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COMPRENSIONE PRECOCE DE Sé COME AGENTE SOCIALE

I bambini sembrano evidenziare una sensibilità iniziale specie-specifica per le

manifestazioni comportamentali facciali e vocali, e una propensione innata a impegnarsi in

interazioni affettive con i caregivers. Ma come giungono i bambini a capire queste

interazioni sociali affettive e il proprio ruolo causale al loro interno in quanto agenti sociali?

C’è un ampio spettro di posizioni teoriche su questa intrigante domanda. Una questione

teorica importante riguarda il modo in cui la propensione innata dei bambini a coinvolgersi

in azioni imitative e affettive con i caregivers durante i prime 6-9 mesi possa essere messa

in relazione alla successiva comparsa delle posizione intersoggettiva mentalistica a partire

dal primo anno e quindi in che modo arrivano a percepirsi come agenti sociali.

Visione intersoggettivista forte. Ritiene che questi scambi affettivi e comunicativi

1. precoci siano esempi di capacità di lettura della mente già pienamente funzionante

presente dalla nascita.

Posizione intersoggettivista debole. Considera queste interazioni affettive

2. precoci come evidenza della presenza di un meccanismo umano innato

specializzato per l’ identificazione con la prospettiva soggettiva delle altre persone.

Questa visione ritiene, tuttavia, che la simulazione di stati mentali intenzionali

differenziati degli altri attraverso questo meccanismo divenga possibile solo a 9

mesi di età perché, finché non viene raggiunta questa età, alcuni stati mentali del sé

non si differenziano e non divengono accessibili all’introspezione per poter essere

attribuiti agli altri.

Posizione intersoggettivista in assenza di stato iniziale. Le prime interazioni

3. imitative di regolazione affettiva svolgono una serie di importanti funzioni

evoluzionistiche, ma queste funzioni non implicano da parte del bambino l’abilità di

attribuire e leggere gli stati mentali degli altri. L’interazione precoce di

rispecchiamento con il caregiver fornisce l’ambiente in cui, attraverso il processo di

detenzione di contingenza e bio-feedback sociale, possono aver luogo la

sensibilizzazione agli stati interni e la costruzione delle rappresentazioni

secondarie. La comparsa di una posizione intersoggettiva propriamente

mentalistica durante il secondo anno è vista come il risultato della maturazione

delle abilità rappresentazionali (teoria della mente) che rende possibili le

interpretazioni causali mentalistiche delle azioni in termini di stati mentali sia del sé

che degli altri.

COMPRENDERE IL Sé E L’ALTRO COME AGENTI TELEOLOGICI

Gergely e Csibra hanno proposto che intorno ai nove mesi i bambini giungono a

interpretare il comportamento spaziale diretto a uno scopo in termini di una prospettiva

teleologica. Le spiegazioni causali differiscono da quelle teleologiche per due aspetti:

Le interpretazioni teleologiche si concentrano sull’esito che segue l’azione, mentre

1. le causali si concentrano su una qualche condizione necessaria che è precedente

all’evento.

Le interpretazioni teleologiche utilizzano diversi criteri di accettazione. Le

2. spiegazioni causali identificano una condizione precedente che rende necessaria

l’azione, essendone la fonte generatrice. Al contrario il riferimento all’esito è

accettato come spiegazione teleologica del comportamento perché lo giustifica.

Il sistema interpretazione teleologico interpreta l’azione diretta a uno scopo stabilendo una

relazione tra tre elementi rappresentazionali: l’azione (A), lo scopo (S) e i limiti rilevanti

della realtà fisica (RF).

Si è giustamente parlato della “rivoluzione cognitiva dei 9 mesi”. Essa si manifesta oltre

che nell’acquisizione di essere agenti teleologici, anche nell’insistenza di seguire lo

sguardo dell’adulto; nel riferimento sociale; apprendimento imitativo; gesto

protodichiarativo.

La prospettiva teleologica può essere un’utile strategia interpretativa solo nel ristretto

dominio delle azioni intenzionali che sono guidate da stati mentali causali che rispecchiano

in modo veritiero degli aspetti della realtà. Questo avviene perché in tali casi

l’interpretazione teleologica dell’azione intenzionale può basarsi direttamente sulla realtà

senza prendere in considerazione la rappresentazione mentale che l’attore ha di quella

realtà. Altrimenti non funzionerebbe in casi di realtà di finzione o controfattuali come

nell’inganno o nei compiti di falsa credenza. Quindi il pensiero teleologico non comporta

necessariamente la conoscenza dell’intenzionalità o della mentalizzazione.

I bambini autistici hanno delle prestazioni molto basse ai test in cui si richiede di attribuire

stati mentali intenzionali, come le false credenze, ad altre persone. Se le interpretazioni

teleologiche implicassero la rappresentazione degli stati intenzionali, i bambini autistici

dovrebbero presentare un deficit nel ragionamento teleologico. Al contrario, secondo la

posizione della “teleologia indipendente” i bambini autistici possono conservare un’intatta

prospettiva teleologica basata sulla realtà per interpretare azioni dirette a uno scopo.

Questo funzionamento sembra essere stato dimostrato anche negli esperimenti con gli

scimpanzé. A quanto pare la prospettiva mentalistica sembra essere un adattamento

specifico dell’uomo, che si è evoluto per consentirci di comunicare con le altre menti.

