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DISTURBO DEPRESSIVO

Rappresenta ad oggi la malattia mentale più diffusa al mondo. C'è stata una graduale crescita del tasso di depressione nella popolazione generale. Il 4,4% della popolazione mondiale soffre di depressione (nel Global Burden of Disease Study del 2015 i casi erano circa 322 milioni); il tasso di prevalenza risulta, inoltre, in costante aumento (dal 2005 al 2015 il tasso di prevalenza è aumentato del 18,4%, sta diventando quasi endemico).

L'OMS considera la depressione la causa principale di disabilità mondiale.

La depressione è la principale causa di suicidio (circa 800000 suicidi all'anno). Il 78% dei casi si concentra nelle classi socioeconomiche più basse. Quando un soggetto commette suicidio nella maggior parte di casi si tratta di un soggetto che è depresso.

L'appartenenza al sesso maschile aumenta il rischio di suicidio.

I fattori di rischio ambientali principali sono la povertà,

disoccupazione, eventi di vita negativi come lutti o rotture affettive, patologie mediche importanti e abuso di sostanze come tutti i fattori di rischio hanno un effetto additivo, si influenzano a vicenda e, spesso, questi sono associati tra loro (povertà associata alla disoccupazione, a patologie gravi), si presentano in cluster: se è presente, ad esempio, sia la disoccupazione che il lutto è chiaro che aumenta la probabilità di sviluppare un disturbo depressivo. Vi sono però anche fattori di rischio di tipo genetico. Come tutti i disturbi, la ricerca genetica ha individuato che i geni hanno un loro peso all'interno di varie espressioni fenotipiche del soggetto e, quindi, anche all'interno di manifestazioni psicopatologiche. Nei disturbi mentali, la genetica ha un suo peso che varia da disturbo a disturbo: sia da disturbi nei quali il peso della genetica è maggiore rispetto ai fattori ambientali, mentre in altri, come i disturbi d'ansia.

accade il contrario. Il ruolo della genetica nei disturbi depressivi e bipolari risulta essere maggiore. Tale grafico dell'OMS classifica i disturbi depressivi per regione. Il tasso di prevalenza più basso è nelle regioni africane (9%), per poi salire nelle regioni europee (12%), la regione americana (15%), la regione mediterranea orientale (16%), la regione del pacifico occidentale (21%) e la regione del sud-est asiatico (27%). Quando aumentano le complessità della società, aumenta anche il rischio di depressione. È più basso in quelle regioni soprattutto per la minore complessità media della società. Con l'aumento della complessità della società (concetto sociologico, infatti la società dove viviamo è molto complessa e si basa su dinamiche sociali complesse; per arrivare a risorse per il sostentamento c'è bisogno di un percorso complesso) aumenta il rischio di depressione. Questo grafico

dimostra la prevalenza globale del disturbo depressivo in base al sesso e all'età: la prevalenza è sempre maggiore nelle donne, in qualsiasi fascia di età. Ad influenzare ciò vi sono sicuramente fattori ormonali ma probabilmente anche aspetti legati al ruolo della donna nella società, anche se non c'è solo una spiegazione.
Burden of Depressive Disorders by Country, Sex, Age and Year: Findings from the Global Burden of Disease Study 2010 (Ferrari, Charlson, E. Norman, B. Patten, Freedman, Murra, Vos, Whiteford).
Si tratta di uno studio che ha mostrato come la depressione fosse la seconda causa di disabilità nel mondo e ha ipotizzato che potesse diventare la prima. La depressione risulta ad oggi la seconda causa di disabilità nel mondo. Oggi circa 350.000.000 di persone soffrono di depressione nel mondo, mentre una persona su 20 riporta di aver avuto nella vita almeno un episodio depressivo. I disturbi depressivi sono unproblema per la società contemporanea; infatti, sono una delle aree di disturbi mentali maggiormente finanziate:  Se sei un ricercatore che si occupa di schizofrenia ricevi minori fondi statali rispetto a chi si occupa di depressione perché mentre i disturbi psicotici non sono, negli anni, incrementati (tasso di prevalenza piuttosto stabile), nel caso della depressione sono incrementati in modo esponenziale. La depressione soprattutto perché è la principale causa di disabilità nel mondo e rappresenta un fattore di rischio indipendente per lo sviluppo di altre patologie ischemiche e cardiovascolari, rappresenta un onere economico per la società ("la società si occupa del disturbo se esso attacca la salute pubblica e l'economia del paese"). 99 Perché impatta così tanto? La depressione aumenta il numero di giorni di malattia, il rischio di patologie ischemiche e cardiovascolari (quindi, una persona depressa fa

spendere più soldi alla sanità pubblica per curare queste patologie): la persona produce meno ed ecco perché, in questo senso, si parla di epidemia di depressione.

I disturbi depressivi si associano a un incremento del tasso di mortalità. La depressione, quindi, rappresenta un onere economico per la società, non solo in termini di spesa sanitaria, ma anche in termini indiretti di perdita della produttività.

