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Studiare i meccanismi generali dei fenomeni morbosi in ambito psichico significa prendere in

considerazione i fenomeni morbosi generali, le alterazioni fondamentali del funzionamento

mentale e non i quadri clinici speciali che la clinica individua mediante i vari schemi

nosografico-classificatori. La psicopatologia generale viene prima della nosografia, vale a dire

prima della descrizione e della classificazione dei vari disturbi. Si occupa dei fenomeni

elementari e generali che possiamo ritrovare in molti disturbi. La psicopatologia generale non

si occupa tanto di schizofrenia ossia della diagnosi di uno specifico disturbo, quanto piuttosto di

delirio ossia di un fenomeno psicopatologico generale rintracciabile in svariate condizioni

psicopatologiche. Non si occupa di depressione come entità nosografica (episodio depressivo

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maggiore, nei termini del DSM), ma di esperienza depressiva (vissuto depressivo) in senso lato.

Oggetto di studio della psicopatologia generale non è il singolo paziente né i suoi sintomi

specifici bensì lo psicopatologo si muove su un piano generale, sovra-individuale. È interessato

alla ricerca dei principi generali dell’accadere psichico cosciente patologico.

Il programma di ricerca della psicopatologia generale riprende quello della patologia generale:

scienza del come e del perché dei fenomeni morbosi. Se la patologia generale studia il come e il

perché dell’infiammazione, la psicopatologia generale appunta la sua attenzione sul delirio o

sull’allucinazione, studiati di per sé stessi, indipendentemente dai vari quadri clinico-nosografici

nei quali si manifestano, con una particolare attenzione a come questi fenomeni affiorano alla

coscienza del soggetto. I temi classici ai quali la psicopatologia generale ha dato un grande

contributo conoscitivo sono rappresentati: delirio e allucinazione; studio della coscienza e della

coscienza dell’io in particolare; psicopatologia dell’affettività; esperienza depressiva; esperienza

del tempo, dello spazio, della corporeità.

b) Psicopatologia clinica: se la psicopatologia generale è lontana dalla nosografia, la psicopatologia

clinica è vicina alla nosografia descrittiva. Il suo progetto è essenzialmente rivolto

all’identificazione di sintomi significativi indispensabili alle distinzioni nosografiche ossia i

sintomi patognomonici. Mentre la psichiatria clinica privilegia i sintomi oggettivabili, cioè,

osservabili, la grande ambizione della psicopatologia clinica è quella di trovare il modo di basare

la diagnosi psichiatrica sul rilievo di particolari configurazioni dell’esperienza soggettiva del

paziente (i suoi vissuti). Così il delirio non è definito dai suoi contenuti ma dalle modalità con le

quali l’idea delirante si affaccia alla coscienza (percezione delirante, intuizione delirante). Essa

scende sul terreno della nosografia con l’ambizione di individuare quegli stessi quadri clinici che

la psichiatria ha descritto sulla base dei sintomi osservabili mediante l’individuazione di

particolari esperienze vissute significative. La psicopatologia clinica di ispirazione

fenomenologica pone, con Kurt Schneider, al centro dei suoi interessi le qualità formali

dell’esperienza vissuta. Anche la psicoanalisi si confronta con la clinica psichiatrica: la

psicopatologia fenomenologica consiste nell’analisi e studio sistematico delle esperienze interne

consapevoli, la psicoanalisi privilegia ruolo della componente inconscia dello psichismo umano.

Psicologia clinica e psicoanalisi

La psicoanalisi costituisce, anche storicamente, una delle fondamentali radici dalle quali è nata la

psicologia clinica. La nascita della psicologia clinica viene infatti tradizionalmente spiegata con la

convergenza di tre importanti tradizioni di ricerca:

• la radice psicometrica;

• la radice comportamentista;

• la radice psicoanalitica.

In breve tempo, tuttavia, la psicologia clinica ha iniziato un suo percorso autonomo all’interno del

quale ha prevalso per molto tempo l’impostazione psicoanalitica. La clinica si è prevalentemente

identificata con un’attenzione alla storia dell’individuo e le sue vicende psicologiche interiori

facendo propri gli insegnamenti della psicoanalisi a partire dall’attenzione privilegiata al mondo

interiore. La psicoanalisi a sua volta va considerata come una specifica psicologia clinica, anche se

ha esteso i suoi contributi conoscitivi al di là dei fenomeni clinici per es. all’arte e alla letteratura. In

base alla definizione freudiana, per psicoanalisi si deve intendere: 24

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1) un procedimento per l’indagine dei processi psichici inconsci ai quali sarebbe impossibile

accedere altrimenti;

2) un metodo terapeutico per il trattamento dei disturbi mentali;

3) una serie di conoscenze psicologiche che convergono in una disciplina scientifica;

4) un movimento scientifico al quale appartengono in senso stretto le persone che esercitano la

professione di psicoanalista.

Nonostante sia nata nell’ambito della clinica delle nevrosi, la psicoanalisi ha creduto di poter

sviluppare teorie generali sul funzionamento psicologico umano. Tuttavia, la psicologia clinica

psicoanalitica è andata incontro, dai tempi di Freud, ad ampie revisioni e riformulazioni, soprattutto

in seguito al tentativo di estendere l’impiego clinico della psicoanalisi in due direzioni:

→ a problemi clinici diversi dalle nevrosi;

→ in contesti terapeutici nei quali è stato necessario rivedere l’organizzazione classica del setting e

la stessa tecnica psicoanalitica.

