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13 GLI PSICOFARMACI NEL TERRITORIO

Il lavoro territoriale pone anche nell'ambito dell'impiego degli psicofarmaci alcuni problemi specifici diversi da

quelli tradizionali. A volte lo psichiatra si trova a pensare alle possibili terapie addirittura prima di aver

conosciuto il paziente. Di fronte a un paziente non conosciuto o che suscita particolari difficoltà pensare subito

al farmaco che gli può essere dato (praescritio praecox) può essere una maniera di sfuggire il contatto con la

sofferenza e le proprie insicurezze e terapeutiche. La praescritio praecox rimanda al paradigma secondo il

quale un sintomo è solo diretta espressione di un'alterazione biologica.

In questa situazione caratterizzata dall'incertezza e dal cambiamento di può essere la tendenza diagnosticare

preferibilmente quei quadri nosografici per i quali presumiamo di avere una risposta farmacoterapeutica. Si

possono individuare 2 diversi orientamenti di fronte a questa tendenza: una costituita dalla estremizzazione

di questo atteggiamento di omologazione della diagnosi alle possibilità psicofarmacologici e, un'altra tesa a

individuare specifici vissuti a cui far corrispondere uno specifico farmaco (dissezione psicopatologico-

funzionale).

I dati che è possibile ricavare dalla letteratura su questo argomento sono molto controversi e in seguito a

questa insicurezza vi è il rischio che la nozione dell'interruzione del trattamento resti solo teorica. Infatti non è

infrequente l'esperienza che la sospensione del trattamento sia seguita da una ricaduta, inoltre la

somministrazione continuativa del farmaco comporta un effetto di rassicurazione per tutti. La situazione

cambia a seconda di quali farmaci e quali situazioni psicopatologiche si prendono in considerazione. Nel caso

della prescrizione dei sali di litio e della carbamazepina è già insito nella prima somministrazione un

modello di terapia che tende ad accompagnare il paziente per molti anni se non per tutta la vita. Quando

invece si prendono in considerazione gli antidepressivi si può fare riferimento a un modello che appare

vicino a quello della somministrazione degli antibiotici, anche se la prescrizione può prolungarsi per un lungo

periodo comunque presenterà un termine. Una situazione particolare riguarda il problema della sospensione

dei neurolettici in schizofrenia. Di solito l'uso dei neurolettici comprende una fase iniziale di dosaggi

terapeutici che nel tempo tendono a ridursi a valori minimi che spesso finiscono per essere di mantenimento. Il

problema specifico è quindi quello della utilizzazione a lungo termine delle basse dosi.

L'uso dei farmaci depot

Nella letteratura sui farmaci depot esistono dei luoghi comuni che potremmo chiamare topoi. Uno dei topos

riguarda la concezione del depot come farmaco sicuro, quasi miracoloso nel controllo dell'evoluzione di un

disturbo schizofrenico.

Un altro topos è quello che demonizza il farmaco, considerando che solo per il fatto di essere usato nega il

paziente e un eventuale relazione terapeutica.

L'uso del depot rimanda al problema del paziente con bassa compliance che sulla base di una scarsa

coscienza di malattia ha difficoltà ad accettare tutti i giorni i farmaci.

Al tempo stesso l'uso dei farmaci long acting pone il problema della finalità dell'uso di un tipo di terapia

psicofarmacologica che non è affidata al paziente ma viene gestita direttamente dal servizio psichiatrico. A

questo proposito si possono distinguere 2 situazioni: un uso facilitante del depot e un uso cronico del depot.

Per quanto riguarda l'uso facilitante si intende sottolineare l'importanza che può assumere in situazioni sia di

acuzie psicopatologica sia di primo incontro con gravi situazioni psicotiche.

Per quanto riguarda l'uso cronico esso riduce il contatto con il paziente e tende ad innescare una procedura

stereotipata della quale la somministrazione del farmaco viene effettuata quasi meccanicamente in una sorta

di rituale mensile che porta a esorcizzare l'incontro con il paziente. Spesso si può assistere a una specie di

periferizzazione della somministrazione per cui la gestione del farmaco viene delegata dal medico

all'infermiere e talvolta addirittura ai familiari. Si può arrivare ad un avere propria marginalizzazione del

paziente che rischia di cadere in una sorta di dimenticatoio in cui si perde. L'ultima possibilità è quella che si

verifica nel caso in cui il paziente venga realmente scordato da chi gli somministra la terapia con

conseguente interruzione e possibile insorgenza di una nuova fase di acuzie. Un'altra possibile distorsione

legata all'uso dei neurolettici retard può essere la sensazione di effetto magico del depot di poter controllare

la sintomatologia senza un'effettiva somministrazione del farmaco.

La cosiddetta Sindrome di Notorius

Per Sindrome di Notorius si intende l'insieme degli effetti psicologici e comportamentali, personali e relazionali

che si producono per effetto della somministrazione di psicofarmaci sedativi all'insaputa del paziente che li

rifiuta. Petrella distingue diverse forme della Sindrome di Notorius: una prima possibilità è che il paziente non

sia realmente a conoscenza della somministrazione, una seconda possibilità è la situazione in cui il paziente

finge di non sapere ma è in qualche modo consapevole della somministrazione, la terza forma riguarda una

sorta di consapevolezza inconscia. Un uso degli psicofarmaci all'insaputa del paziente non è una pratica del

tutto in frequente nella psichiatria nel territorio e trova le sue origini in situazioni di grave psicosi caratterizzati

da assenza di compliance, difficoltà sia di contenimento del paziente sia del suo ricovero ospedaliero.

