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RELAZIONALE
processi intrapsichici ai fenomeni interpersonali e al contesto in cui essi si manifestano.
La crisi dei modelli meccanicistici di causa-effetto e causalità lineare è sottolineata dalla diffusione della
Teoria Generale dei Sistemi (von Bertanlanffy), per la quale il sistema è considerato come una totalità
e non come la somma delle sue PARTI. Per comprendere il sistema, pertanto, si devono considerare le
complesse interazioni tra le sue componenti in un processo di causalità circolare (non lineare).
Le assunzioni di Bateson allontaneranno questa nuova prospettiva anche dal pensiero psicoanalitico:
1. L’individuo è ritenuto un sistema aperto capace di autoregolazione e in interscambio continuo con
l’ambiente: perciò, l’unità di studio non è più il singolo individuo ma l’individuo nel suo ambiente
2. L’interscambio tra l’individuo e l’ambiente non è un interscambio di energia, ma di informazione: ciò
apre la strada alla considerazione della “retroazione” e della “circolarità” nella comunicazione umana
3. I processi mentali non sono interamente identificabili con l’individuo, ma comprendono anche vie
e messaggi che connettono individuo e ambiente, data la loro inseparabile correlazione
Alla base del pensiero v’è la considerazione per la quale il tutto è più della somma delle parti: le
proprietà dell’insieme dipendono dalla relazione delle sue parti, oltre che dalle loro caratteristiche.
Come detto, quindi, l’unità di osservazione si sposta alla relazione e al contesto nella quale la si osserva.
Di conseguenza, ogni persona fa parte di una serie di contesti di relazioni: del contesto familiare in cui
nasce, della comunità in cui vive e della cultura di appartenenza (teoria ecologica dello sviluppo).
Negli stessi anni, la di Wiener si propone di studiare l’autoregolazione che si verifica sia nei
CIBERNETICA
sistemi naturali (omeostasi corporea) che in quelli artificiali (termostato). Il suo concetto base è proprio
quello di feedback o retroazione, secondo il quale una parte dei dati in uscita da un sistema aperto
rientra nel sistema sotto forma di informazioni riguardo all’uscita dello stesso. Quindi, il rapporto tra
causa-effetto non è più lineare, ma i sistemi funzionano in un continuo processo di causalità circolare,
proprio perché l’effetto può tornare ad influenzare la causa attraverso retroazioni o feedback.
La retroazione può essere negativa o positiva: la prima se l’informazione è usata per diminuire la
deviazione in uscita relativamente a un valore di riferimento (il sistema conserva l’omeostasi), mentre la
seconda se l’informazione in entrata aumenta la deviazione all’uscita (il sistema modifica l’equilibrio).
Il P A si propose di applicare la prospettiva sistemico-cibernetica anche alle relazioni
GRUPPO DI ALO LTO
umane, ponendo l’attenzione sul sistema famiglia come “totalità in continuo interscambio con
l’ambiente” anziché come semplice agglomerato di individui isolati dal loro contesto. La famiglia è
vista come un sistema cibernetico che si autogoverna attraverso la retroazione (causalità circolare) e
si autoregola attraverso l’omeostasi. Le famiglie cliniche, in particolare, possono “delegare” ad uno dei
membri il ruolo di “componente omeostatica”, per riportare il sistema sull’assetto precedente se
l’equilibrio viene minacciato. In breve, ogni volta che un’informazione amplifica la deviazione (una lite),
tale comportamento della persona sintomatica subisce un incremento (sintomi psicosomatici).
In quest’ottica, il disagio psichico è visto come una distorsione del comportamento comunicativo.
Collaborando con Bateson, il gruppo introdusse la T D L , secondo la quale la
EORIA DEL OPPIO EGAME
comunicazione disfunzionale all’interno delle relazioni diadiche è alla base di alcuni disturbi
considerati intrapsichici, come la schizofrenia. Nella teoria, le famiglie schizofreniche analizzate dal
gruppo di Palo Alto, oltre a comunicare in modo contraddittorio, proibiscono la metacomunicazione ai
loro membri, bloccando qualsiasi comunicazione che possa risolvere queste stesse contraddizioni.
Il sintomo è quindi un segnale di disagio relazionale all’interno del sistema familiare: l’individuo
portatore del sintomo diventa colui che esprime anche per gli altri le difficoltà legate all’evoluzione!
1
Il G P (Boszormenyi-Nagy), più aderente alla tradizione psicoanalitica, si concentra
RUPPO DI HILADELPHIA
sugli aspetti soggettivi e storici della famiglia. La terapia non può basarsi solo sull’osservazione delle
regole comunicative rigide della famiglia o sulle sue caratteristiche strutturali nel “qui ed ora”, bensì
deve far riemergere le immagini del passato. Poiché non si può pensare che tutte le variabili necessarie
al funzionamento familiare si trovino all’interno della relazione genitoriale, per comprendere il disagio
individuale è doveroso reintrodurre la dimensione temporale e considerare almeno 3 generazioni.
La prospettiva trigenerazionale considera le relazioni integrando la dimensione orizzontale e verticale
(genogramma). Ogni famiglia tramanda la storia, le tradizioni, i ruoli, i valori e i modelli comportamentali
alla generazione seguente: in un certo senso, ogni generazione dipende dalle generazioni precedenti
e dal modo in cui queste hanno affrontato i propri compiti di sviluppo e gli eventi critici.
