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TERAPIA

L’approccio terapeutico del disturbo delirante si basa essenzialmente

sull’associazione di due interventi: quello farmacologico e quello

psicoterapeutico individuale. Spesso, soprattutto nelle fasi acute del disturbo,

si rende necessario il ricovero. La terapia farmacologica è rappresentata da

neurolettici, tra i quali per prima scelta l’aloperidolo.

DISTURBO SCHIZOFRENIFORME

Questo disturbo condivide con la schizofrenia tutte le caratteristiche

sintomatologiche, ma non la durata, la quale deve essere di almeno un

mese, ma inferiore a 6 mesi.

FATTORI EZIOLOGICI

Allo stato attuale della ricerca non sono disponibili dati definitivi riguardo ai

fattori eziologici del disturbo schizofreniforme. La maggior parte degli autori

concorda sull’indistinguibilità tra schizofrenia e disturbo schizofreniforme sia

in termini genetici sia sulla base della presenza di anomalie biologiche.

EPIDEMIOLOGIA

La prevalenza del disturbo si aggira intorno allo 0,1%.

DECORSO E PROGNOSI

Circa il 30% dei soggetti ai quali è stato diagnosticato provvisoriamente un

disturbo schizofreniforme va incontro a remissione entro 6 mesi. Nel

rimanente 70% dei casi invece si assiste a un’evoluzione del quadro clinico

in schizofrenia o in disturbo schizoaffettivo.

DIAGNOSI DIFFERENZIALE

Questo disturbo va posto in diagnosi differenziale con la schizofrenia, il

disturbo delirante e la psicosi breve.

TERAPIA

Il ricovero è spesso necessario. La terapia farmacologica è sostanzialmente

analoga aquella indicata per la schizofrenia. Dopo la remissione dei sintomi è

indicata una terapia di mantenimento con neurolettici a basso dosaggio per

3-6 mesi. La psicoterapia può essere indicata per aiutare il soggetto a

integrare le proprie esperienze psicotiche con il proprio precedente vissuto.

DISTURBO SCHIZOAFFETTIVO

Con l’espressione disturbo schizoaffettivo si indica una psicosi a decorso per

lo più cronico, più raramente caratterizzato da episodi intermittenti, che può

arrestarsi o regredire in qualsiasi stadio. Si tratta di un disturbo nel quale

coesistono sintomi tipici della schizofrenia e sintomi tipici di una sindrome

affettiva. Inoltre, per un certo periodo devono essere stati presenti sintomi

psicotici (deliri e allucinazioni). I sintomi affettivi non devono essere fugaci,

ma devono avere una durata rilevante nel contesto del disturbo.

FATTORI EZIOLOGICI

Anche per questo disturbo non è oggi noto un fattore eziologico in grado di

spiegare la malattia. Alcuni autori sostengono che si tratti di una forma atipica

di schizofrenia, altri lo considerano come una manifestazione atipica di una

sindrome affettiva e infine, taluni lo inseriscono in una posizione intermedia

all’interno di un continuum ai cui estremi si collocano la schizofrenia e i

disturbi affettivi. Gli studi concepiti per testare queste ipotesi hanno

esaminato la storia familiare, indicatori biologici, risposta al trattamento e la

prognosi e hanno per lo più concluso che il disturbo schizoaffettivo va

considerato come un gruppo distinto sia dalla schizofrenia sia dai disturbi

dell’umore.

EPIDEMIOLOGIA

Il disturbo schizoaffettivo è senza dubbio meno comune della schizofrenia,

presentando una prevalenza che si aggira tra lo 0,5 e lo 0,8% ( con maggiore

frequenza nel sesso femminile)

DECORSO E PROGNOSI

Il disturbo schizoaffettivo esordisce generalmente nella prima età adulta fra i

24 e i 27 anni. Il suo decorso è cronico, sebbene la sua prognosi risulti

intermedia rispetto a quelle della schizofrenia e dei disturbi dell’umore

DIAGNOSI DIFFERENZIALE

Il disturbo schizoaffettivo pone diagnosi differenziale con i disturbi mentali

organici, la schizofrenia, disturbi dell’umore con aspetti psicotici e disturbo

delirante.

TERAPIA

La terapia d’elezione di un episodio di tipo schizomania cale è la

somministrazione di litio, associato, soprattutto nella fase iniziale, a un

neurolettico sedativo. Negli episodi di tipo depressivo è invece indicata

l’associazione tra un antipsicotico e un antidepressivo.

Pochi sono invece i dati sperimentali riguardanti i trattamenti di tipo

psicoterapeutico di tale disturbo, sebbene la maggior parte degli autori sia

concorde ne considerare poco efficaci gli approcci di tipo cognitivo o

psicodinamico e più utili le terapie di supporto psicosociale.

PSICOSI BREVE

Vengono definite come psicosi breve nel DSM-IV-TR quei quadri clinici a

insorgenza acuta caratterizzati da sintomi produttivi quali deliri, allucinazioni,

disorganizzazione del pensiero e del comportamento e sintomi catatonici di

breve durata ( secondo il manuale, almeno un giorno ma meno di un mese).

In alcuni casi l’episodio psicotico è in rapporto temporale di contiguità con un

evento stressante intenso (psicosi relativa breve del DSM-III-R.)

EPIDEMIOLOGIA

A fronte della recente identificazione e descrizione di questo disturbo non

sono disponibili dati definitivi riguardo la sua prevalenza, che comunque

sembra essere piuttosto bassa e sovrapponibile a quella della psicosi reattiva

breve. Sembrerebbe più comune nei soggetti di condizioni socioeconomiche

modeste o in pazienti con un disturbo di personalità.