COMPRENSIONE DEL Sé E DELL’ALTRO COME AGNTI INTENZIONALI

Il successivo salto qualitativo nello sviluppo umano è la comparsa dell’abilità di attribuire

all’altro e al sé “antecedenti intenzionali” per spiegare o prevedere future azioni dirette a

uno scopo. Anche sulla base di evidenze diverse dall’osservazione di un’azione diretta a

uno scopo. Tutto ciò implica la capacità di rappresentarsi stati mentali intenzionali

(mentalismo) e la capacità di pensare in termini di causazione mentale. Per esempio,

quando ai bambini di 18 mesi veniva chiesto di dare allo sperimentatore qualcosa da

mangiare, essi gli fornivano un alimento rispetto al quale lo sperimentatore aveva

espresso un giudizio positivo o negativo. Essi davano il cibo tenendo conto dello specifico

desiderio che attribuivano all’altro, anche quando quel desiderio era diverso dalla loro

preferenza. Al contrario, bambini di 14 mesi davano allo sperimentatore l’alimento da essi

preferito, basando la scelta sul loro stesso desiderio.

Dall’età di 2 anni in poi i bambini iniziano a mostrare una certa sensibilità alle connessioni

causali che esistono tra diversi tipi di stati mentali intenzionali. Per esempio essi possono

inferire che qualora un desiderio non venga soddisfatto, ne può derivare tristezza o

frustrazione, e che questo porterà ad un’azione alternativa diretta allo scopo. Questo

sistema rappresentazionale corrisponde a una “teoria ingenua della mente” che postula

che l’azione diretta a uno scopo sia causata da stati mentali intenzionali che

rappresentano lo stato delle cose nel mondo e che presentano delle connessioni causali.

Come risultato delle ripetute esperienze con tipi simili di azioni dirette a uno scopo di altri

significativi, i bambini inizieranno ad attribuire loro delle intenzioni e attitudini

generalizzate: queste divengono caratteristiche stabili delle loro rappresentazioni degli

altri. A questo punto entra in gioco un nuovo principio della teoria ingenua della mente che

è il “principio di coerenza della mente”, per cui le intenzioni causali di un agente razionale

non possono essere contraddittorie.

COMPRENSIONE DEL Sé COME AGENTE RAPPRESENTAZIONALE

A circa 3-4 anni questa comprensione dell’essere agenti in termini di causazione mentale

arriva a includere la rappresentazione di stati epistemici, come le credenze. In questo

caso, il bambino mostra una comprensione del sé come essere rappresentazionale, le cui

azioni vengono causate da stati mentali intenzionali che vengono concepiti per natura

come rappresentazionali. Il motivo per cui tale acquisizione è ritardata è dovuto alla

maturazione di abilità di autocontrollo nei compiti sulle funzioni esecutive e nei compiti di

ragionamento controfattuale. Tutti questi miglioramenti richiedono la comprensione del

fatto che gli stati mentali da essi implicati hanno la proprietà di “autoreferenzialità

causale”: per comprendere adeguatamente uno stato mentale intenzionale, ad esempio

l’intenzione di compiere un atto, dobbiamo essere consapevoli non solo che l’intenzione

rappresenta un certo stato di cose, ma che essa specifica che l’azione sia causata

dall’intenzione ad agire.

L’autoreferenzialità causale e la capacità di mettere in relazione i ricordi e le esperienze

delle attività intenzionali del sé all’interno di una coerente organizzazione spazio-

temporale porta allo stabilirsi de sé “temporalmente esteso” o sé autobiografico.

L’EMERGERE DEL Sé AUTOBIOGRAFICO

L’amnesia infantile è dovuta all’incapacità del piccolo di “codificare eventi personalmente

vissuti in quanto tali”, cioè nei termini della fonte causale di informazione di “essere visti”. A

circa 4-5 anni di età, con l’emergere dell’abilità di rappresentarsi la fonte dell’informazione

e il contenuto della conoscenza a livello dei compiti della teoria della mente, si instaura

anche l’organizzazione autobiografica dei ricordi personalmente vissuti. Inoltre, i bambini

di questa età possono trarre l’inferenza causale che se qualche minuto prima un adesivo

era attaccato alla loro testa, lo sarà ancora dopo, e quindi il loro stato attuale risulta

influenzato dall’evento passato. L’abilità di mettere in relazione rappresentazioni multiple è

alla base di un concetto storico-causale astratto di sé che integra i ricordi di stati in

precedenza non interrelati in una rappresentazione autobiografica del sé organizzata,

coerente e unificata.

CAPITOLO 5- RISPECCHIAMENTO MARCATO E USO DEL GIOCO DI FINZIONE AI

FINI DELLA REGOLAZIONE AFFETTIVA

Affinché il bambino possa sviluppare il senso della realtà interna, il prerequisito

fondamentale è costituito dal rispecchiamento, preferibilmente giocoso, da parte

dell’oggetto. Questo tipo di rispecchiamento consente al bambino di fare una vera

esperienza della realtà interna come rappresentazione che non coincide con la realtà, ma

che non è neanche del tutto fuori dalla realtà. È importante che il caregiver crei delle

“esternalizza

Dettagli
Publisher
A.A. 2015-2016
41 pagine
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-PSI/04 Psicologia dello sviluppo e psicologia dell'educazione

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher cuccichiara di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Modelli psicodinamici dello sviluppo e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Palermo o del prof Giannone Francesca.