Non è ancora chiaro perché si stia assistendo all'attuale epidemia di disturbi depressivi, ma è certo che occorre chiamare in causa diversi fattori (multifattorialità): fattori sociali, ambientali, psicologici, biologici, genetici, anche alimentari (c'è una area della ricerca che, da diversi anni, sta raggiungendo numeri molto buoni: secondo tale area ciò che mangiamo, ad esempio i probiotici, influisce molto sul nostro tono dell'umore e sul funzionamento del cervello).

Oggi, infatti, alcuni

psichiatri non danno solo psicofarmaci ma anche integratori.

La teoria attuale della depressione si colloca nella generale cornice diatesi-stress, ovvero si pensa che sia causata da una combinazione di vulnerabilità predisponente (diatesi) e alcune circostanze precipitanti (stress).

Occorre distinguere tra TRISTEZZA e DEPRESSIONE.

A differenza della tristezza, è uno stato dell'umore (e è una delle emozioni primarie, quelle che non hanno una matrice culturale ma vengono provate fin dalla nascita: rabbia, paura, tristezza; invece, le emozioni secondarie sono quelle sviluppate dopo e che derivano di più dall'interazione sociale: vergogna, colpa...).

Lo stato dell'umore è come un vestito che mi veste

sempre. Emozione che tende a scomparire dopo un certo periodo di tempo. È temporanea: le emozioni hanno un inizio, un picco e una fine; ogni emozione ha un suo andamento, può durare più o meno tempo ma comunque c'è una durata. Dopo un certo periodo di tempo cala come le altre emozioni. È sensibile agli eventi di vita. In genere la tristezza è sempre legata ad un evento oggettivo esterno (es. la ragazza mi ha dato buca) oppure a un evento soggettivo interno (ossia una mia interpretazione di qualcos'altro). È poco sensibile agli eventi di vita. I pensieri di una persona depressa sono generalizzati, non si sente all'altezza e non si aspetta nulla dalla vita ("sono io che non sono all'altezza, non mi aspetto niente dal futuro, non sono in grado di identificare facilmente determinato stimolo interno, che non è detto sia sempre oggi sono triste ma non so perché).identificare lo stimolo è spesso dovuto ad una non trovo senso in niente". nostra difficoltà (non sempre riusciamo questo ordine Altra frase tipica delle persone depresse è "che fatica". alla nostra esperienza, non riusciamo a dire "ieri ero triste perché il mio contratto di lavoro scade e ci vorrà tempo per trovarne un altro"). Non impedisce al soggetto che la esperisce di svolgere le Intacca la capacità di provare piacere nelle attività e si sue attività quotidiane e non intacca in maniera associa a contenuti di pensieri qualitativamente eccessiva il piacere nel farle (potrebbe essere ma non è differenti da quelli durante un episodio di tristezza. La cosi presente anzi spesso: "sono triste, ma vado a depressione intacca la possibilità di provare piacere per giocare a calcetto, così un po' mi passa. Il calcetto deve le cose che un tempo ci davan piacere (Chi provaunoessere piacevole”). stato d’umore di tipo depressivo comincia a dire che“non ha voglia di andare a calcetto”, come sequest’ultimo fosse un peso). 100Si tratta di un’emozione in sé costruttiva, come tutte leemozioni. Essa ci informa che valori, cose importanti pernoi stanno venendo meno.Ci permette di provare a riattivarci per ristabilire unequilibrio (“sono triste perché penso che tra un mese mi Intacca la propria autostima (il soggetto depresso siscade il contratto di lavoro, triste ma poi cerco di capire sente zero, si sente di non valere) e la visione del futuro.quale potrebbe essere la soluzione”).Quando siamo tristi ci dobbiamo domandare il perché,cosa ci rende tristi. Molte volte la consapevolezza ciaiuta e dobbiamo imparare ad essere tristi. Da bambiniimpariamo il rapporto tra noi stessi e gli altri, tra noistessi e le nostre emozioni.La tristezza va riconosciuta, accettata e bisogna saperci stare, la

La depressione va compresa maggiormente, gestita e curata. Bisogna lavorare sulla depressione.

All'interno della categoria della depressione abbiamo due principali quadri clinici:

  • Disturbo depressivo maggiore;
  • Disturbo depressivo persistente (distimia).

La differenza tra le due forme di depressione risiede nella gravità dei sintomi e nella loro durata.

Aldilà di queste due forme, abbiamo altri quadri depressivi che non ritroviamo nella categoria "disturbi depressivi" ma in quella legata a traumi ed eventi di vita (es. a volte il soggetto può chiedere aiuto perché non ha una diagnosi di depressione in base a queste due categorie, ma ha vissuti depressivi non gravissimi e che non durano da moltissimo tempo e che sono legati ad un recente evento di vita). Questa tipologia è il disturbo dell'adattamento, che si può manifestare o con l'ansia o con l'umore depresso (disturbo dell'adattamento con umore depresso).

Si hanno sintomi più leggeri e l'evento è recente, quindi, ha
Dettagli
A.A. 2022-2023
136 pagine
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-PSI/08 Psicologia clinica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher giulia.arcangeletti di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Psicologia clinica e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi "Carlo Bo" di Urbino o del prof Epifani Andrea.