DECORSO E PROGNOSI

La psicosi breve esordisce acutamente, in genere durante la prima età

adulta, con un’età d’esordio media intorno ai 30 anni.

La durata è variabile: in alcuni casi la sintomatologia psicotica si risolve

completamente in un paio di giorni; in altri richiede un periodo più lungo, che

comunque non supera mai il mese. La maggior parte degli autori è concorde

nel considerare la presenza di eventi stressanti, di sintomi affettivi, di

confusione e di perplessità e l’assenza di familiarità per la schizofrenia come

indicatori di una prognosi favorevole.

DIAGNOSI DIFFERENZIALE

La psicosi breve pone diagnosi differenziale con i disturbi mentali organici, il

disturbo schizofreniforme e di disturbo fittizio con sintomi psichici.

TERAPIA

Le psicosi brevi possono risolversi spontaneamente in un periodo di tempo

relativamente breve; la somministrazione di farmaci psicoattivi, quali i

neurolettici, permette in particolare di controllare più rapidamente la

sintomatologia. La terapia prevede dosi iniziali elevate, successivamente

ridotte in relazione al miglioramento del quadro clinico e , infine, la

sospensione della farmacoterapia qualche settimana dopo la completa

remissione sintomatologica, senza necessità di una terapia di mantenimento.

I soggetti affetti da questo disturbo possono giovarsi di una psicoterapia

individuale o di gruppo, particolarmente efficace nei casi di psicosi reattiva.

CAPITOLO 16. DISTURBI D’ANSIA

INTRODUZIONE

L’ansia è il processo psichico attraverso il quale l’individuo reagisce a stimoli esterni

di pericolo attivando risposte che coinvolgono sia il soma sia la psiche. Il suo ruolo,

oltre a segnalare la presenza del pericolo, è anche quello di predisporre il soggetto

a due modalità comportamentali:

- Fuga (o evitamento delle situazioni)

- Attacco ( o aggressione)

.

Il confine tra ansia normale e ansia patologica è di difficile demarcazione. Prima di

addentrarci nel discorso “ansia” può essere utile effettuare una distinzione

terminologica:

- Per stato di allerta si intende uno stato psichico che normalmente

accompagna l’attesa di un evento

- Per paura si intende l’emozione provocata dalla consapevolezza di un

pericolo imminente alla quale si accompagna il desiderio di fuggire

- Per angoscia si intende uno stato psichico caratterizzato da una sensazione

di impotenza

- Per panico si intende la stazione d’arrivo della situazione d’angoscia e

quindi uno stato di totale paralisi delle funzioni psicofisiche

- Per ansia si intende uno stato emotivo, spesso doloroso, caratterizzato da:

presentimento di un pericolo imminente, inquietudine, attesa che insorge in

assenza di un pericolo reale.

EZIOPATOGENESI

La storia della nevrosi e del sintomo “ansia” è molto complessa. Per

comprendere l’ipotesi psicodinamica dell’eziologia dei disturbi d’ansia

bisogna comunque rifarsi a Freud e al contesto da lui definito come il

principio del piacere. Per Freud la nostra mente tende a operare in modo

tale da ottenere il “piacere” ed evitare il “dispiacere”. Il principio del piacere è

alla base del “processo primario” all’interno del quale dominano due

caratteristiche:

- Tendenza alla gratificazione immediata

- Facilità con cui la carica psichica può venire spostata dall’oggetto primario a

un altro oggetto o dalla vita di scarico iniziale a un’altra.

Nella prima teoria formulata da Freud, l’angoscia origina da un ingorgo della

libido o da una sua inadeguata scarica per la presenza di ostacoli sia esterni

che interni. L’apparato psichico inizialmente è stato descritto da Freud

secondo la cosiddetta teoria topografica nella quale si distinguevano 3

sistemi: inconscio, preconscio, conscio.

L’inconscio consta di processi e contenuti mentali che non possono

diventare coscienti mediante un semplice sforzo dell’attenzione. Il

preconscio consta di processi e contenuti mentali richiamabili alla

coscienza. Il conscio riguarda idee, pensieri e immagini di cui il soggetto è

consapevole. Nell’apparato psichico sono presenti 3 istanza: io, es, super io.

L’io ha una funzione di controllo e di adattamento alle pulsione dell’ES. E’ la

sede di percezione, memoria, affetti, pensiero.

L’es corrisponde all’inconscio, comprendendo i rappresentanti psichici delle

funzioni; è per definizione non conoscibile.

Il super io comprende precetti morali e aspirazioni ideali, che provengono

originariamente dalle persone alle quali il bambino è legato nei primi anni di

vita.

Freud rileva che l’angoscia è il problema centrale della nevrosi. Secondo Freud

nell’uomo l’angoscia ha un preciso significato ai fini della sopravvivenza

dell’individuo. Egli collega la comparsa dell’angoscia a “situazioni traumatiche” e

“situazioni di pericolo”. In questi casi la psiche verrebbe sopraffatta da un afflusso di

stimoli troppo grande per essere dominato o scaricato con il conseguente

automatico sviluppo di angoscia. Nel corso della crescita il bambino impara ad

anticipare l’avvento di una situazione traumatica e a reagire a essa con angoscia

prima che diventi traumatica. Questo tipo di angoscia è denominato angoscia

segnale e la sua produzione è una funzione dell’Io. Le situazioni di pericolo

individuate da Freud sono le s

Dettagli
Publisher
A.A. 2017-2018
91 pagine
SSD Scienze mediche MED/25 Psichiatria

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher FC_08 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Psichiatria e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università del Salento o del prof Greco Luigi.