a un’intrinseca “razionalità” che,
in quanto tale, si riflette in forme ordinate e regolari, dunque anche astoriche e invarianti
perché sempre uguali e universali, che possono essere scoperte e individuate.
2.1 La prospettiva ontologica in psicologia
Nella visione comune la realtà è concepita in termini oggettivi. Fondandosi su una visione ontologica
del mondo, la realtà esiste – in quanto ogni individuo ne viene “naturalmente” a conoscenza – ed è
unica e universale – in quanto si presta a essere intesa in modalità univoche e oggettive. Secondo tale
concezione, la conoscenza del mondo si presenta alle persone come “dato di fatto”: in quanto tale, il
mondo esterno si “riflette” nelle categorie che le persone utilizzano e la conoscenza consiste
nell’attuarsi di una rappresentazione in tutto e per tutto corrispondente alla realtà così quale essa è
realmente.
Vari autori hanno sottolineato come nel contesto della psicologia, quale sistema di conoscenza e di
intervento, sia spesso presente un approccio di senso comune agli oggetti dell’esperienza sociale dei
contesti: secondo questi autori la psicologia spesso tende ad attribuire alla realtà fenomenica uno
statuto ontologico proprio, ovvero a trattare gli stati della realtà in termini, per così dire,
“naturalistici”, a tradurli in maniera reificata nelle proprie categorie concettuali mediante un
riferimento al senso comune e assumendo le categorie dei mondi vitali come base, contenuto e
parametro del proprio esercizio.
2.2 La prospettiva individualista: universalità e astoricità dei processi psichici
La visione moderna delle scienze ha per lungo tempo organizzato anche le posizioni teoriche e di
ricerca condivise entro l’ambito di studio della psicologia, senza che alcuna visione alternativa fosse
possibile. Uno dei frutti di tale visione è quella concezione che va sotto il nome di “prospettiva
individualista”. In rapporto a tale matrice teorica, lo studio e la connotazione dei processi psichici
1 Realista: le nostre percezioni sono la traduzione diretta della realtà esterna e non vi sarebbe alcun intervento
fondamentale delle nostre percezioni sulla costruzione della stessa.
2 Essenzialista: il mondo sociale, così come le caratteristiche delle persone, sarebbero il frutto di certe particolari
“essenze” o “attributi” (situati dentro alle cose o alle persone), che di per sé farebbero diventare le cose nel modo in cui
esse sono.
3 Fondazionista: si ritiene che vi siano dei concetti e/o delle credenze di base fondative di tutta la conoscenza umana, vale
a dire delle conoscenze che non hanno alcun bisogno di essere esplorate o spiegate in quanto vanno considerate auto-
evidenti e auto-giustificatorie. Per esempio l’idea illuminista della conoscenza umana è fondazionista in quanto essa
riteneva la conoscenza umana definita e definitiva.
2
A.A. 2016/2017 • PSICOLOGIA CLINICA CAPITOLO 1
venivano classicamente riferiti alla sola dimensione intraindividuale, quali invarianti cognitive,
comportamentali o inconsce o quali dimensioni patologiche o di normalità.
Quali che siano state le forme prese dalla prospettiva individualista in seno al panorama della
psicologia, quanto viene operato in tale orizzonte è una separazione dell’individuo dalla dimensione
relazionale e dunque dal rapporto con il contesto in cui esso è inscritto. Tale prospettiva presenta una
visione profondamente impoverita del sistema sociale: il contesto, infatti, viene relegato a mero
sfondo delle attività e della vita umana, viene inteso entro una visione astorica e in definitiva ingenua
e interpretato come “luogo” in cui hanno corso i processi psichici (individuali) o, al limite, come fonte
di disturbo degli stessi processi. In altre parole, la prospettiva individualista, trattando i fenomeni
psicologici come il risultato/prodotto di dimensioni e variabili individuali, produce una frattura
insanabile fra il soggetto e l’ambiente entro il quale è inscritto e in cui vive, ma anche fra i suoi scopi
e i suoi desideri e le attività del qual partecipa o al cui sviluppo contribuisce.
3 Il progetto di una psicologia post-moderna
Già sul finire degli anni Settanta del secolo scorso, il filosofo canadese François Lyotard (1979) pose
le basi per riflettere sulla sempre maggiore impossibilità di riferirci, nella società contemporanea, a
delle forme categoriali e di pensiero che si prestino a qualificarsi come dei sistemi di riferimento
“globali e assoluti”, dunque a essere concepite come modi der dare senso di completezza ed
esaustività alla realtà del mondo.
Sul piano della scienza, le riflessioni sulla condizione post-moderna offerte da Lyotard hanno portato
a mettere in crisi l’idea che possa realmente esistere un unico e incontrovertibile concetto di scienza
che valga per tutti i tempi e i luoghi e che pertanto sia assoluto.
La psicologia non è estranea al dibattito sulla condizione post moderna.
Nel corso del Novecento, mentre una tradizione “forte”, cosiddetta moderna, si andava costituendo
quale filone di ricerca prevalente, organizzandosi sul modello delle scienze naturali e sullo studio dei
fenomeni psichici e del comportamento quali oggetti di studio considerati in sé, un’altra tradizione,
definita “debole” (o anche post-moderna) si andava interessando allo “studio della mente come
strumento di interazione personale all’interno di un contesto sempre storicamente marcato (la mente
‘qui e ora’)”. Questo secondo approccio è definito storico-culturale.
In base all’approccio storico-culturale, la prospettiva post-moderna si è andata sempre più riferendo
ad alcuni elementi di fondo che intendono mettere in crisi gli assunti del pensiero scientifico moderno.
Secondo alcuni autori le differenze della concezione moderna da quella post-moderna starebbero
nella messa in evidenza di come, secondo quest’ultima, non vi sarebbe la possibilità di accesso diretto
alla realtà, ma anche come i fenomeni sociali e cognitivi siano definibili solo attraverso la loro
frammentarietà/località e