La conoscenza dei contributi della psicoanalisi, fondati sull’attenzione profonda al singolo

individuo, al mondo interno, alla relazione, alla nozione di inconscio, conflitto, meccanismi di

difesa, fase evolutiva, transfert, controtransfert, narcisismo e così via, resta patrimonio irrinunciabile

di ogni psicologo clinico.

Psicologia clinica e psicoterapia

Il rapporto tra psicologia clinica e psicoterapia è caratterizzato da un equivoco: la diffusa

convinzione che la pratica psicoterapeutica rappresenti, se non l’unica, almeno la principale

possibilità applicativa della psicologia clinica. Le cose non stanno così. È vero che lo psicologo

clinico, dopo una formazione specialistica in una scuola di psicoterapia psicoanalitica, cognitivo-

comportamentale o sistemico-relazionale, può dedicarsi alla psicoterapia. Ma è pur vero che le

applicazioni della psicologia clinica sono assai più numerose rispetto alla sola eventualità della

psicoterapia. Nel vocabolario specialistico, per psicoterapia si intende un intervento terapeutico che

ha come oggetto il funzionamento psichico di una persona e che si avvale della psiche del terapeuta:

una terapia della psiche con la psiche. Questa terapia è una cura basata sulle parole e presuppone

una teoria della mente, del disturbo, una tecnica e una teoria della tecnica.

È questo il caso dei principali indirizzi psicoterapeutici che si fondano su:

a) una teoria del funzionamento mentale umano;

b) una teoria compiuta relativa a come il funzionamento mentale normale di un essere umano possa

perturbarsi fino a produrre i quadri clinici descritti dalla psichiatria clinica;

c) una tecnica di trattamento derivata da queste premesse teoriche;

d) una teoria che dia conto di come la tecnica agisce in senso terapeutico.

Western e Gabbard collocano alla base della teoria della mente psicoanalitica:

- Ogni accrescimento dell’integrazione attraverso l’ampiamento della consapevolezza va in

direzione della salute mentale;

- La maggior parte dell’attività mentale è inconscia, per cui le persone sono spesso inconsapevoli

dei propri sentimenti, pensieri, intenzioni;

- I processi mentali, comprese emozioni e motivazioni, operano in parallelo provocando conflitti e

generando soluzioni di compromesso; 25

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- Le esperienze infantili svolgono un ruolo primario nello sviluppo della personalità , in modo

particolare nel modellare gli stili di relazione;

- Le interazioni tra persone sono guidate dalle rappresentazioni soggettive di sé, degli altri e delle

relazioni personali che ciascuno si porta dietro;

- Lo sviluppo della personalità implica non solo un’autoregolazione degli affetti, ma anche

l9evoluzione da uno stato immaturo di dipendenza sociale a uno stato maturo di interdipendenza;

- I fenomeni di transfert e controtransfert sono la fonte primaria di comprensione nel lavoro

psicoterapeutico;

- I sintomi psicopatologici sono sopra determinati hanno molteplici funzioni.

Il termine psicoterapia necessita di una serie di precisazioni: la psicoterapia non è un fenomeno tutto

o nulla ma una funzione disposta lungo un continuum (considerando le psicoterapie formalizzate

sino alle psicoterapie in cui il gradiente psicoterapeutico dell’intervento è minimo). Nella parte

centrale di questo continuum si distribuisce una funzione, la valenza psicoterapeutica che è parte

integrante di ogni intervento psicologico. Per dare conto di questa distribuzione sfrangiata della

funzione psicoterapeutica Cawley (1967) aveva distinto tre livelli di psicoterapia:

1 Livello: un’attitudine mentale psicoterapica in professionisti che si occupano di individui che

presentano una qualche sofferenza. È il caso di tutte le cosiddette helping profession: medico,

psicologo, assistente sociale, ma anche avvocato; le persone che soffrono manifestano la loro

sofferenza in maniera diretta senza particolari distorsioni comunicative;

2 Livello: un’attitudine mentale psicoterapica che appartiene alla pratica quotidiana degli operatori

specializzati nell’aiuto a persone sofferenti di disturbi psichici. L’utente non è solo una persona

che chiede aiuto, ma anche una persona che esprime la sua sofferenza attraverso una modalità di

comunicazione distorta o disturbata;

3 Livello: l’attitudine mentale psicoterapica si declina allo stato puro nella forma di una

psicoterapia formalizzata che adotta un modello teorico e tecnico codificato.

Alla luce di queste considerazioni si può sostenere che:

- ogni psicologo clinico pratica la psicoterapia, nel senso che gestisce in ogni suo atto questa

valenza psicoterapeutica, muovendosi al livello 1 o 2;

- alcuni psicologi clinici praticano la psicoterapia, nel senso di psicoterapia formalizzata,

muovendosi al livello 3.

Psicologia clinica e psicoterapia non coincidono tra loro, al contrario l’area della psicologia clinica

risulta molto più vasta (contesti diversi) di quella della psicoterapia formalizzata. Quando si parla di

una generica valenza psicoterapeutica queste tendono invece a sovrapporsi, nel senso che ogni

psicologo clinico dovrà quantomeno essere consapevole delle impostazioni psicoterapeutiche di

og

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A.A. 2024-2025
33 pagine
SSD Scienze mediche MED/25 Psichiatria

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher dolce_birba di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Psichiatria e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Napoli Federico II o del prof Grimaldi Fulvia.