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Negli anni '60-'70 maturò un'altra ipotesi che considerò l'osservatore non più come
esterno alla situazione, ma in essa coinvolto. Si cominciò a parlare di osservazione
partecipante nella quale l'educatore assumeva un ruolo attivo.
La posizione dell'osservatore, la cui soggettività non annulla la scientificità, consente
di cogliere dati utili e permettere nuovi livelli di conoscenza.
L'osservazione è, quindi, uno strumento privilegiato di chi agisce in campo
educativo, senza fermarsi agli aspetti solo esteriori, ma cercando di scoprire i vissuti,
il mondo interiore, la visione del mondo di un particolare soggetto, le sue difficoltà,
le risorse, la sua originalità.
Per un'osservazione sistematica risultano utili varie tecniche come, ad esempio, le
check list, l'anedoctal record, ovvero la registrazione di brevi episodi, oppure il
diario di bordo.
La conoscenza dell'altro in situazione educativa richiede anche la capacità di
• ascoltare in profondità. L'atteggiamento di ascolto in una relazione empatica
consente di conoscere l'altro nella sue dimensioni personali, allo scopo di favorire il
suo prendere forma.
Ascoltare è uno dei compiti più difficili perchè richiede l'abbandono delle proprie
certezze.
L'osservazione ha a che fare con la valutazione del proprio agire pedagogico, cioè
• con l'auto-valutazione e con l'auto-osservazione, che favoriscono la presa di
coscienza collettiva dei problemi, la condivisione degli errori e dei rischi, ma
soprattutto la considerazione dei traguardi raggiunti.
6.6 – Saper organizzare, pg. 144
Questa competenza può essere considerata su due livelli diversi:
Saper organizzare nell'ambito della ricerca
• Saper organizzare come saper dare ordine, organicità ai diversi interventi all'interno
• dello spazio in cui avviene il processo educativo.
Saper organizzare significa anche non perdere di vista la globalità della persona mentre si
pone attenzione agli aspetti strumentali e operativi.
È utile che la capacità organizzativa interessi sia il livello intra-istituzionale (all'interno
dell'istituzione stessa, es. la scuola), sia il livello inter-istituzionale (cioè tra diverse
istituzioni educative, es. scuola e famiglia), sia quello inter-sistemico (tra sistemi non solo
educativi).
Oggi si parla sempre di più di capacità manageriali di tipo collaborativo, secondo le quali
le decisioni, all'interno dell'istituzione, devono coinvolgere tutto il personale e portare a
scelte condivise.
È anche opportuno non dimenticare la componente artistica. Non c'è contraddizione tra
razionalità e artisticità, ma semmai complementarietà. Saper organizzare, perciò significa
anche valorizzare il pensiero divergente e produttivo scegliendo di percorrere anche nuove
strade.
6.7 – Lavorare in gruppo, pg. 145
Saper lavorare in gruppo rappresenta un punto cardine della competenza pedagogica.
È necessario tenere presente che un insieme di persone forma un gruppo soltanto se si forma
una unità. Quando esso è veramente vivo, sviluppa spontaneamente norme, valori, credenze:
questi elementi sono quelli che caratterizzano un gruppo e fanno si che possa essere distinto
da un altro. In questo senso si può dire che ogni gruppo è unico.
Esistono vari livelli del lavoro di gruppo (ognuno mette in atto dinamiche diverse, ha
diverse finalità, dirette o indirette, e adotta modalità differenti).
Finalità dirette – sono quelle finalità legate al lavoro educativo (es. il team dei docenti si
riunisce per mettere a punto il progetto educativo)
Finalità indirette – sono quelle finalità che sono legate al lavoro educativo (es. il gruppo
formato da politici, insegnanti e dirigente scolastico si costituisce per stabilire la ripartizione
di alcuni fondi). Non riguardano gli obiettivi educativi ma hanno il fine di garantire le
condizioni necessarie per attuare i percorsi.
Lavorare in gruppo richiede alcune doti indispensabili:
Capacità di collaborare e cooperare
• Capacità di argomentare e di confrontarsi
• Rispetto delle regole
• Empatia
• Capacità di dialogare con linguaggi e professionalità differenti (è necessario che il
• linguaggio si adegui ai diversi soggetti con cui il professionista interagisce)
Capacità di creare il gruppo e socializzare
• Capacità di assumere ruoli differenti
• Capacità di adattamento
• Capacità di leadership (capacità di guida e conduzione di un gruppo, ma anche
• capacità di valorizzare le singole potenzialità e la diverse risorse umane)
Perchè il gruppo sia efficace occorre che diventi èquipe.
Équipe – gruppo organizzato che non è solo un insieme di specialisti tesi a difendere i
propri punti di vista. Lavorare in équipe significa lavorare in modo che ciascuno si senta
protagonista e abbia lo spazio necessario per agire in forma cooperativa.
Nel lavoro di équipe, come in qualsiasi altro gruppo, possono nascere delle conflittualità, le
cui cause sono molteplici.