Stierlin distingue 3 modalità di trasmissione intergenerazionale:
L : i legami sono troppo stretti
EGARE
D : una modalità che lascia autonomia al figlio, di modo che possa allontanarsi dalla famiglia,
ELEGARE
ma ad essa debba sempre rendere conto. Questo “legame di lealtà” assume la forma di impegno tra
le generazioni: in breve, ogni relazione familiare è influenzata dalle lealtà e dal rispetto per la storia
multigenerazionale. L’adulto che rivolge al figlio cure e attenzioni diviene a sua volta creditore di una
serie di debiti che il figlio dovrà saldare, che sono alla base della connessione transgenerazionale
R : i legami sono troppo labili
IFIUTARE
Il contributo della T E S di Bronfenbrenner è determinante per sottolineare
EORIA COLOGICA DELLO VILUPPO
come, nell’analisi dei processi di sviluppo individuale, non si possono analizzare solo i contesti
relazionali che prevedono uno stretto contatto (famiglia), ma anche quelli più lontani. Direttamente o
indirettamente, come detto, ciascun membro del nucleo familiare è coinvolto in vari contesti, i quali
contribuiscono a mediare o moderare la causalità dei fattori che contribuiscono allo sviluppo. In breve,
l’ambiente rilevante per lo sviluppo non è solo quello che il soggetto sperimenta direttamente, ma anche i
sistemi ambientali di ordine più generale che interagiscono tra loro e sono più lontani dalla sua
esperienza immediata. In quest’ottica, l’ambiente ecologico può essere definito come il contesto di
sviluppo dell’individuo, e si rappresenta come un sistema di strutture concentriche l’una inclusa
nell’altra:
M : il contesto che prevede il contatto diretto e l’interazione faccia-a-faccia, comprende
ICROSISTEMA
l’insieme degli individui coi quali il singolo stabilisce relazioni intime (famiglia, scuola, gruppo dei pari)
M : comprende le interrelazioni tra due o più contesti ambientali ai quali l’individuo
ESOSISTEMA
partecipa attivamente (relazioni tra famiglia e gruppo dei coetanei). La sua analisi è importante per
capire come tali relazioni influiscano in termini di fattori di rischio o di protezione sullo sviluppo
E : è costituito da una o più situazioni ambientali di cui l’individuo non è partecipante
SOSISTEMA
attivo, ma che indirettamente influenzano ciò che accade nella situazione ambientale e, quindi, lo
sviluppo dell’individuo stesso (influenza del contesto lavorativo sul contesto delle relazioni familiari)
M : è un contesto sovrastrutturale che condiziona micro-, meso- ed esosistema. È
ACROSISTEMA
legato a culture, subculture e organizzazioni sociali più ampie, con i relativi sistemi di norme,
credenze, ideologie, rappresentazioni sociali e aspettative rilevanti ai fini dello sviluppo
In quest’ottica, la teoria ecologica è determinante per comprendere che sviluppo individuale, familiare e
ambientale sono processi che si intersecano e si influenzano reciprocamente (ecomappa).
1.1 - MURRAY BOWEN
Bowen concepisce la famiglia come un’unità emotiva con complesse interazioni tra i membri, legati
tra loro da vincoli emotivi. Queste relazioni e vincoli emotivi fanno si che un cambiamento all’interno di
un singolo membro familiare si ripercuota sull’intero nucleo, anche a livello trigenerazionale (omeostasi).
Le famiglie differiscono per il grado di interdipendenza emotiva, ovvero per il livello di:
D S : capacità dei membri della famiglia di esprimere la propria
IFFERENZIAZIONE INDIVIDUALE O DEL É
individualità, agire in modo autonomo, pur rimanendo emotivamente collegati ad altri. Dipende
2
in larga parte dalla misura in cui l’individuo ha risolto con successo l’attaccamento emotivo alla sua
famiglia d’origine. Gli individui scarsamente differenziati non hanno un chiaro senso di Sé, bensì
mostrano un forte bisogno di approvazione e di accettazione da parte degli altri, che tende a guidare
i loro comportamenti e le loro relazioni. Tali individui rischiano di sviluppare relazioni problematiche,
“fondendosi” nella relazione con il proprio partner o, al contrario, effettuando dei “tagli emotivi”.
Il taglio emotivo porta l’individuo a staccarsi in modo brusco, psicologicamente o fisicamente,
dalla famiglia di origine, nel tentativo di evitare la fusione e mantenere il controllo. In breve, la
persona si finge più autonoma di quanto non sia: così facendo, però, tale rottura traumatica determina
un forte bisogno di vicinanza emotiva (mascherata da atteggiamenti di autonomia e di sicurezza)
D : grado in cui la differenza e l’individualità è tollerata all’interno del
IFFERENZIAZIONE FAMILIARE
sistema. Nelle famiglie con alto livello di differenziazione, i membri tendono a rispettare le
proprie e le altrui individualità: gli individui sono visti come persone che hanno il diritto di pensare e
agire indipendentemente dagli altri membri. Nella famiglia indifferenziata o con alto grado di fusione,
i membri sono “emotivamente bloccati insieme”: l’individualità d