Cercheremo di elencare una serie di fattori più o meno critici rispetto a questo tipo di somministrazione. Il

primo elemento che si oppone decisamente alla somministrazione nascosta dei farmaci risiede nell'assenza di

relazione medico-paziente, il terapeuta attua nei confronti della famiglia una inevitabile delega conoscitiva. In

questo caso si assiste alla possibile perdita del controllo da parte del medico sulla somministrazione del

farmaco che viene praticamente auto gestito dalla famiglia. Un altro elemento negativo risiede nella possibilità

di incrementare spunti e tematiche persecutorie nei confronti sia dei familiari sia della funzione medica.

I familiari e i farmaci

Un altro problema che spesso si pone nell'uso dei farmaci nel territorio riguarda il difficile rapporto tra

terapeuta, famiglia e farmaco prescritto al paziente. Spesso ci si trova di fronte a situazioni antinomiche che

vanno da un rifiuto e una demonizzazione ad una mitizzazione. Una delle situazioni più comuni Nell'ambito

della demonizzazione è quella per cui al farmaco viene imputata la causa della malattia per cui alla fine questa

rischia di identificarsi con il farmaco: eliminando il farmaco si eliminerebbe il disturbo. La posizione

diametralmente opposta delle famiglie porta alla mitizzazione del farmaco che conduce ad una sorta di

elusione del problema.

Gli effetti collaterali

Quando si parla di effetti collaterali si dà per implicita la marginalità rispetto ad un oggetto dato come centrale,

ma tale posizione è relativa al punto di vista dell'osservatore per cui ciò che al medico può apparire come

effetto collaterale può essere invece sentito dal paziente come elemento centrale. Non è raro osservare in

alcuni pazienti, nel corso di una terapia con antidepressivi triciclici, che l'effetto collaterale secchezza delle

fauci viene sentito come assolutamente centrale tanto da motivare l'interruzione della terapia

14 NEUROPSICHIATRIA INFANTILE E PSICHIATRIA: UN CONFINE CONTROVERSO

Ripercorrendo la storia dello sviluppo della neuropsichiatria infantile si possono individuare 3 istanze storico-

dottrinali. La matrice più antica è quella pedagogica, derivata dalle idee sorte con l'Illuminismo e la

rivoluzione francese. Alla fine del secolo si fa pressante la seconda istanza per affrontare l'aggravarsi

dell'antisocialità minorile, negli Stati Uniti viene creata la prima giurisdizione penale minorile che prevedeva

la pratica della libertà assistita con possibilità di affidare il minore a personale educativo, a un'altra famiglia o

un'istituzione con obiettivi di recupero.

La terza istanza è quella derivata dalla ricerca scientifica che mette a disposizione strumenti per la diagnosi

e la terapia e pone l'esigenza di un'organizzazione sanitaria per il trattamento di tutte le forme di

disadattamento.

Nei primi decenni del nostro secolo, accanto ai centri di educazione specializzata, compaiono le prime cliniche

e strutture sanitarie specializzate per l'assistenza all'infanzia. In Italia il primo ambulatorio di

neuropsichiatria infantile viene aperto a Roma nel 1900. Nel secondo dopo guerra si arricchisce sia il

campo di ricerche sia la rete di assistenza. Agli istituti di cura e riabilitazione esistenti vengono annesse scuole

speciali che danno un contributo importante ai metodi rieducativi nelle varie condizioni di handicap infantile.

Negli anni 50 si diffondono le strutture residenziali per l'infanzia.

Lavorare sul territorio con il bambino con disturbo mentale significa innanzitutto non negare l'originalità della

sua storia e della sua esperienza, neanche di fronte ai problemi. La realizzazione dell'integrazione sociale del

bambino con handicap, disadattamento disturbo mentale è stata attuata attraverso provvedimenti legislativi

successivi. Le leggi di riforma sanitaria assegnano compiti di prevenzione, diagnosi e trattamento

dell'handicap del disturbo mentale in età evolutiva a dell'equipe specialistiche multiprofessionali dei servizi

materno-infantile territoriali. Nel 1992 è stata promulgata la legge-quadro sull'handicap che prevede, per

l’attuazione dei diritti della persona handicappata, compiti e doveri di tutte le situazioni sociali coinvolte,

comprendendo anche la famiglia.

Il lavoro con i genitori rappresenta un aspetto peculiare e imprescindibile in neuropsichiatria infantile. Le

ricerche degli ultimi decenni hanno sostituito all'immagine di un neonato tabula rasa dal punto di vista

neuropsicologico la realtà di un neonato competente all'interazione sociale. Il neonato è attualmente è

considerato un partner attivo nella relazione, che influenza con le sue attitudini la natura dell'legame che si

struttura. Queste considerazioni evidenziano l'importanza di un intervento precoce sulle situazioni a rischio. Il

lavoro di collaborazione sostegno del personale sanitario ed educativo è uno tra i compiti i preventivi degli

psichiatri e degli psicologi nei servizi per l'infanzia. La patologia neonatale severa o l'handicap richiedono

trattament

Dettagli
Publisher
A.A. 2016-2017
20 pagine
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-PSI/08 Psicologia clinica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Federica93_ di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Psicologia clinica nei servizi psichiatrici e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi "Carlo Bo" di Urbino o del prof Rossi Monti Mario.