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DEL CAREER COUNSELING
3.1 Approccio basato su adattamento persona-ambiente
Descritto da Parsons (1909) come incentrato sulla promozione della comprensione di se e del
mondo del lavoro. E sull’avvio di un processo di ragionamento che permetta di mettere insieme
queste due realtà.
L’applicazione più famosa di questa prospettiva è quelle di Holland (1997), ispirata a Lewin. Il
è principale obiettivo qui è aiutare la persona a trovare il miglior match possibile tra
caratteristiche personali e professionali. Il mezzo principalmente usato è l’interpretazione dei
risultati delle valutazioni oggettive, con strumenti come:
Strumenti valutazione di interessi, auto-efficacia, abilità, dei lavori e personalità
• (valutazione oggettiva a volte criticata per eccessiva dipendenza dai test).
Cosi si è cercato di andare oltre questa versione statica e riduzionista, per considerare il
è contesto del lavoro e la costruzione di significato. Si è puntato a combinare info oggettive della
valutazione psicometria, con info soggettive e qualitative per rendere il processo più fluido,
personale e contestuale.
Tuttavia rimane un divario tra il career assessment e career counselling.
è
3.2 Approcci integrativi centrati sull’assessment collaborativo
ITI (Integrative Test Interpretation) : di Crites (1981) è indirizzato verso lo sviluppo di una
v congruenza tra realtà esterna e quella interna del cliente, ricercando anche l’integrazione
assessment-counseling. Puntato sulla relazione e comunicazione.
Secondo Fin e Tonsanger (1997) partendo da un punto di vista idrografico (soggettivo), i test
è aiutano a cogliere il nodo interiore del cliente e facilitano l’empatia; i test da un punto di vista
nomotetico, possono aiutare il counselor a restare focalizzato sui problemi del cliente, perché
permettono un punto di vista esterno e diverso.
Assessment collaborativo: (Fisher, ’85;2000) è nato nel tentativo di umanizzare il processo di
v valutazione della personalità e aumentare l’utilità della valutazione sia per il cliente che per il
consulente. E promuovere lo sviluppo del cliente. I principi base sono:
Utilizzo di esempi concreti contestualizzati e non astratti;
• Descrivere i risultati dei test in un linguaggio comprensibile al cliente, con attenzione
• particolare agli eventi di vita.
Arricchisce il significato dei risultati dei test sia nel cliente che nel counselor.
è Il counselor può cosi fungere da modello per il cliente, mostrando come utilizzare i dati per
è favorire per favorire comprensione di se e costruzione dei significati.
Zytowski (1999): ha messo a punto delle linee guida per discutere con i propri clienti i risultati delle
v valutazioni centrate sugli interessi con 5 principi:
Preparare discussione risultati;
• Coinvolgere i clienti nel processo di comunicazione;
• Comunicazione semplice ed empatica;
• Chiedere ricapitolazione risultati con parole proprie;
• Stimolare lettura su futuro e crescita personale.
•
I principi dell’assessment collaborativo di Fisher, assieme all’ITI di Crites e i principi di Zytowski
è fanno riferimento al coinvolgere i clienti nel processo di comunicazione, alla comunicazione
empatica, al chiedere di usare parole proprie.
3.3 – La presentazione dei risultati in ottica collaborativa
Assessment Terapeutico: (Finn, ’96) altra modalità vantaggiosa per la collaborazione fra counselor
v e cliente. La presentazione dei risultati della valutazione si deve essere una progressiva
trasmissione di info, da quelle non minacciose a quelle minacciose. In 3 passaggi:
1) Info non discrepanti col concetto di se che i cliente possiede;
2) Info ancora in linea col concetto di se, e facilmente accettabili dal cliente, ma allo stesso tempo
nuove e quindi in grado di ampliare ciò che il cliente sa di se;
3) Info discrepanti e nuove che possono essere una minaccia per il cliente perché in contrasto col
concetto di se.
Considerare questi 3 livelli quando si presentano i risultati può essere utile per prepararsi e
è rendere accettabili info che potrebbero non essere facilmente accolte dal cliente.
Possibile perché il dialogo in ottica collaborativa si basa sulla gradualità;
è Ciò permette maggiore personalizzazione e prende in considerazione sia punti di forza che
è necessità e conflitti alla base delle richieste di supporto.
3.4 – Punti di forza e debolezza da considerare
Clapton Hoffman (2012): puntare l’attenzione sui punti di forza può essere intrinsecamente
v soddisfacente, ed è probabile che questi rafforzino il concetto di se. Far notare un punto di forza
rientrerebbe nel primo livello di info se ciò è già noto al cliente e nel secondo se non fosse noto. La
discussione dei punti di forza comunque dovrebbe precedere quella delle aree di info contrastanti.
La valutazione collaborativa prevede come primo passo la precisazione della richiesta del cliente. Per
definire tale richiesta si deve arrivare a scomporla in due/tre domande chiare e semplici.
Finn e Tonsager (’97) suggeriscono di adottare sia la prospettiva nomotetica che idrografica.
è I clienti dovrebbero essere aiutati a rispondere a domande come:
è “Questa professione è la soluzione migliore per me?”