Il conflitto in sé non è necessariamente negativo. Quando esso non è governato nel modo
adeguato può portare alla distruzione o al fallimento del gruppo anziché alla sua evoluzione.
Il conflitto può essere fonte di ricchezza e creatività e dare origine a pensieri inediti, ma può
anche essere causa di non pensiero.
Il leader educativo è colui che esercita l'autorità decisionale.
Non è sufficiente che vi sia un mandato istituzionale ma occorre che l'autorità gli venga
riconosciuta dal gruppo: ciò dipende non solo dalle sue qualità umane, ma anche dalle sue
capacità di leadership, ossia dal suo ruolo di guida.
La leadership educativa è improntata alla democraticità, alla valorizzazione delle risorse di
ciascuno, delle minoranze, alla cogestione, alla soddisfazione di tutti i membri del gruppo,
all'attenzione agli aspetti affettivi, alle relazioni tra i membri.
6.8 – Lavorare in rete e con professionisti diversi, pg. 150
Lavoro in rete – lavoro interprofessionale svolto in équipe in cui i diversi professionisti
integrano e coordinano i loro interventi.
La consapevolezza della complessità e dell'interdipendenza dei fattori e degli attori ha
innescato una modalità operativa nuova che tenta di utilizzare gli elementi che entrano in
gioco nel contesto per progettare percorsi educativi.
Storicamente, il concetto di rete, nell'ambito delle scienze umane, è piuttosto recente e nasce
negli anni '50. Gli operatori sociali non sono più soltanto gli assistenti sociali, ma gli
educatori, gli operatori di strada, gli animatori, i docenti, i formatori che operano in progetti
centrati su minori o adulti portatori di problematiche.
L'approccio a rete considera l'individuo all'interno di un ambiente non solamente
• naturale, ma un ambiente che è insieme naturale e sociale.
Al centro vi è la nozione di comunità che implica l'idea di un legame con il territorio.
•
La rete sociale è:
1. Un insieme particolare di legami che si stabiliscono tra un insieme ben definito di
persone.
2. L'insieme dei contatti personali attraverso cui l'individuo conserva la sua identità
sociale e riceve sostegno, aiuti, servizi.
3. Una rete è formata da una pluralità di punti (nodi) legati tra di loro di una pluralità di
ramificazioni. Nessun punto è privilegiato rispetto ad un altro.
La metafora della rete serve a sottolineare che il benessere individuale e collettivo è il
risultato dell'azione congiunta di soggetti e che le capacità di buon funzionamento di un
nodo dipendono dalla capacità di funzionamento degli altri nodi.
All'operatore di rete sono necessari tre atteggiamenti di base:
1. Apertura alla possibilità e valorizzazione di ciò che è la vita reale rispetto al progetto.
2. La disponibilità che implica la capacità di saper accogliere modalità, tempi diversi
dei soggetti delle reti.
3. Il decentramento, come capacità di distanziarsi dal problema per concentrarsi sulla
rete.
Operare in rete significa saper costruire una rete con i diversi professionisti interessati al
caso.
Le differenze tra lavorare in équipe e in rete stanno nell'instabilità dei legami di
quest'ultima, che vanno di volta in volta ricuciti sulla particolarità della situazione.
6.9 – Saper animare, pg. 156
Esistono sei modelli di animazione:
Animazione teatrale: la finalità principale è la liberazione dell'espressività, della
1. fantasia e della creatività attraverso l'attività ludica.
Animazione socio-culturale: la finalità principale consiste nel favorire la presa di
2. coscienza e lo sviluppo del potenziale represso, latente o rimosso.
Animazione culturale: contraddistinto da una matrice educativa.
3. Animazione per villaggi turistici: ha una scarsa valenza formativa ed è retta da
4. logiche consumistiche e non promozionali della persona.
Animazione come insieme di tecniche e metodi di lavoro.
5. Animazione di tipo ludico-ricreativo o espressivo: modello che intervenendo nel
6. tempo libero oppure nell'attività ludica con soggetti di ogni età, vuole favorire il
recupero della dimensione creativa.
Nel caso del lavoro educativo saper animare non significa essere animatori di professione
ma indica una modalità operativa che l'educatore adotta per coinvolgere il soggetto, per
sollecitarlo ad essere attivo, e ad esprimere se stesso. Si considera l'animazione come un
metodo di approccio al gruppo, in cui vengono valorizzati gli aspetti espressivi, ludici,
creativi, comunicativi, socializzanti.
Lo scopo dell'animazione è quello di far emergere ciò che appartiene all'interiorità, spesso
nascosta, della persona, di renderlo attivo, protagonista, di sollecitare il suo pensiero
divergente.
6.10 – Essere promotori della cultura dell'infanzia e dell'adolescenza, pg. 158
È presente nella cultura degli adulti un'immagine distorta e confusa dell'infanzia.
Nonostante la grande speranza con la quale si è aperto questo nostro secolo, definito secolo
del fanciullo, siamo spesso ancora distanti da un'immagine vera di infanzia ed adolescenza.
Essere promotori di una cultura dell'infanzia appartiene alla competenza pedagogica per
alcuni motivi:
Il profess