• “Dovrei cambiare lavoro?”
• “Quale campo/i potrei trovare interessante o in quale/i potrei essere bravo?
•
Aiutare il cliente a migliorare la comprensione dei propri interessi può essere un modo per
è mettere in luce i punti di forza.
Interessi e autoefficacia nello stesso ambito sono simili = in quel settore si dovrebbero
è osservare dei punti di forza.
Livelli elevati in generale di credenze di efficacia o di interesse tendono ad associarsi a punti di
è forza.
Cominciare parlando di ciò che al cliente piace fare e presentare i risultati relativi agli interessi è un buon
punto di partenza; se interessi – efficacia per uno o più ambiti sono in sintonia, si possono ricavare spunti
per enfatizzare i punti di forza.
Solitamente questo modo di procedere porta al miglioramento della relazione.
è Una volta stabilito un buon rapporto si possono affrontare aspetti più impegnativi, che possono
è riguardare aree di difficoltà e conflitti che rappresentano una minaccia per il se e sono difficili
da accettare per il cliente, come aree in cui interessi-autoefficacia sono diversi o ad aspetti di
personalità.
Personalità: ci si concentra sul funzionamento generale, i tratti, le tendenze e preferenze. Alcune
v domande per focalizzare l’attenzione sulla personalità:
“Perché mi trovo in conflitto con i colleghi?”
• “Che tipo di lavoro si adatta alle mie preferenze?”
•
Il Modello a cinque fattori: (Digman, 1990) Estroversione, piacevolezza, apertura, coscienziosità
è e nevroticismo. Le metanalisi hanno dimostrato che le dimensioni del modello sono rilevanti
per il successo professionale ed accademico.
La coscienziosità sembra essere il più robusto predittore dei risultati positivi.
Altri fattori predittivi sono l’autoefficacia in generale, locus of control, fiducia in se stessi,
è stabilita emotiva, intelligenza emotiva.
4 – LE STORIE NEL COUNSELLING E NEL CAREER COUNSELLING
Alla luce della complessa realtà attuale, all’interno delle scienze sociali sempre maggiore enfasi è posta
sugli approcci qualitativi, in particolare sugli approcci narrativi. Che permettono di costruire conoscenza e
attribuire significato focalizzandosi su aspetti importanti per il narratore e sul contesto in cui si collocano.
Hsu (2008): le storie sono uno dei pochi fattori umani universali, presenti in tutte le culture e lungo tutta la
storia umana.
Le storie con più potere sono quelle raccontate attraverso le generazioni, e sono molto più di
è uno spaccato rappresentativo. Catturano l’attenzione degli ascoltatori, le cui emozioni sono
intrinsecamente legate a quelle dei personaggi.
Le storie hanno un innegabile potere educativo e stimolano l’apprendimento, fornendo
è strategie comportamentali e modalità di risoluzione dei problemi in diversi settori.
4.1 – Definire le storie
In psicologia con “racconto di storie” si fa riferimento alla storia che il cliente produce durante il processo di
counselling con l’aiuto del consulente. Essa include:
Esperienze passate;
• Significati correnti;
• Azioni future
• Il racconto che si dipana rivela la conoscenza di se e la sua auto realizzazione.
è
Il ricorso a storie permette a consulente e cliente di raggiungere tre obiettivi:
1) Comprendere più a fondo la persona, la sua cultura e come hanno affrontato i cambiamenti;
2) Attraverso rivisitazione di esperienze, valori, credenze --> permettono di organizzare le info
personali e sociali, sia passate che presenti e future in modo nuovo, attribuendovi nuovi significati;
3) Attraverso le emozioni, tutto ciò può avere finalità terapeutica e cambiare atteggiamenti, opinioni
e stimolare un cambiamento comportamentale.
Grandi storie: vi è interferenza minima da parte del consulente, e il cliente viene lasciato libero di
v parlare per ore, per produrre una vera autobiografia.
Piccole storie: racconto di piccoli eventi di vita quotidiana che nelle grandi storie restano sullo
v sfondo, ma possono divenire rilevanti in particolari situazioni e specifiche richieste.
Solos & Schuhmann (2014): parlano di una serie di dimensioni che formano un continuum che i
v consulenti dovrebbero tenere presente per consulenza e per interpretazione:
Analisi esperienza del singolo narratore vs esperienze di più narratori;
• Focus sul passato vs focus sul presente/futuro;
• Sequenza temporale lineare vs causale;
• Principi morali stabili vs fluidi (da parte del counselor);
• Elevata vs scarsa narrabilita’
• Conversazione decontestualizzato vs contestualizzata (setting)
•
McMahon & Watson (’12;’13), approcci narrativi permettono di:
v attribuire significato --> si da senso ad esperienze passate, presenti, future
• instaurare una relazione--> processo multidimensionale in cui si incrociano il sistema
• sociale di vita prossimale (relazione col consulente) e quello culturale
riflettere--> si fa il punto della situazione esaminando pensieri, sentimenti
• apprendere e agire--> processo di costruzione e trasformazione delle esperienze in
• conoscenze, capacità, abilita, valori, credenze ed emozioni.
Il racconto di storie si configura come un processo di apprendimento.